Berlusconi si rassegna a Monti e lascia il Pdl a litigare

Berlusconi si rassegna a Monti e lascia il Pdl a litigare

«Mettiamola così, l’incontro non si è chiuso nel migliore dei modi. Anzi, è andata proprio male». ll lungo vertice convocato a Palazzo Grazioli dal premier Silvio Berlusconi non raggiunge l’obiettivo. Il Cavaliere prova invano a ricucire lo strappo all’interno del Pdl tra quanti chiedono il voto anticipato e chi è pronto ad appoggiare un governo Monti. La riunione nella residenza romana del premier serve a trovare una linea politica univoca. Soprattutto a evitare il rischio di scissioni. Ma dopo quattro ore l’accordo non si trova.

Durante il vertice i toni si alzano. Da una parte il fronte delle elezioni subito. Ne fanno parte i ministri ex An Giorgia Meloni (ieri sera ha provato fino all’ultimo a portare dalla sua parte il segretario Angelino Alfano) Altero Matteoli e Ignazio La Russa. C’è il democristiano Gianfranco Rotondi, pronto a dimettersi da parlamentare con i suoi uomini. Ma anche gli ex socialisti Renato Brunetta e Maurizio Sacconi. Dall’altra i possibilisti del governo tecnico, guidati dal titolare degli Esteri Franco Frattini. 

Silvio Berlusconi si schiera. Il Cavaliere spiega ai presenti come – indipendentemente dalla sua volontà – l’unica strada rimasta sia quella del governo Monti. Per il bene del Paese, certo. Ma anche per un semplice calcolo opportunistico. Questi i fatti: data la gravità della crisi economica non c’è spazio per le trattative. Il Quirinale ha già deciso la nascita di un governo tecnico. Al presidente del Consiglio dimissionario non resta che schierarsi con il nuovo esecutivo. «Altrimenti – questo in sostanza il discorso di Berlusconi – passerei alla storia per quello che non ha voluto il governo chiamato per salvare l’Italia. Passerei per quello che non l’ha sostenuto. E sarei ricordato come il leader che si è opposto alle riforme necessarie». Un danno di immagine irreparabile per il Cavaliere. E per il partito. «Come potremmo sostenere Angelino Alfano in un caso di elezioni anticipate? – spiegano dal fronte dei sostenitori di Monti – Cosa racconteremmo agli italiani?».

A Palazzo Grazioli si discute. Dopo il Cavaliere prendono la parola il ministro Frattini, gli scontenti dell’area ex An, poi il titolare dello Sviluppo economico Maurizio Sacconi e il coordinatore Sandro Bondi. Il fronte di chi vuole andare al voto scalpita. «Erano parecchio agitati, hanno dato i numeri» racconta divertito qualcuno alla fine del vertice. Dalla loro c’è un argomento convincente: se il Pdl si schiera con il nuovo esecutivo l’alleanza con la Lega si interrompe. Bossi ha già detto che il Carroccio non voterà la fiducia a Monti. Il Pdl ne pagherà le conseguenze durante la prossima campagna elettorale. Perché tra un anno la Lega raccoglierà i frutti di una dura opposizione alle misure impopolari che il governo tecnico dovrà necessariamente varare. Pescando con ogni probabilità nel bacino elettorale dei berlusconiani.

Alla fine prevale la linea del Cavaliere. Al fronte pro-Monti si aggiungono nuovi esponenti. Gente di peso nel partito, come i capigruppo Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello. Si schiera anche il coordinatore Sandro Bondi. Raccontano che l’ex ministro dei Beni culturali abbia presentato all’assemblea una relazione molto dettagliata sulla necessità di sostenere l’esecutivo tecnico. Il premier cerca fino all’ultimo di trovare una convergenza tra le diverse linee di pensiero. Ma alla fine si arrende. Il vertice di Palazzo Grazioli si chiude con un nulla di fatto. 

Al termine un imbarazzato Alfano deve spiegare ai cronisti l’ambiguo compromesso che è stato siglato. Il partito «vuole tornare alle urne», ma non intende «sovrapporre» la propria voce a quella del Colle. Sì alle elezioni, ma anche al governo Monti. Di fatto il segretario ha il compito di prendere tempo. Sabato pomeriggio la Camera approverà in via definitiva la legge di Stabilità. In serata – l’appuntamento dovrebbe essere alle 20 – si riunirà l’Ufficio di presidenza del Pdl. L’obiettivo dell’organismo sarà quello di riaprire la discussione interna e votare a maggioranza una linea politica chiara. Da presentare al Quirinale la mattina successiva, durante le consultazioni. All’incontro parteciperà il gotha del Pdl. Ministri, governatori, capigruppo. La sensazione è che prevarrà la posizione di chi è disposto a votare la fiducia al governo. Meno scontata la reazione degli scontenti. A partire dai ministri ex An.  

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