O Monti trova i soldi o i pendolari resteranno a piedi

O Monti trova i soldi o i pendolari resteranno a piedi

Tra pochi mesi i pendolari italiani rischiano di rimanere a piedi. Lo minacciano le Regioni, lo ribadisce, col piglio corrucciato, Mauro Moretti amministratore delegato di Fs. Le fazioni si guardano in cagnesco e lanciano la palla al nuovo governo. Che, oltre alla crisi economica, anzi, proprio in conseguenza di questa, si trova sul tavolo questa patata bollente. 

Servono un miliardo e mezzo di euro. A tanto ammontano i mancati fondi stanziati da Roma verso le casse locali. E con il 75% delle risorse in meno non c’è da stare allegri. L’ultimo a lanciare l’allarme è stato proprio Moretti. In un conferenza stampa mister Ferrovie ha fatto sapere che se al 31 dicembre la situazione non dovesse essere cambiata taglierà i servizi.

Apriti cielo. Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, ha fatto due calcoli: «Nemmeno se triplicassimo biglietti e abbonamenti riusciremmo a starci dentro». I governatori in realtà non si sono svegliati ora ma già da mesi stanno sottolineando la gravità della crisi del trasporto locale. Addirittura a settembre rimisero il mandato nelle mani dell’allora ministro Fitto. Fu aperto un tavolo di trattativa e fu promesso che nella legge di stabilità tutto sarebbe rientrato. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la crisi finanziaria e tra le decine di articoli e comma non c’è stato posto per inserire i fondi destinati al trasporto locale. E così, regioni a bocca asciutta e Moretti in pieno attacco rivendicativo.

Tra Fs e Regioni c’è un contratto di servizio che funziona un po’ come un catalogo Stanhome: scegli il prodotto, aggiungi al carrello, e alla fine tiri le somme e paghi. Se le casse regionali sono vuote, chi paga?

La Liguria ha già tracciato la strada: dal primo gennaio il prezzo dei biglietti aumenterà del 10% e quello degli abbonamenti del 5%. E siamo solo agli inizi: ad aprile, dicono da Genova, se i fondi non dovessero arrivare ci sarà o un taglio dei servizi pari al 40% o un nuovo rincaro delle tariffe. Oggi in Liguria viaggiano ogni giorno 260 convogli regionali che trasportano circa 400 mila persone. «Con aumenti delle tariffe di tale portata – sorridono sarcasticamente dalla Conferenza delle Regioni – per migliaia di pendolari sarebbe più conveniente rimanere a casa.
Situazione simile si prospetta in tutte le Regioni. In questa classifica non esiste nord e sud ma il disastro finanziario accomuna Lombardia a Calabria, Puglia a Marche a Toscana a Lazio.

Formigoni ha convocato pendolari, sindacati e tecnici per una conferenza di servizio che avrà il compito di trovare il modo di allungare la coperta corta. Fs spiega che le tariffe di abbonamenti e treni regionali in Italia sono tra le più basse d’Europa. I pendolari ribattono raccontando migliaia di storie di disagi, ritardi, treni sporchi, soppressi, e anche questo è un record europeo.

La Puglia fa sapere che sta soccombendo e che da gennaio i pendolari faranno bene a prendere l’auto. I sindacati evidenziano il problema sociale, e sottolineano l’incapacità dei nodi urbani a ospitare un aumento del 30% del traffico automobilistico. La Calabria si vede tagliare treni con il nuovo orario invernale e alza la voce. La Polverini, a Roma, annuncia il default del sistema dei trasporti e sullo sfondo c’è la privatizzazione del servizio con società che non temono di entrare in gara. Ntv di Montezemolo in testa. Il concorrente-nemico di Trenitalia è pronto a subentrare in caso di fallimenti regionali e promette prezzi concorrenziali e servizi migliori.

In Campania la Circumvesuviana procede già a singhiozzo per lo sciopero degli operai ai quali per un paio di mesi non sono stati accreditati gli stipendi.

«Con il nuovo governo, la delega dei rapporti con le regioni è del presidente del consiglio Monti. Ci sembra una buona notizia che vogliamo valorizzare il più possibile», ha affermato il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani. E le speranze si dirigono tutte a Palazzo Chigi.