IL CAIRO – “Che ingiustizia! Il camerman inquadra solo una parte della pizza, quella più popolata. Il resto della piazza, vuota, non viene inquadrata!” esclama un giovane addetto stampa nell’ufficio del partito dei Fratelli musulmani, ‘Libertà e giustizia’. E visibilmente contrariato e indispettivo riguardo la manifestazione di oggi a piazza Tharir, cambia immediatamente canale.
Il partito Libertà e Giustizia – il più quotato per le ormai imminenti elezioni -, non ha infatti aderito alle manifestazioni che da giorni si tanno tenendo in ‘piazza della liberazione’. La potente e ricca confraternita, col suo partito ‘Freedom and Justice’, è data per favorita e dichiaratamente punta a conquistare metà dei seggi. Col voto delle classi medie e distribuito in modo capillare nel Paese.
Nella sede del partito, il leader, Mohammed Saad El Katatni non vuole rilasciare interviste. È nervose e scuote la testa “non abbiamo tempo domani ci sono le elezioni, prendete un appuntamento la prossima volta”. Ma poco dopo, si concede invece il dottor Mohamed El Blatgy, portavoce del partito in tutto il Cairo. Parla inglese ma preferisce rispondere alle domande in arabo. Riguardo alla loro non adesione alla manifestazione di Tharir esclama “non vogliamo essere parte e complici della crisi, dei disordini e dei tanto morti che ci sono stati questi ultimi giorni. Esistono due vie che vanno avanti parallelamente e non si contraddicono: le elezioni e la rivoluzione. Noi puntiamo alle elezioni per dare sicurezza e stabilità al Paese. I nostri giovani partecipano, sono liberi di farlo, ma non è la soluzione più saggia in questo momento di forte instabilità”
“Noi , di Libertà e giustizia, vogliamo essere parte della soluzione, non del disfacimento e della mancanza totale di sicurezza. Da giorni scorre un fiume di sangue in diverse parti della città, non saremo complici di questo massacro” E riguardo alla concreta possibilità di perdere molti voti in base a questa impopolare decisione, ribatte: “Penso che perderemo pochi voti perché chi ci vota ci conosce da tempo e non giudica, a freddo, la situazione attuale. Noi abbiamo un nostro elettorato fedele, che si riconosce nei nostri principi.”
Per molti le elezioni saranno irregolari e false perché non controllate da un’autorità esterna neutrale. A garantire la regolarità saranno le stesse persone che c’erano ai tempi del regime di Mubarack: poliziotti, funzionari, ufficiali. Con una evidente volontà di mantenere inalterato il proprio status quo, ad oggi rimasto intatto nonostante la “rivoluzione” di gennaio. “Gli egiziani – continua El Blatagy – sono un popolo intelligente, non voteranno i politici dell’ex partito nazionale di Mubarak, non gli permetteranno di rimanere al potere”.
Eppure partecipano alle elezioni, magari saranno eletti. E qualcuno pensa che i Fratelli, in fondo, abbiano giù un dialogo, con gli ex uomini di Mubarak… “I nostri nemici pensano che abbiamo preso accordi sottobanco con loro, non è vero. Lo dice chi ci odia, solo per fare propaganda politica” Quanto alla proposta avanzata, dalla ‘piazza’, di El Baradei come primo ministro al posto dell’attuale 72enne Kamal al-Ganzuri replica: “non è vero che lo vogliono tutti i manifestanti. Questo è un disegno politico di un gruppo ristretto.” Poi si blocca, parla in arabo, non vuole più rispondere alle domande. Tempo scaduto, dice.
I manifestanti di Piazza Tahrir gridano a gran voce di volere uno “stato civile”. Un’espressione, uno slogan su cui, al quartier generale dei Fratelli si danno interpretazioni ambigue. Certo non è uno slogan loro. I Fratelli continuano a rigettare completamente l’idea di una società laica. E hanno esercitato forti pressioni per modificare il testo del “Documento per i principi costituzionali” elaborato dall’attuale governo e sono riusciti a rimpiazzare il termine ‘società civile’, che per loro è analogo all’idea di laicità, con quello di ‘società democratica’. In effetti però l’espressione ‘società civile’ era usata, principalmente dai cittadini in rivolta, per contrastare il concetto di ‘regime militare’.
Domani si vota, e Piazza Tahrir è ancora un simbolo informe, una promessa di cambiamento che incontra resistenze e forze superiori. A Casa dei Fratelli Musulmani, di certo, sanno che Tahrir è loro nemica, ma non ne sembrano spaventati.
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