Contro la chiusura dell’ospedale, a Venezia si muove la Rete

Contro la chiusura dell’ospedale, a Venezia si muove la Rete

Ci riprovano. E se non ci si mette di mezzo l’acqua alta -fenomeno piuttosto frequente in questa stagione a Venezia- sarà di nuovo un successo, c’è da scommetterci. Questa volta l’obiettivo dei social network lagunari è la sanità: non vogliono che venga declassato l’Ospedale civile, l’unico sopravvissuto nel centro storico. Il ragionamento che fanno i vertici della Sanità è molto semplice: nel Comune di Venezia (280 mila abitanti) c’è un ospedale nuovo di pacca, a Mestre: grande, bello e funzionale. Che senso ha tenere aperta una struttura che costa un mucchio di soldi e non sarà mai all’altezza del suo fratello maggiore? Già.

Solo che Venezia non è il centro storico di Mestre, è un’altra città, l’ospedale veneziano e quello mestrino sono divisi dalla laguna. In pratica succede questo: se ora a qualcuno viene un coccolone a Venezia, si chiama l’idro-ambulanza (di recente ridotte pure quelle, tanto che nella notte tra mercoledì e giovedì una donna ha perso il bambino perché il motoscafo che doveva portarla in ospedale è arrivato in ritardo) che lo porta via acqua all’Ospedale civile. Un domani l’idroambulanza lo trasferirà a un terminal dove l’infartuato verrà caricato in un’autombulanza e portato nello splendido e modernissimo ospedale dell’Angelo a Mestre. Nel frattempo l’infartuato si sarà fatto una bella gita prima in barca a poi in macchina e con ogni probabilità sarà morto.

Di più: la struttura non serve solo gli scarsi veneziani rimasti (59mila) e gli abitanti delle isole lagunari, ma anche i turisti che non sono proprio pochi: una ventina di milioni all’anno. Pensate un po’ se a un ultrasessantenne americano viene un infarto mentre è a Venezia e muore mentre lo portano a spasso in barca e in auto: sarebbe proprio una campagna di promozione turistica con i controfiocchi.

Fin qui tutto normale, quello veneziano alla fin fine non è l’unico ospedale in via di ridimensionamento. La differenza sta in chi questa manifestazione ha promosso e convocato, ovvero i social network veneziani. Pensate un po’: una delle città più anziane d’Italia (il dato è riferito al centro storico) registra un clamoroso successo del più nuovo sistema di aggregazione. I 40xVenezia (1775 iscritti al ning) e Venessia.com (1401) sono ormai i più importanti soggetti politici della città, con Facebook e Twitter che servono da collettori e amplificatori delle loro iniziative.

«Certo, poi abbiamo incontrato gli anziani di persona e alla manifestazione partecipano altre associazioni cittadine più tradizionali», spiega Michela Scibilia, dei 40xVenezia (il nome deriva dai quarantenni che intendono impegnarsi per la loro città e svecchiare la politica). Finora tutte le iniziative prese dai due social network, separati o insieme, hanno registrato una grandissima partecipazione della cittadinanza. Infatti sono stati notati: «Siamo sempre più considerati, tutti i politici ci cercano e ci tirano per la giacchetta», sottolinea Matteo Secchi di Venessia.com. «Attraverso questi strumenti tutti i livelli sociali riescono a fare squadra», osserva Scibilia, e infatti sabato in campo di saranno le contesse un po’ in età che aderiscono a Italia Nostra fianco a fianco con i ragazzi dei centri sociali.

Venessia.com, che ha uno spirito un po’ più goliardico, ha promosso il funerale di Venezia, per sottolineare il continuo calo degli abitanti della città storica, e Veniceland, una manifestazione la cui madrina è stata Vittoria Risi, la pornostar veneziana fidanzata di Vittorio Sgarbi, per condannare la trasformazione della città storica in una Disneyland per turisti in cui gli abitanti sono solo un fastidio che impedisce di aprire nuovi alberghi, nuovi bed and breakfast, nuovi negozi di paccottiglia made in China spacciata per veneziana.

I 40xVenezia invece ricordano il grande striscione “Venezia non è un albergo” dispiegato in Piazza San Marco che ha valso la citazione di una pagina sulla guida a Venezia di “Time Out” e la battaglia contro le maxi pubblicità su Palazzo ducale che, dopo un incontro con l’azienda, ha visto la Scavolini cambiare il proprio cartellone scegliendone uno più soft.

Venessia.com di recente ha dato una mano di bianco sui graffiti che deturpavano il Fontego dei Tedeschi, l’edificio cinquecentesco ai piedi del ponte di Rialto (al tempo magazzino dei mercanti dell’Europa centrale, era affrescato da Giorgione e Tiziano) che nel 2008 il gruppo Benetton ha acquistato per 53 milioni di euro da Poste italiane. Ora è chiuso e abbandonato perché è in corso un braccio di ferro tra Benetton -che ha affidato il progetto di recupero all’archistar olandese Rem Koolhaas, progetto che prevede grandi scale colorate e una terrazza-bar al posto di parte del tetto- e il Comune che non vuole interventi troppo invasivi e chiede che una parte dell’edificio resti di uso pubblico.

Gli ampi e bianchi muri del Fontego si erano riempiti di graffiti e una notte gli aderenti a Venessia.com, armati di pennelli e pittura, hanno ripulito tutto. Nel mirino dei social network e delle altre organizzazioni veneziane sono finite le grandi navi da crociera che, più alte dei palazzi accanto a cui sfilano, passano sempre più numerose nel bacino di San Marco per andare a ormeggiarsi in Stazione marittima.

I social network vogliono rimanere ben distinti dalla politica tradizionale. «Una volta che i partiti vedono una manifestazione apartitica e popolare diventano più incisivi nella difesa dei cittadini. Noi solleviamo il problema, poi tocca ai partiti darsi da fare». La distanza tra la politica tradizionale e quella dei social network è sottolineata dal fatto che i tentativi (pochi) di combattere la battaglia delle urne, alle amministrative di un anno fa, sono tutti andati male.

Una lista civica che vedeva la presenza di candidati provenienti dai social network è andata malissimo e nessuno dei candidati nei partiti tradizionali è stato eletto. «I social network hanno tentato l’avventura politica senza esperienza. Noi di Venessia.com ci eravamo posti il problema, ma abbiamo deciso di restarne fuori e con orgoglio non abbiamo avuto nessun candidato». Per fare opinione, per risolvere i problemi non occorre sedere in Consiglio comunale, l’esperienza veneziana insegna che anche una città così strana e originale può avere la sua Piazza Tahir convocata attraverso computer e cellulari.

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