BERLINO. – Non è la trama riuscita di un thriller. È la sceneggiatura, reale, dei due casi criminali più spettacolari degli ultimi decenni in Germania. Dallo scorso venerdì la Procura Federale indaga su una cellula terrorista neonazista. Avrebbe ucciso almeno dieci persone in diversi attentati tra il 2000 e oggi e finora tutti gli omicidi erano rimasti irrisolti. Il paese, intanto, si interroga sull’estremismo di destra e sulla negligenza dello stato. Tutti gli omicidi erano rimasti irrisolti. Eppure i servizi segreti conoscevano i colpevoli fin troppo bene.
Tra il 2000 e il 2006, nove cittadini tedeschi di origine turca e uno di origine greca sono stati uccisi in tutta la Germania: da Amburgo a Colonia, da Rostock a Kessel e Dortmund. Erano tutti proprietari di piccole attività, che spesso, in Germania, sono in mano agli stranieri. Negozi di frutta e verdura, calzolai, sarti, fiorai e döner kebab. La serie di omicidi, evidentemente diretti contro cittadini di origine turca, era stata denominata “Döner Mörder” (gli omicidi dei döner). A sparare sempre la stessa arma: una pistola calibro 7,65, polacca, marca Ceska. Tutti casi irrisolti.
A questo si aggiunga anche un altro omicidio eclatante, del 2007, che aspettava di essere risolto. In un normale controllo a un posto di blocco nella città di Heilbronn, una poliziotta di 22 anni, Michéle Kiesewetter rimane uccisa e il suo collega ferito. La polizia, per anni, indaga seguendo le tracce di Dna trovate nella scena del delitto. La pista, alla fine, conduce a una donna residente in Baviera. La signora, 71 anni, lavorava per una impresa di pulizie che serviva proprio la polizia. Tutto da rifare: anche questo è un caso irrisolto.
Sono tutti fatti scollegati e, apparentemente, indipendenti. Fino alla settimana scorsa: la polizia era impegnata nel seguire, da vicino, due ladri che avevano rapinato una banca. Nel momento in cui raggiunge il loro nascondiglio, una roulotte parcheggiata nella località di Eisenach, trova ormai solo i cadaveri di Uwe Böhnhardt e Uwe Mundlos: si sono suicidati non appena si sono accorti che, per loro non c’era più niente da fare. Prima, però, avevano dato fuoco alla roulotte per cancellare tutte le prove. La polizia rinviene sul luogo un’arma che collega immediatamente all’omicidio di Kiesewetter.
Un’altro incendio, a 180 km di distanza, attira l’attenzione degli inquirenti. A Zwickau, tra i resti di un’appartamento distrutto dal fuoco, gli agenti ritrovano alcuni oggetti dei due ladri suicidi, vari dvd e un’altra arma: la famosa Ceska calibro 7,65 che cercavano da anni. Le conclusioni sono chiare: era qui dove venivano preparati gli attentati. La procura informa, venerdì scorso, dei dettagli della vicenda e dell’indagine a livello federale. Unisce, con una linea rossa, i due casi: i due responsabili appartengono a un gruppo di neonazisti, e i video trovati in casa documentano tutti “gli omicidi dei Döner”. Non solo: lo stesso giorno una terza persona si consegna alla polizia. È Beate Zschäpe, 36 anni, complice del gruppo. Avrebbe dato fuoco lei all’appartamento e, come i suoi compagni, avrebbe dovuto suicidarsi, ma non lo ha fatto.
I video ritrovati nell’appartamento sono arrivati in mano ad alcuni giornali tedeschi. Der Spiegel e Süddeutsche Zeitung ne pubblicano alcuni fotogrammi questo lunedì. Si vedono le immagini degli uomini uccisi. Tutti vengono descritti come turchi, anche se uno di loro era greco. Probabilmente non lo sapevano nemmeno. «Qui non si tratta di forza dei muscoli, vediamo un po’ se ce la fa la dinamite» è la frase ironica con cui si apre uno dei filmati in cui la figura della Pantera Rosa introduce alle immagini che documentano gli attentati. Il gruppo si firma come “Nationalistischer Untergrund” (Nsu), sarebbe a dire “sottofondo nazionalista”.
Le indagini continuano: un altro sospetto è stato fermato domenica sera, mentre si indaga la possibile responsabilità degli Nsu in altri casi irrisolti in Germania. Il paese è sotto shock. Ci si interroga su come sia potuto accadere. I dettagli forniti dai giornali documentano una storia di negligenze. La polizia della Turingia aveva indagato contro i tre criminali già nel 1997: si attribuivano loro alcune lettere-bomba e un’esplosione, di fronte al teatro della città di Jena, di una valigetta con sopra dipinta una croce uncinata, che aveva provocato una ventina di feriti. Nonostante autorità e servizi segreti tenessero sotto osservazione i membri del gruppo, i tre riuscirono a far perdere le proprie tracce e, nel 2003, le accuse caddero in prescrizione.
La cancelliera Angela Merkel ha parlato, in un congresso della Cdu, il suo partito, a Lipsia, di «vergogna per la Germania». Ha promesso che «le autorità faranno tutto il possibile per chiarire il caso». Il ministro degli Interni Hans Peter Friedrich ha ammesso che gli ultimi eventi portano la minaccia del terrorismo di destra «su un altro livello», rispetto a quanto si sapeva fino ad ora. Lui stesso, pochi mesi fa, dopo gli attentati di Oslo e Utoya, aveva escluso che in Germania ci fossero indizi di terrorismo neonazi su grande scala. «I nuovi indizi di cui siamo in possesso ora documentano una nuova forma di terrorismo di estrema destra», ha ammesso Friedrich.
Domenica sera due organizzazioni di cittadini tedeschi di origine turca e turchi residenti in Germania, insieme al Consiglio Centrale degli Ebrei e a politici dei verdi, si sono dati appuntamento di fronte alla porta di Brandeburgo per manifestare il loro scontento. In vari cartelli ricordavano i nomi delle vittime, avvertivano del pericolo del razzismo e chiedevano chiarezza. Kenan Kolat, presidente della Comunità Turca in Germania ha detto: «Mi aspetto dal Governo una spiegazione esauriente e immediata. Com’è possibile che solo dopo undici anni si siano individuati i responsabili?».
Rimangono, però, molte domande ancora aperte e l’unica persona che potrebbe aiutare a rispondervi, per ora tace. Beate Zschäpe, di professione giardiniera e attualmente disoccupata, non ha risposto agli interrogatori. Forse perché sa troppo. Nel 2001, secondo quanto riporta la stampa tedesca, un’investigatore della polizia aveva espresso il dubbio che Zschäpe fosse una fonte del Verfassungschutz, il servizio di intelligence domestico a difesa della costituzione e che indaga esplicitamente sui gruppi neonazisti.
Ed è proprio al Verfassungschütz che porta una nuova pista emersa nelle ultime ore: secondo informazioni pubblicate dalla Frankfuhrter Allgemeine Zeitung, un agente di questo servizio era a conoscenza delle attività del gruppo. L’agente in questione sarebbe anche stato presente nel 2006 nel cyber-caffè dove fu assassinato Halit Yozgat, di 21 anni, l’ultimo della serie. «Era un agente molto vicino a sei degli attentati?», si chiede questa mattina il quotidiano sensazionalista Bild. È solo una delle tante questioni ancora aperte di una trama criminale ancora piena di buchi.