Per l’Italia l’accesso ai mercati obbligazionari sta diventando proibitivo. Oggi il Tesoro ha collocato Bot con scadenza semestrale per 8 miliardi di euro a un tasso d’interesse del 6,50 per cento. Nell’asta precedente, gli stessi titoli di Stato erano stati collocati al 3,535 per cento. Peggio è andata per i Ctz 2 anni zero coupon, che hanno toccato un rendimento del 7,81 per cento. Lo spread, cioè il differenziale di rendimento, fra Italia e Germania, torna sopra quota 510 punti base, nonostante i massicci acquisti da parte della Banca centrale europea. Si aggrava la crisi italiana.
Doveva essere un’asta tranquilla. È stata invece più pesante del solito. L’ammontare non era particolarmente rilevante, in totale dieci miliardi di euro. Ma qualcosa è andato storto. Gli investitori hanno chiesto un rendimento più elevato del solito. Sull’asta di Bot il bid/cover è stato di 1,47, contro il precedente 1,57. Su quella di zero coupon è invece stato di 1,59, mentre l’ultimo collocamento aveva registrato un onorevole 2,01. Cala quindi, anche se in via leggera, l’appeal dei titoli di Stato italiani. Un brutto segnale in vista delle prossime aste di titoli. entro fine anno dovrebbe essere collocati ancora circa 18 miliardi di euro, anche se farlo a questi tassi diventa sempre più rischioso. Il primo appuntamento è per il prossimo 29 novembre, quando andranno in asta Btp decennali fino a un massimo di 3,5 miliardi di euro.
Il costo del rifinanziamento italiano cresce sempre di più. Il titolo di Stato a due anni ha un rendimento del 7,796%, mentre quello a 5 anni ne ha uno del 7,809 per cento. La curva dei rendimenti continua quindi a essere invertita, dato che il Btp decennale italiano ha un rendimento sul mercato secondario del 7,32 per cento. A questi livelli, come ha ricordato anche oggi Morgan Stanley, l’entrata dell’Italia sul mercato potrebbe essere compromessa, se non avviene un veloce ridimensionamento dei tassi d’interesse. Un anno fa il titolo di Stato decennale italiano aveva un rendimento del 4,39%, in linea con la recente storia italiana. A quei prezzi, era ancora possibile rifinanziarsi senza pagare cifre folli. Il prossimo anno, invece, come ha confermato il direttore del Dipartimento del debito pubblico, Maria Cannata, l’Italia scenderà sui mercati per 440 miliardi di euro. «Un livello impossibile da sostenere a questi ritmi», spiega una nota di Credit Suisse. Non è facile pensare il contrario.
Lo stress che sta vivendo l’Italia sui mercati finanziari continua a essere elevato. La Banca centrale europea sta continuando a comprare a man bassa titoli di Stato italiani tramite il Securities markets programme (Smp), lo speciale strumento con cui Francoforte può acquistare bond dei Paesi più in difficoltà. Già utilizzato per Grecia, Irlanda e Portogallo, dall’inizio di agosto è usato anche per Italia e Spagna. Nelle ultime settimane sono però iniziato gli acquisti a sostegno del Belgio e in previsione, nel caso ci possa essere un peggioramento delle condizioni di accesso al mercato obbligazionario, c’è un aiuto per la Francia. Che la pressione sia elevata lo si evince anche dai Credit default swap (Cds) sull’Italia, i derivati che immunizzano dall’insolvenza, schizzati oltre 560 punti base dopo l’asta.
L’Smp è una delle poche armi che la Bce possiede per arginare la crisi europea dei debiti sovrani. Il contagio dalla periferia al cuore dell’Ue è ormai completo, come dimostra il pessimo risultato dell’asta di Bund tedeschi con scadenza a dieci anni di pochi giorni fa, tecnicamente fallita. L’istituzione monetaria europea è l’unico baluardo contro l’espansione incontrollata di una crisi che non sembra trovare una via d’uscita. Ieri doveva essere il giorno utile per trovare una quadratura per arginare l’emorragia di fiducia degli investitori nei confronti dell’Italia. Il vertice trilaterale tra Italia, Germania e Francia è stato invece «un completo fallimento», come ha sbottato il presidente francese Nicolas Sarkozy ai suoi collaboratori. A giudicare dal responso dei mercati, non c’è dubbio che abbia ragione.