L’aria di Milano è malata, davvero. Facciamo qualcosa

L’aria di Milano è malata, davvero. Facciamo qualcosa

A Milano sta succedendo qualcosa di molto grave. La città è inghiottita dallo smog e le autorità comunali non sanno che pesci pigliare. Non è cosa nuova, per carità, giunte che balbettano ne abbiamo viste a decine, ma su Pisapia un paio di euro li avremmo giocati volentieri. Invece, nel giro di due giorni, il sindaco si è rimangiato la decisione di chiudere il centro alle macchine. Peggio il rammendo del buco, si direbbe, giacchè sembrava già vagamente discriminatorio ripulire solo l’arietta di lor signori che stanno a Montenapo e dintorni. Comica, poi, una delle giustificazioni: l’ATM ha paventato addirittura il collasso, nell’ipotesi di dover sostenere cinquantamila cittadini in più rispetto a un totale giornaliero di quasi due milioni. Ma è una roba seria discutere così, è possibile che l’azienda dei trasporti di una delle grandi città europee, sede appunto dell’Expo (ma dove andiamo), faccia crac per cinquantamila persone in più?

Lasciamo stare per un momento le questioni di organizzazione sociale, che meriterebbero seri approfondimenti e concentriamoci sull’inquinamento. Qui è in gioco la nostra salute. Di fronte alla salute, dei nostri vecchi, dei nostri figli, dei figli che arriveranno, non ci sono discussioni. SI DEVE AGIRE. Con intelligenza e con l’idea – sovrana – di scontentare molti, moltissimi, praticamente tutti. Una domanda si impone sopra le altre: perché per salvare l’Italia saremo chiamati a sacrifici epocali, mentre per salvare Milano dovremmo – al contrario – mediare con ridicoli interessi di bottega e di quartiere? Vi è chiaro o non vi è chiaro che il tempo è nettamente scaduto, e siamo (saremo) comunque destinati a rincorrere i fenomeni e non a governarli? C’è questa consapevolezza o dobbiamo chiamare un altro professor Monti che venga nominato Duca di Milano con poteri eccezionali?

Al solo sorgere dell’espressione «Domeniche a piedi», viene voglia di mettere mano alla fondina. Non ci si può baloccare con la solita biciclettata felice e spensierata per i vialoni della città, quando dal giorno dopo ci sarà l’inferno. Anche perché sembra la summa d’ogni ipocrisia, città maledetta dove le biciclette sono nemiche, dove si muore a dodici anni stritolati sotto un tram. Basta con la dittatura dell’ipocrisia. Basta subire come cittadini.
Ieri, in una lettera a Repubblica, il signor (milanese) Mario Girotti ha scritto: «Le auto sono diventate un incubo. Siamo affogati da lamiere in ogni angolo della città. I medici che lottano contro la sedentarietà ci consigliano di fare “almeno” diecimila passi al giorno. L’uomo è un «walker», un camminatore. Camminando ha conquistato il mondo e camminando, più ancora che correndo, entra in sintonia con la propria natura. Diecimila passi al giorno sono equivalenti a una distanza di circa 2 km e mezzo, la distanza che mediamente serve ad attraversare da parte a parte il centro di qualsiasi città, anche grande. E allora, coraggio concittadini, gambe in spalla, ne giova la salute e l’ambiente».

Linkiesta non vuole aprire un dibattito. Ne abbiamo ascoltati a decine. Improduttivi. Chiederemo a persone che sanno, che possono parlare in maniera consapevole sui problemi della città, quattro o cinque azioni da fare. Precise, dettagliate, niente parole vuote. E consegneremo (idealmente) questo piccolo quaderno di buone cose da fare alle nostre autorità cittadine. Sperando di essere stati utili.
      

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