Che ne sarà dei talk-show ai tempi della sobrietà di Monti?

Che ne sarà dei talk-show ai tempi della sobrietà di Monti?

La politica in televisione ai tempi della terza Repubblica. Professionisti, esperti e semplici spettatori si interrogano: archiviato il berlusconismo si rischia un’epoca di noia mortale? Messe in un angolo dalla speculazione finanziaria le urla, le parolacce e le risse nei salotti tv, ci sarà ancora qualcuno interessato alle trasmissioni di approfondimento giornalistico? È la nuova era Monti. Quella dei ministri che scappano davanti alle telecamere e si imbarazzano per un microfono. La chiamano sobrietà. Si affrettano a chiarire che finalmente si tornerà ai contenuti. Ma i primi ad essere preoccupati sono proprio i giornalisti. I padroni di casa dei dibattiti in seconda serata. Sedotti e abbandonati dalla politica-show degli ultimi diciassette anni, ora temono di essere travolti dalla rivoluzione soporifero-mediatica del governo tecnico.

«È vero. Viviamo un momento di transizione». Alessio Vinci, volto noto di Mediaset e conduttore di Matrix, ammette il disagio. «Credo che cambierà il tono dei talk show. Personalmente preferisco i dibattiti ragionati, non strillati». Insomma, meno risse e più contenuti. «Adesso ci toccherà studiare». Ma il vero rischio è un generale disinteresse dei telespettatori. «Finora la politica urlata ha sempre fatto più audience della politica spiegata» racconta il giornalista di Canale 5. E i primi segnali dell’era Monti non sembrano incoraggianti. «Ho notato che questo momento di “pace armata” tra i due schieramenti opposti, in attesa della presentazione delle nuove riforme, paga poco in termini di share».

Tra i conduttori tv qualcuno è più tranquillo. È il caso di Lucia Annunziata, giornalista Rai di In mezz’ora. «Noi abbiamo sempre lavorato sui contenuti – spiega al telefono – la trasmissione non è fatta di contrapposizioni e litigi». Certo, una platea politica composta da partiti tutti di maggioranza rischia di creare qualche problema, anche dal punto di vista organizzativo. Come si fa a far discutere due ospiti che la pensano alla stessa maniera? Corrado Formigli, giornalista di Piazzapulita, sembra aver trovato la soluzione: «Si passerà dalla contrapposizione alla circolarità delle opinioni».

C’è poi la scuola di pensiero di chi è convinto di aver già anticipato i tempi. Modernizzando la propria trasmissione ancora prima dell’avvento della nuova fase politica. Come Pierluigi Paragone, giornalista de L’Ultima Parola, su Raidue. «Il nuovo governo? Per me non c’è nessun problema. Già da quest’estate ho spostato il baricentro dalla politica al pubblico. E mi sono portato avanti con il lavoro». Gad Lerner è un altro precursore. «È da tempo che ho proposto di cambiare il modo di fare talk show». Impegnato con la preparazione della puntata de L’Infedele in onda stasera, Lerner rimanda a un post del suo blog, datato 31 agosto. Il titolo: «Per una moratoria sugli incompetenti in tv». Basta scorrere qualche riga per capire che effettivamente il giornalista de La7 era approdato al Montismo televisivo ben prima che il nuovo presidente del Consiglio entrasse a Palazzo Chigi. «Ho la netta sensazione che i telespettatori italiani – e ci metto pure quelli abituati a rilassarsi e a divertirsi con le schermaglie dei commedianti della politica buoni per ogni argomento – a questo punto gradirebbero una diversa selezione del cast. I tempi sono cambiati. Deve cambiare anche la telepolitica».

Il nuovo corso tv presenta un piccolo inconveniente. La Lega Nord, unica forza all’opposizione, rischia una sovraesposizione mediatica senza precedenti. «In Rai qualcuno si è già posto il problema» racconta divertita Lucia Annunziata. «Se destiniamo alla Lega tutto il tempo riservato alle opposizioni finisce che nel giro di qualche settimana non avremo più leghisti da intervistare. Andranno dappertutto». Per aggirare il problema qualcuno spera che il fronte dell’opposizione si allarghi a breve. «Ma veramente Monti riuscirà a mettere d’accordo centrodestra e centrosinistra?» si chiede Vinci. «Io non credo che la Lega sia l’unico partito di opposizione – spiega Corrado Formigli – e ce ne accorgeremo quando il governo varerà le sue prime misure. Abbiamo già visto che su alcuni temi specifici il Pd non ha un’unica voce, i berluscones sono divisi, l’Idv non si espone».

La nuova stagione della politica in tv è alle porte. I protagonisti dell’approfondimento giornalistico provano a nascondere dubbi e insicurezze. «Io non sono preoccupata – racconta Lucia Annunziata -. Questa storia si ripete ciclicamente. Ricordo che nel 2006 il governo Prodi II aveva addirittura proposto un portavoce unico dell’esecutivo (Silvio Sircana, ndr). Ebbene, quel progetto non durò più di una settimana. Perché i governi non possono fare a meno della comunicazione». Eppure resta difficile immaginare i discreti – spesso intimiditi – ministri di Monti in giro per ospitate tv. «Sono convinta – continua Lucia Annunziata – che questo esecutivo manterrà un profilo diverso. Ma dai sottosegretari in giù non cambierà nulla. Al Parlamento resta un ruolo centrale. Le forze politiche ci daranno ancora molto lavoro».

«Credo che cambierà l’impostazione di base dei talk show – spiega Formigli – Dopo quindici anni di conflitti tra anti e pro Berlusconi, si passerà alla contrapposizione delle idee. Ad esempio daremo spazio al confronto tra modelli economici diversi». Dibattiti che rischiano di essere un filo noiosi. «E chi lo dice? Non darei per scontato che i talk show saranno piatti». Alessio Vinci immagina una nuova etica professionale: «Se prima la contrapposizione tra berlusconismo e antiberlusconismo aveva fatto aumentare interesse nei talk show, adesso la sfida sarà quella di spiegare ai nostri telespettatori le riforme del governo. Perché le misure avranno un effetto diretto su tutti loro. Sono convinto che gli italiani si appassioneranno anche a questo giornalismo. Il nostro rimane un paese intelligente».

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