Londra punta su crescita e Cina, per evitare di finire come Roma

Londra punta su crescita e Cina, per evitare di finire come Roma

LONDRA – Ora che la Gran Bretagna è in ballo non può far altro che continuare a ballare. Anche se la musica – rispetto a quando la coalizione di governo Tory-LibDem è andata al potere – assomiglia sempre più al sirtaki che al rock’n’roll dei Beatles. Ecco perché il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne oggi ha trasformato il suo discorso d’autunno sullo stato economico della nazione in una specie di manovra correttiva – benché a costo zero per l’erario.

Che il piano “lacrime e sangue” varato a inizio legislatura sia davvero andato troppo in là coi tagli, come ribadito più volte dai laburisti, ora conta poco. Rilassare la tabella di marcia di riduzione del deficit rischierebbe infatti d’innervosire i mercati col risultato di mettere a rischio la preziosa tripla A accordata dalle agenzie di rating al Regno Unito. Il che equivarrebbe al colpo di grazia.

La ripresa, per Londra, resta infatti un miraggio. I numeri presentati oggi dall’Office for Budget Responsability (Obr), l’organismo indipendente creato dal governo per vigilare sui conti dello Stato, sono pessimi: il Pil britannico, nel 2011, aumenterà solo dello 0,9% mentre per il 2012 si prevede un ancor più modesto 0,7%.

Una bella differenza rispetto all’1,7% e al 2,5% suggeriti dall’Obr solo lo scorso marzo. Risultato. Il deficit “strutturale” del Regno Unito non verrà eliminato in questa legislatura ma si trascinerà sino alla prossima. Alla fine del lungo tunnel una piccola luce: un avanzo primario dello 0,5% nell’anno contabile 2016. Nel mentre, però, i livelli d’indebitamento del governo britannico saranno più alti di quanto promesso da George Osborne (circa 100 miliardi in più). Il debito toccherà adesso il picco del 78% del Pil nel 2014-15 e solo in seguito inizierà a scendere. Segno che, dice l’opposizione, la «strategia fiscale ed economica dell’esecutivo è in pezzi». E «Il piano A è fallito», ha tuonato ai Comuni il Cancelliere-ombra Ed Balls.

Dargli torto è difficile. Il piano presentato a suo tempo da Alistair Darling, responsabile del Tesoro ai tempi di Gordon Brown, era più dolce e, pur puntando a mettere ordine in casa, prometteva di avere un occhio di riguardo sugli investimenti. L’Obr, almeno su questo punto, ha dato però ragione al Cancelliere. La crescita ridotta non dipende dai tagli ma da “fattori esterni”. Ovvero la crisi dell’eurozona. E per dirla con le parole di Vince Cable, ministro alle Attività Produttive, «visto che il problema è l’indebitamento eccessivo, non ha senso prendere a prestito di più». Quindi avanti tutta.

«Ovvio che c’è un piano B», recita la battuta che gira in questi giorni al Tesoro. «È il piano A un po’ più lungo». Morale: una nuova bastonata. Stretta alle agevolazioni fiscali delle classi medio-basse, tetto fissato all’1% degli aumenti degli stipendi del settore pubblico per due anni; aumento dell’età pensionabile a 67 anni già a partire dal 2026 (doveva scattare nel 2036). In più la tassa sulle banche verrà portata allo 0,088% a partire dal 1 gennaio prossimo.

La novità, questa volta, è che Osborne ha deciso di somministrare ai britannici anche un po’ di carota. Sono le largamente anticipate misure per la crescita. Via allora a un grande piano d’investimenti in infrastrutture (pagato in parte con il denaro dei fondi pensione e dei fondi sovrani cinesi); via al meccanismo di “credit easing” per far arrivare alle Pmi 40 miliardi di sterline dalle banche private; luce verde per il fondo da 1 miliardo per la crescita regionale; 1 miliardo per finanziare gli stage di giovani disoccupati; facilitazioni fiscali alle start-up; 1,2 miliardi per ammodernamenti nelle strutture scolastiche.

Un piano ambizioso e innovativo. C’è chi dice troppo, visto che dei 30 miliardi promessi quelli veri, pronti subito, sono solo cinque. Ma è, per l’appunto, il mantra di Osborne: i conti prima di tutto. Lo spettro è precipitare in una situazione italiana – i riferimenti al nostro Paese sono fioccati come confetti oggi ai Comuni. «Se i nostri tassi sui titoli di Stato sono al 2% è solo perché abbiamo un piano credibile di riduzione del debito», ha ribadito più volte Osborne.

Certo, lo spazio di manovra del governo si è ormai ridotto all’osso. Se anche queste previsioni di crescita dovessero dimostrarsi errate, infatti, il piano A di Osborne finirebbe davvero alle ortiche. Lo stesso Cancelliere ha dovuto ammettere che se l’Europa dovesse scivolare in territorio negativo potrebbe essere “difficile” evitare al Paese il temuto double dip (doppio tuffo), vale a dire un ritorno in recessione. A questo punto, insomma, è davvero o la va o la spacca.
 

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