L’effetto-Monti è durato solo tre ore. La mattinata di Piazza affari si era aperta in modo euforico, ma è già virata in negativo. Lo spread, cioè il differenziale di rendimento fra titoli di Stato italiani e tedeschi, dopo essere tornato sotto quota 450 punti base, ha ricominciato a crescere, toccando quota 493 punti. Allo stesso modo, il rendimento secco dei Btp decennali, ritornato a veleggiare sopra il 6,72 per cento. Nel frattempo Christian Clausen, numero uno della European banking federation, ha raccomandato alle banche europee di continuare a ridurre la loro esposizione «se non vogliono essere risucchiate nell’epicentro della crisi». Stesso discorso per quanto riguardo Bill Gross, fondatore del maggiore fondo obbligazionario mondiale, Pimco. Gross ha spiegato di «continuare a preferire i titoli di Stato di Usa, Canada, Germania, Regno Unito, Francia e Spagna». Nessuna menzione per l’Italia.
Il primo responso degli investitori nei confronti dell’Italia è stato tiepido. Nella giornata di venerdì lo spread fra Btp e Bund aveva chiuso a 456 punti base, molto meno dei massimi toccati a inizio settimana. L’ipotesi di un governo tecnico guidato da Mario Monti aveva messo le ali al mercato, che aveva iniziato l’ottava di Borsa nel migliore dei modi. Tuttavia, una volta risolto il problema del cambio al vertice politico italiano, è rimasto il dilemma di fondo: che fine farà l’eurozona?
A trainare il peggioramento è stata soprattutto l’asta di Btp a 5 anni andata in porto oggi. Sebbene il Tesoro abbia registrato un bid-to-cover in rialzo dall’1,344 all’1,469, è stato il rendimento promesso a essere oggetto dello stupore degli analisti. Il Tesoro ha infatti collocato 3 miliardi di euro a un tasso d’interesse del 6,29%, in netto rialzo rispetto all’ultima asta, quando il rendimento era stato del 5,32 per cento. La notizia è stata accolta in modo pesante dal mercato, che ha subito invertito la rotta, posizionandosi sul territorio negativo. I tassi d’interesse sono schizzati al massimo livello prima del margin call di LCH.Clearnet della scorsa settimana. Solo nel primo pomeriggio la Banca centrale europea è entrata sul mercato secondario con il Securities markets programme (Smp) acquistando titoli italiani a 2 e 5 anni per cercare di alleggerire la pressione intorno ai Btp, senza riuscirci. Del resto, la Bce è intervenuta per circa 250 milioni di euro, poco rispetto alle scorse settimane.
Allo stesso modo, i Credit default swap (Cds) sull’Italia sono di nuovo stati negoziati ai massimi. Per quanto riguarda il debito italiano, derivati di credito che fungono da assicurazione contro il fallimento di un titolo hanno raggiunto i 556 punti base sugli schermi Markit. Ciò significa che per proteggersi dall’insolvenza di un titolo di Stato italiani quinquennale del valore di 10 milioni di dollari, un investitore deve spendere circa 556mila dollari l’anno. Troppo, considerando l’estrema incertezza che persiste nell’eurozona.
I timori che l’Italia non riesca a farcela senza un aiuto esterno stanno aumentando. La banca statunitense J.P. Morgan, in una nota ai clienti della scorsa settimana, ha spiegato che considera probabile e quasi inevitabile un intervento del Fondo monetario internazionale nei confronti di Roma. Come anticipato da Linkiesta, la discussione è in corso. Il problema è capire lo spazio di manovra che potrà avere il futuro esecutivo di Mario Monti. Per ora c’è solo una conferma: il taglio di 300.000 impiegati nel pubblico settore a partire dal 2014.
La percezione di una dissoluzione dell’eurozona sta influenzando negativamente gli operatori finanziari, che stanno prezzando questo evento sempre meno lontano. In particolare, sta preoccupando la situazione economica della Francia. Parigi sta cercando in ogni modo di mantenere il rating AAA, prossimo al declassamento da parte di Standard & Poor’s. Il presidente Nicolas Sarkozy ha infatti messo in campo un draconiano piano di austerity per evitare il downgrade. Difficile che possa bastare.
Nel mirino c’è anche la Spagna, che oggi ha visto i suoi titoli decennali superare il rendimento del 6 per cento. Tutto ruota intorno al rischio di un collasso della zona euro. Oggi il fondo BlackRock ha spiegato che ritiene «opportuna una svalutazione del 75-80% sul debito greco, portoghese e irlandese». In altre parole, i creditori di questi tre Paesi potrebbero essere costretti a subire pesanti perdite, capaci di creare una spirale infernale per un’Europa che ha già perso la bussola.