L’Italia non sta bene, ma neanche malissimo. E soprattutto, sul fronte proprio della sostenibilità di bilancio, sta meglio della Francia a tripla A. Nero su bianco, il rapporto “2011 Euro Plus Monitor”, preparato dal Lisbon Council – un importante think tank economico di Bruxelles – fotografa una situazione che dovrebbe decisamente impensierire Parigi. «Per la Francia – avverte lapidario il Lisbon Council – dovrebbero star già suonando campanelli di allarme. Tra i sei paesi dell’eurozona a tripla, la Francia ottiene di gran lunga la peggior graduatoria nell’esame della salute complessiva del paese».
Il paese di Nicolas Sarkozy, in effetti, figura al 13° posto su 17, davanti all’Italia (14° posto), ma dietro alla Spagna (12° posto) mentre gli altri cinque paesi a tripla A sono rispettivamente al 2° posto (Lussemburgo), 3° (Germania), 4° (Olanda), 7° (Finlandia) e 8° (Austria). A guardare poi i subtotali, vediamo che la Francia sta meglio dell’Italia solo sul fronte della crescita, ma peggio in concorrenza, sostenibilità fiscale e resistenza complessiva del sistema.
Se poi andiamo a guardare un altro indicatore, quello del progresso sul fronte dell’aggiustamento complessivo dell’economia, troviamo la Francia al 15° posto sul 17, mentre l’Italia e al 12°. Certo, dietro Parigi figurano economie sanissime come Germania (16° posto) e Austria (17°), ma la ragione è presto detta: «paesi di forte salute complessiva come la Germania – spiega il documento – hanno poco bisogno di adattarsi. Invece per un paese con significativi problemi di salute come la Francia la mancanza di aggiustamento è motivo di preoccupazione».
Intendiamoci, non è che qui l’Italia faccia una gran figura, visto che il Bel paese «soffre soprattutto di un bassissimo tasso di crescita tendenziale e di una iper-regolazione del mercato dei servizi. La bassa crescita della produttività radicata in regolamenti eccessivi è il tallone d’Achille italiano». Quello di cui l’Italia ha bisogno è «un prolungato contenimento della spesa e riforme strutturali, piuttosto che impennare di tasse per migliorare ulteriormente la sua posizione di bilancio».
Facciamo attenzione a quella parola: «ulteriormente». E già, perché sul fronte dei conti pubblici non andiamo male, tanto che lo stesso rapporto avverte che «se l’Italia sceglie serie riforme strutturali che potrebbero liberare il suo potenziale economico, avrà scarso bisogno di una significativa stretta fiscale grazie al suo bilancio primario relativamente sano». Qui è l’Italia a vincere il “derby” con la Francia. «Per l’Italia – si legge nel rapporto – l’altissimo stock di debito pubblico è compensato da uno dei più bassi deficit strutturali dell’eurozona, ponendo l’Italia leggermente al di sopra della Francia nella classifica della sostenibilità di bilancio complessiva».
Se infatti andiamo a vedere la tabella relativa alla sostenibilità di bilancio, l’Italia è 13°, la Francia 14°. Se si guarda, di nuovo, i subtotali, vediamo però che sul fronte della spesa pubblica, pari al 55,4% del Pil nel 2010, la Francia è la peggiore dei 17, con solo 0,9 punti su 10, mentre l’Italia, con 3,7 punti è al 13° posto. La Francia è molto peggiore dell’Italia anche sul fronte del deficit strutturale (appena 4,8 punti contro i nostri 7,3, vale a dire l’11° posto francese contro il 5° italiano, la Germania è quarta). Parigi ci batte, naturalmente, sul fronte del debito, dove siamo fanalino di coda subito prima della Grecia.
Chiudiamo con un messaggio di speranza del rapporto sul futuro dell’eurozona. «Nel bel mezzo della peggiore tempesta dell’integrazione europea – spiega il Lisbon Council – molti stati membri si stano riadattando rapidamente. Se l’eurozona supera la grave crisi potrebbe emergere come una regione molto più equilibrata e dinamica di quanto fosse prima». Questo perché molti paesi stanno finalmente realizzando le tanto necessarie riforme strutturali e fiscali». Tra questi, proprio gli stati sotto programma di aiuti.
In effetti, nella classifica del progresso del riaggiustamento dell’economia nazionale di cui dicevamo, al secondo posto, dopo l’Estonia figura… la Grecia! Gli altri due paesi sotto programma di aiuto, Irlanda e Portogallo sono rispettivamente al 3° e al 7° posto. Soprattutto, aggiunge il think-tank, «i mutamenti imposti dalla crisi hanno rimesso l’eurozona in cammino su una maggior convergenza tra paesi del cuore e paesi periferici», e dunque «è sbagliato» dire che Grecia, Portogallo o Spagna starebbero meglio se lasciassero l’euro. La crisi, come si suol dire, è anche fonte di opportunità. Se la si sa cogliere, naturalmente.