Si gioca su Impregilo la partita tra i grandi vecchi della finanza italiana

Si gioca su Impregilo la partita tra i grandi vecchi della finanza italiana

In attesa di chiarimenti sull’assetto di Igli, la holding che controlla Impregilo, dopo l’ingresso di Salini nell’azionariato, la società ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con utili quasi dimezzati rispetto al settembre 2010, ma un solido portafoglio ordini. Al 30 settembre, l’utile netto del gruppo presieduto da Massimo Ponzellini si è contratto a quota 58,7 milioni di euro, rispetto ai 114 milioni dello stesso periodo del 2010, «che aveva beneficiato degli effetti di natura non ricorrente relativi alla cessione parziale della controllata brasiliana Elog pari a circa 43 milioni di euro ed alla cessione della concessionaria Caminos de las Sierras per circa 65,5 milioni di euro», come si legge nella nota diffusa al giro di boa della difficile seduta odierna.

Aumenta anche il debito, che sale a 596 milioni di euro rispetto ai 313,4 milioni alla fine del 2010, «al netto dell’ulteriore protrarsi, anche per i primi nove mesi del 2011, degli inadempimenti delle amministrazioni pubbliche coinvolte nell’ambito dei progetti Rsu Campania che non hanno ancora consentito al gruppo Impregilo il recupero delle somme a vario titolo ad esso dovute». Si tratta della querelle, che ormai va avanti da tre anni, riguardante il termovalorizzatore di Acerra: a metà settembre, secondo quanto ha rivelato il quotidiano Mf, il Consiglio di Stato aveva ritenuto fondata l’impugnazione della legge con cui l’inceneritore era stato trasferito alla Protezione Civile nel 2009: una partita che vale 500 milioni di euro. In ogni caso, il rapporto tra debito e patrimonio netto, 0,5x, è in linea con le previsioni delineate lo scorso 30 giugno.

Il portafoglio ordini è sceso a 22 miliardi di euro – 9,6 miliardi nei settori costruzioni e impianti e concessioni per 12,4 miliardi (tra cui gli 1,7 miliardi della nuova linea della metropolitana M4 di Milano, approvata allo scadere della giunta Moratti) – rispetto ai 22,7 al 31 dicembre 2010, ma il dato in realtà rimane invariato se si considera, notizia uscita oggi non casualmente, l’addendum siglato per l’estensione, in consorzio con Astaldi e Ghella, della linea ferroviaria venezuelana Puerto Cabello-La Encrucijada, dal valore complessivo di 763 milioni di euro e una quota di competenza del 33,3%, pari a 254,3 milioni. Sul fronte dei ricavi, il grosso dei 1,5 miliardi di euro, realizzato per l’80% all’estero, è dato dalle costruzioni (1,16 miliardi, +11% anno su anno), di gran lunga superiore alle concessioni (181,1 milioni, 11% anno su anno).

Un dato sul quale il costruttore romano Pietro Salini (all’8,3% di Impregilo) punta forte per tentare di convincere i membri della holding Igli – Gavio, Ligresti e Benetton – che detiene il 29,8% del capitale della società, a virare il focus dell’attività sulle costruzioni. Una mossa che non godrebbe del favore della famiglia di Ponzano Veneto, che tramite la controllata Atlantia è già attiva nelle concessioni autostradali. Il lato più debole del triangolo sono i Ligresti: da tempo si parla di una loro uscita, ma per ora nulla è ancora stato ufficializzato, per via dell’intrico di partecipazioni e poltrone che legano il general contractor a UniCredit e Mediobanca.

Un paio di settimane fa i due istituti hanno rinnovato un finanziamento di 177 dei 223 milioni in scadenza a ottobre, in attesa della fine dell’anno, quando, almeno in teoria, arriverà la liquidità derivante dalla vendita di Acerra. Piazza Cordusio ha impegnato 170 milioni di euro per salvare la galassia dell’ingegnere di Paternò, sottoscrivendo l’aumento di capitale di FonSai in cambio del 6,6%, ma è anche creditrice per 300 milioni di euro, oltre che di una quota dei 230 milioni di debito di Salini. Tutte e tre le famiglie che compongono il triangolo magico di Igli, inoltre, sono azioniste di Piazza Cordusio. Il grand commis, che custode gli equilibri azionari di Impregilo è Fabrizio Palenzona, vicepresidente di UniCredit e membro del cda di Piazzetta Cuccia, ricopre anche il ruolo di presidente dell’Aiscat, la società che riunisce i concessionari autostradali. Un passaggio di consegne tra Ligresti e Salini, insomma, non sarebbe così peregrino, in vista della scadenza dei patti parasociali, prevista il prossimo luglio.

Tra i due litiganti, tuttavia, potrebbe inserirsi un altro nome illustre del capitalismo familiare italiano: Francesco Gaetano Caltagirone. Il gruppo guidato dal vicepresidente del Monte dei Paschi, sospeso dopo la condanna per la vicenda Unipol-Bnl, avrebbe infatti la liquidità necessaria (3 miliardi di euro complessivi) a prendere il posto dei Ligresti, anche se, allo stato attuale, si tratta soltanto di rumors.

Poche notizie anche sul fronte libico. In virtù del Trattato di amicizia italo-libico siglato nel 2008, Gheddafi aveva sottoscritto commesse per circa un miliardo di euro con la società milanese, tutt’ora congelate dal governo di transizione di Tripoli. Attivi sui quali, come recita il comunicato diffuso oggi, «si confermano le previsioni effettuate dal Gruppo all’inizio del corrente esercizio che non considerano la ripresa dell’operatività in Libia ai fini delle proprie valutazioni di breve periodo». Un’impasse a cui fa da contraltare l’ottima performance della controllata brasiliana Ecordovias, che si occupa di concessioni e infrastrutture autostradali in un Paese che crescerà del 3,2% nel 2011.  

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