L’ultima trattativa prima della nascita del nuovo governo Monti si svolge nello studio del capo dello Stato Giorgio Napolitano, al Quirinale. Sono le undici di mattina quando il presidente del Consiglio incaricato sale al Colle per sciogliere la riserva e annunciare la lista dei ministri. Il faccia a faccia con Napolitano dovrebbe durare pochi minuti. Invece va avanti per tutta la mattinata. Di rimando in rimando, alla fine l’incontro nello studio del presidente della Repubblica dura quasi due ore e mezza. In sala stampa, dove i giornalisti aspettano di conoscere la squadra di governo, qualcuno inizia a preoccuparsi. Con Monti e Napolitano c’è il segretario generale della Presidenza Donato Marra. Un vertice blindato. All’esterno non filtra alcuna indiscrezione.
«Alla fine non sono riusciti a sciogliere il nodo politico». È la voce più insistente che circola al Quirinale. Il premier incaricato aveva effettivamente chiesto ai leader politici di contribuire al suo esecutivo con la presenza di alcuni ministri direttamente riconducibili ai principali partiti. Ma il gioco di veti incrociati tra Pd e Pdl non ha permesso l’accordo. Fino a questa notte si è provato di tutto per far entrare al governo il sottosegretario Gianni Letta e l’ex ministro Giuliano Amato. Senza risultato. «Adesso si sono accorti che il governo, senza riferimenti politici, non ha quello spessore che Monti chiedeva». Le indiscrezioni si diffondono incontrollate. In sala stampa c’è chi assicura che Napolitano e Monti sono in contatto telefonico con l’ex premier Silvio Berlusconi per trovare un accordo in extremis.
E l’accordo alla fine si trova. La nomina di Gianni Letta salta. Ma al suo posto viene inserito nella lista di Monti Antonio Catricalà. Il presidente dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato. «Insomma – sorride un cronista politico – Berlusconi non ha potuto mettere nel governo il suo braccio destro. E così ci ha messo il suo vice». Molti, infatti, considerano Catricalà un uomo vicino a Gianni Letta. Un legame suggellato durante il governo Berlusconi II quando il presidente dell’Antitrust occupò il ruolo di segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Tutti d’accordo, tranne Monti. Nella lunga mattinata al Colle sembra che l’ex commissario Ue non gradisca la scelta di Catricalà. Non tanto per la figura professionale, che rispetta. Ma perché per il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha già puntato su Enzo Moavero Milanesi. Giudice presso la Corte europea di giustizia di Lussemburgo, suo uomo di fiducia durante gli anni di servizio in Europa. E già al suo fianco durante le veloci, ma intense, giornate di consultazioni politiche. Alla fine Monti è costretto ad accontentarsi. Spazio a Catricalà e Moavero finisce al dicastero per gli Affari Europei. Silvio Berlusconi è accontentato.
Il governo resta però senza esponenti politici. Al Quirinale ormai è tardi per un nuovo tentativo. Monti è costretto a fare finta di niente. Anzi, quando alla fine della lunga mattinata incontra la stampa assicura che la mancata «presenza di personalità politiche nel governo agevolerà anziché ostacolare il radicamento, perché toglierà ai partiti motivo di imbarazzo». In realtà questa è la prima sconfitta del neo presidente del Consiglio. «Le forze politiche – ammette – hanno manifestato una chiara preferenza a sostenere questo governo senza farne parte».
Monti nega qualsiasi problema. Il lungo vertice con Napolitano e il ritardo con cui ha sciolto le riserve? Stando a quanto racconta durante la conferenza stampa è dovuto «all’esposizione al Capo dello Stato circa una determinata struttura, ad esempio che l’Economia e le Finanze appartengono al presidente del Consiglio». Ma durante il faccia a faccia con il presidente della Repubblica non è l’interim di via XX settembre a creare difficoltà. Piuttosto, raccontano i bene informati, dopo la questione della presenza politica nel suo governo, Monti deve affrontare le resistenze di Corrado Passera. Per il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo il premier ha pensato a un ruolo chiave. Il ministero dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture. Un accorpamento di deleghe motivato dalla necessità coordinare «le iniziative per la crescita economica e lo sviluppo». Ma il manager non sembra soddisfattissimo della scelta. È convinto – sempre stando al racconto di chi lo conosce – di poter ambire anche alla delega all’Ambiente. E, forse, al Turismo. Monti e Passera discutono a lungo. Alla fine la spunta il premier. Anche perché, ad intervenire per un “ridimensionamento” del ruolo del banchiere, sarebbe stata ancora una volta la moral suasion del Quirinale. «La mia nomina? – taglia corto con eleganza Passera – Sono contentissimo».