Berlusconi non si arrende e tiene Monti sulla corda

Berlusconi non si arrende e tiene Monti sulla corda

«Lo so, volevate che mi ritirassi a scrivere le mie memorie. Ma non lo farò». Ai giornalisti che lo aspettano fuori da Palazzo Madama Silvio Berlusconi annuncia la sua (ri)discesa in campo. Nel giorno in cui la politica italiana celebra il governo Monti, il Cavaliere rivela di non avere alcuna intenzione di farsi da parte. Tutt’altro. Dal Senato, dove incontra i parlamentari del suo gruppo, l’ex premier sembra aver ritrovato la grinta dei primi tempi: attacca Napolitano, minaccia il nuovo esecutivo, inaugura la campagna elettorale.

«Il Cavaliere ci ha entusiasmato, non posso negarlo. Il suo intervento è stato interrotto diverse volte da lunghi applausi». Un senatore particolarmente colpito dal nuovo spirito berlusconiano rivela alcune immagini del vertice di questa mattina. «Ci ha detto che finalmente si è liberato dagli impegni di governo. Adesso dedicherà tutti i suoi sforzi al partito. Ogni 15 giorni avremo un incontro in cui potremo presentargli progetti e proposte politiche». Più che un vertice privato, la riunione di Palazzo Madama assomiglia a una conferenza stampa. Fino all’ora di pranzo il Cavaliere parla al gruppo del Pdl mentre le agenzie riprendono le sue dichiarazioni. «L’incontro di oggi era preparato da tempo – rivela un senatore pidiellino un po’ meno entusiasta – Berlusconi sa che in questo tipo di riunioni ci sono così tanti partecipanti che le notizie si diffondono in tempo reale. La mia impressione? Parlava a noi ma si rivolgeva ad altri. Non a caso mi è sembrato molto sereno. E a differenza di altre volte, era molto attento a quello che diceva. Nessuna battuta fuori luogo, nessuna parola a caso».

Fino alle 13 Berlusconi riesce a rubare la scena al suo successore. Nelle ore che precedono la presentazione del programma del governo Monti, l’attenzione è tutta per lui. Dalla sala vicino alla biblioteca di Palazzo Madama, dove è a consulto con i fedelissimi, il Cavaliere avverte: «Oggi voteremo con convinzione la fiducia al governo Monti. Perché è da irresponsabili andare al voto adesso: le pressioni internazionali sono altissime». Eppure questo esecutivo resta «una sospensione negativa della democrazia». L’ex premier si prepara al dopo. Il Pdl resta decisivo in Parlamento. Soprattutto al Senato, dove detiene ancora la maggioranza assoluta dei voti. Il Cavaliere vuole tenersi le mani libere: «Valuteremo di volta in volta i provvedimenti che il governo presenterà in aula». 

Silvio Berlusconi è pronto a staccare la spina non appena il partito sarà pronto a sostenere una campagna elettorale vincente. Lo conferma il segretario Angelino Alfano, quando prede la parola durante la riunione. «Adesso non è il momento giusto. Presto si terranno i congressi locali del partito. In questa fase dobbiamo radicare il Pdl al territorio». Insomma, come rivela un ex ministro a Linkiesta: «Sosterremo il governo Monti per tutto il tempo che ci servirà a riorganizzare il partito». Dopotutto «i sondaggi dicono che siamo in ripresa», rivela il Cavaliere ai suoi senatori.

I berluscones si turano il naso e – almeno per i prossimi mesi – si schierano con il governo Monti. A partire dal voto di fiducia di questa sera. In molti però non nascondono il disappunto. «Quello del nuovo premier mi è sembrato un discorso piuttosto moscio – rivela un senatore pidiellino – mentre tutti applaudivano ho preferito tenere le mani in tasca». Durante l’intervento di Monti sui banchi dell’ex maggioranza si notano vistosi spazi vuoti. Tra gli assenti il vicepresidente del Senato Domenico Nania – uno dei più convinti assertori del voto anticipato – avvistato durante le comunicazioni del governo dalle parti della buvette. 

Parlando al Senato Berlusconi se la prende con il capo dello Stato Giorgio Napolitano che avrebbe impedito al suo governo di agire con la giusta incisività: «Potevamo solo suggerire disegni di legge. Quando i decreti arrivavano al Quirinale ci correggeva con la matita rossa, come una maestra con i bambini alle elementari». Poi rivela: «Pochi giorni fa avevo offerto a Monti di fare il premier e di tenersi il ministero dell’Economia, ma lui ha rifiutato». Detta l’agenda del nuovo governo: «Andiamo avanti con la riforma della giustizia e delle intercettazioni. Sicuramente diremo no a qualsiasi ipotesi di patrimoniale». Il Cavaliere insiste molto sulla compattezza del partito. Il suo nuovo impegno politico serve anche per allontanare i rischi di una frantumazione del Pdl. Apre ai malpancisti che chiedevano un allargamento della maggioranza, assicurando che lavorerà per trovare un nuovo accordo con Casini e il Terzo polo. Assicura i parlamentari del nord che il partito continuerà a dialogare con la Lega.

Uno dei presenti alla riunione racconta una realtà diversa. «Ormai il Pdl non è più così compatto neppure al Senato, dove pure le acque sono sempre state tranquille». A colpire l’attenzione di molti è stata la freddezza dei senatori di area Formigoni durante l’incontro. «In particolare c’era Cosimo Latronico (parlamentare lucano vicino al governatore della Lombardia, ndr) che ostentava grande distacco. Mentre Berlusconi parlava lui si leggeva il giornale». Quasi una sfida. Presente all’incontro anche il grande cospiratore, Beppe Pisanu. Il presidente della commissione Antimafia che nel recente passato molti hanno accusato di lavorare per le dimissioni del Cavaliere. Nonostante la partecipazione al vertice, anche lui non sembra particolarmente colpito dall’intervento di Berlusconi. «Ma cosa vuole – racconta nel primo pomeriggio mentre passeggia nella sala Garibaldi di Palazzo Madama – quello era un discorso privato. Un intervento che lascia il tempo che trova: certi toni servivano solo a galvanizzare il gruppo». E poi c’è il caso Grande Sud. Al Senato il partito dell’ex sottosegretario Gianfranco Miccichè fa parte del gruppo di area berlusconiana “Coesione nazionale” (insieme ad alcuni ex finiani). Invitati al vertice, i parlamentari di Miccichè disertano l’incontro. Sono in quattro: Adriana Poli Bortone, Mario Ferrara, Roberto Centaro e Salvo Fleres. «Mi sembra chiaro – racconta uno dei senatori berlusconiani – che stanno già trattando il loro passaggio al nemico».  

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