Sotto il cielo di novembre, c’è ancora indignazione. A Milano, 2.500 studenti, precari e membri di sindacati (Cub, Cobas) hanno manifestato per le strade della città. È la Giornata Mondiale dello Studente e, in più, giorno di sciopero per alcune sigle sindacali. Il corteo parte da piazzale Cairoli, di fronte al Castello, con un obiettivo. Meglio, una missione: raggiungere la Bocconi, di cui Mario Monti è stato presidente. Non è un caso, perché il nuovo presidente del Consiglio, agli studenti indignati, non piace per niente.
«È un uomo delle banche. Di Goldman Sachs, per l’esattezza», spiega Chiara, che anima, con il megafono, gli studenti che sfilano. «E le banche hanno provocato la crisi». Quella crisi che, come cantano, loro non vogliono pagare. Niente stabilità, «meglio evitare i tagli e dare i soldi alla scuola». Pubblica, chiariscono. Altrimenti, «que se vayan todos!», sintetizzano i manifesti, che ricalcano gli slogan degli indignados spagnoli. Molto è rimasto, del resto, di quell’indignazione. Ai tradizionali cori contro il fascismo e il Vaticano, cantati al passo di Bella Ciao, si sono aggiunte infinite maschere di Guy Fawkes e l’odio contro le banche e la finanza.
Il nuovo governo Monti non sembra promettere nulla di buono. «Il nuovo ministro per l’Istruzione, Francesco Profumo, quando era rettore del Politecnico di Torino si era detto contrario alla riforma della Gelmini. Noi ci auguriamo che continui così: che la tolga», continua Chiara. Ma hanno i loro dubbi, soprattutto sulla volontà del presidente del Consiglio. Proprio Monti aveva dichiarato che «Gelmini e Marchionne sono esempi da seguire». Lapidario il manifesto: «andiamo bene..».
Comunque, in questo calderone di slogan, di miti e contestazioni non mancano confusioni (come nel cartello sopra, in cui si confonde Francesco Profumo con Alessandro Profumo, ex amministratore delegato di Unicredit e socio de Linkiesta), e, ancor di più, non possono mancare, riferimenti a Silvio Berlusconi, che «deve restituire tutti i soldi che ha rubato», recitano. Quasi con nostalgia, come se si trattasse di una vita fa. Per molti di loro, vista l’età, è proprio così. In ogni caso, si deve fare qualcosa di forte: ecco perché occorre assediare la Bocconi.
Ma non ci riescono. Una parte del corteo, diretta verso l’università commerciale, viene fermata da un cordone di poliziotti all’altezza di Corso Italia, lungo Molino delle Armi. Ci sono cariche, fumogeni, e manganellate. Da un lato, le forze dell’ordine in tenuta anti-sommossa, dall’altro studenti coperti da scudi di polistirolo, con sopra scritti i titoli di capolavori della letteratura italiana. Anche questo un retaggio dal passato recente: le manifestazioni di Roma contro la riforma Gelmini, nel 2010.
Riescono invece contro le banche: prima Unicredit, la filiale di Corso Italia, bersagliata di uova, manifesti e fumogeni. E poi contro Intesa-Sanpaolo, che ha subito lo stesso trattamento. «Passera, il nuovo ministro dello Sviluppo Economico, è colpevole del nostro debito», dicono. «Prima gli stati salvano le banche, poi le banche fanno fallire gli stati. E infine gli stati vengono governati dalle banche». È la sintesi offerta per la storia degli ultimi tre anni. Ma non è finita: svoltando per via Olona, parte l’assalto all’Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, ribattezzata Associazione Bancarottieri Italiani. Una falange armata di uova e mascherata da V per Vendetta compie un blitz, espone uno striscione, lascia scritte sui muri e soldi di carta. Tutto rivolto agli impiegati che, guardando dalla finestra, li riprendono con l’iPhone. «Dopo Moody’s, è toccato a voi», concludono gli studenti.
Da lì alla Cattolica è un passo. «Non dimentichiamo che il rettore, Lorenzo Ornaghi ora è il nuovo ministro della Cultura. Un uomo che aveva detto: “Io sono contrario alla cultura moderna”», spiegano dai megafoni. E, mentre volano ancora uova e insulti, si sottolinea che «la Cattolica è responsabile della crisi, perché non paga le tasse». Riferimenti chiari all’Ici, da cui l’Istituto sarebbe esentato perché religioso.
In fondo al corteo sfilano, più adagio, gli sparuti gruppi dei sindacati. Differenti per età, per spirito e battaglie (niente scuola: lavoro e case, oltre che diritti). Non si mescolano con gli attacchi degli studenti ai simboli del potere finanziario. Compiono una protesta composta, con un misto di ironia involontaria e rassegnazione. Con gli altri, però, arrivano anche loro a Cadorna.
Qui si sciolgono e danno fine alla protesta. L’altro troncone del corteo, respinto dai poliziotti nel tentativo di raggiungere la Bocconi, arriva invece in piazza Fontana. Non è ancora mezzogiorno, ma la manifestazione è finita. Confermando che sì, c’è ancora un po’ di indignazione sotto il cielo di novembre.