In due giorni e mezzo (e con due ore e mezzo di ritardo) il professor Mario Monti ha composto la sua squadra di governo. Il 58esimo della storia della Repubblica, senza contare l’assemblea costituente. Per affrontare una delle crisi più gravi che abbia colpito l’Italia (e non solo), il Paese si affida a una squadra di soli tecnici: professori, esperti, giuristi, persino banchieri. Ma nessun politico.
Nella lista presentata dall’ex commissario dell’Unione europea non compare nemmeno un rappresentante dei partiti. È la conclusione cui è giunto Monti dopo giorni di trattative e di cortesi rifiuti. E la morale che se ne trae, a volerla sintetizzare, è molto triste. La politica fa un passo indietro perché nel momento della malattia acuta vanno prese misure impopolari e nessuno vuole pagare dazio quando sarà il momento di ridare la parola agli elettori. Un concetto che tecnicamente risponde al nome di irresponsabilità.
Un comportamento che certifica la assoluta subalternità, inefficacia e irrilevanza della politica e dei partiti nel Paese. Certo, Pd, Pdl, terzo polo, garantiranno i voti in Parlamento al governo tecnico, ma nessuno intende metterci la faccia, nessuno vuole essere immortalato nella foto ricordo della squadra che regalerà lacrime e sangue agli italiani. Per poi tornare sulla scena, magari a fine legislatura, nel 2013, come se nulla fosse accaduto. Un po’ come quei soggetti che cominciano a condurre una vita più accorta solo quando il corpo lancia segnali preoccupanti. Salvo riprendere, al termine della cura, sempre che abbia prodotto gli effetti sperati, gli eccessi di prima.
È inutile girarci intorno. Il governo Monti, fortemente voluto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che lo ha catapultato nella politica italiana con una mossa tanto imprevedibili quanto efficace, è il suggello alla fine della seconda repubblica. Se il Quirinale ha nominato senatore a vita il professor Monti, aprendo così la strada a un nuovo governo, lo ha fatto perché ha capito che nessuna forza politica sarebbe stata in grado di affrontare e caricarsi sulle spalle il Paese in un momento così grave.
È bene che la politica rifletta su questo. Sulla propria incapacità di dare un indirizzo, una visione, a sé stessa e agli italiani. È bene che si torni al concetto originario di polis, l’arte di governare la società. La politica esce travolta e fortemente ridimensionata da diciassette anni di seconda repubblica. E si interroghi, la politica, sul perché oggi la gran parte degli italiani tiri un sospiro di sollievo nel respirare un ritrovato clima di sobrietà e austerità. Magari guardi e prenda appunti su come si governa un Paese.
Ora la palla passa al professor Mario Monti. E al suo governo. Composto da volti rassicuranti, da professori dal curriculum di assoluto prestigio, gente che ha studiato. Ovviamente li giudicheremo alla prova dei fatti. Il sospetto è che la nostalgia di Scilipoti non ci verrà.