Adesso tutti si affrettano a congratularsi. Destra, sinistra, centro. Maggioranza, opposizione. Appena nato il governo Monti ha già entusiasmato quasi tutto il Parlamento. Dagli auguri convinti di Silvio Berlusconi durante la cerimonia del passaggio della campanella, stasera a Palazzo Chigi, alla «soddisfazione» del segretario Pd Bersani. Tante celebrazioni. E un dubbio. Se il nuovo esecutivo è tanto convincente, perché i partiti hanno sgomitato fino all’ultimo per rimanerne fuori? Il presidente del Consiglio avrebbe gradito una presenza della politica nella sua squadra. Magari anche simbolica. Ma tra veti incrociati e interessi privati, i principali leader gli hanno sbattuto la porta in faccia.
Adesso arriva la prova delle Camere. A parole il governo può contare su una maggioranza ampia. Chissà se quando saranno presentate le prime riforme – specie quelle più impopolari – in Parlamento remeranno tutti dalla stessa parte. Probabilmente basterà attendere qualche settimana per assistere ai primi distinguo. Il motivo è semplice. Chi ha avuto paura di sporcarsi le mani in un governo che dovrà necessariamente chiedere sacrifici agli italiani, ha tutto l’interesse a non schierarsi. Evitando di assumere la paternità delle misure più sgradite. Ecco perché la responsabilità della politica italiana non si misurerà al momento dei voti in Parlamento. Si è già misurata nella fase che ha preceduto la nascita di questo esecutivo. E il risultato – con le reciproche ripicche che hanno escluso Letta e Amato – è stato ampiamente deludente.
Il premier Monti non ha ancora presentato il suo programma. Ma basta scorrere alcune delle riforme che probabilmente saranno esaminate da qui alla fine della legislatura per capire che il percorso dell’esecutivo sarà tutt’altro che semplice. Il fronte bipartisan a sostegno del governo si romperà non appena a Palazzo Chigi proporranno di mettere mano alla legge elettorale. Il Pdl ha già fatto sapere che un esecutivo tecnico non è titolato a revisionare il Porcellum. Considerando che a Palazzo Madama la maggioranza dei senatori è ancora fedele al Cavaliere, è chiaro che su questo argomento il governo ha le mani legate.
Un passaggio fondamentale della legislatura sarà la riforma delle pensioni. L’unico partito apertamente contrario a toccare il dossier previdenza è la Lega Nord, guarda caso anche l’unica forza di opposizione. Ma è lecito pensare che anche su questo argomento il Pdl non accetterà di buon grado di schierarsi con Monti. Troppo alto il rischio di compromettere la già traballante alleanza con il Carroccio. Anche perché a via dell’Umiltà in molti sperano ancora in un voto anticipato. Altrettanto blindate sembrano la reintroduzione dell’Ici o la patrimoniale. Misure che nessuno, nel centrodestra, si sognerebbe mai di approvare.
Sul tema del lavoro, invece, potrebbero arrivare i veti del Pd. Anche nel centrosinistra qualcuno è convinto che le elezioni non siano poi così lontane. Pier Luigi Bersani è pronto a votare le riforme del governo Monti, a discapito della futura alleanza con Sinistra Ecologia e Libertà di Nichi Vendola? Per non parlare dell’accordo con l’Italia dei Valori. I rapporti tra Pd e dipietristi saranno messi a rischio ad ogni votazione. A scanso di equivoci l’ex magistrato ha già scaricato Monti. «Daremo il nostro contributo con un voto di fiducia – ha garantito oggi Antonio Di Pietro – ma valuteremo provvedimento per provvedimento. In ogni caso non faremo parte di maggioranze politiche».