Il 2012 sarà l’anno che sancirà il destino della Grecia. Dopo i due piani di salvataggio organizzati da Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea ed Europa negli ultimi 24 mesi non bastano. La ristrutturazione del debito, 365 miliardi di euro secondo le stime del Fmi, continua a subire ritardi. Troppe sono le svalutazioni richieste per i creditori privati, che vogliono lo stesso trattamento di quelli pubblici. La partita si gioca sui filo del rasoio, dato che a marzo scade un bond da oltre 14 miliardi di euro e nelle casse del Tesoro non c’è abbastanza liquidità.
Le dichiarazioni del ministro greco delle Finanze, Evangelos Venizelos, continuano a essere rassicuranti. «Un accordo è vicino, entro pochi giorni o settimane sarà trovato», ha ripetuto anche oggi. Ma la situazione è tutt’altro che risolta. La dipartita del fondo hedge Vega, che nei giorni scorsi ha lasciato il tavolo delle trattative senza lasciare ulteriori commenti, testimonia lo stress che vige fra chi ha in mano i bond greci. Secondo fonti bancarie, infatti, il motivo della fuga di Vega è da legarsi alle svalutazioni richieste nel processo di ristrutturazione del debito. I creditori privati, guidati dall’Institute of international finance (Iif), ritengono troppo elevato un haircut, cioè un taglio del valore nominale delle obbligazioni detenute dagli investitori, del 50 per cento. L’Iif, dalla cui parte c’era il fondo Vega, si trincera dietro il silenzio, ma il processo che vede coinvolte banche e Governo greco si è ormai arenato. Tuttavia, come riporta il Financial Times, uno dei gestori di Vega, Jesús Sáa Requejo, ha scritto una lettera indirizzata al Tesoro greco in cui si evidenziava come l’haircut previsto è intollerabile, riservandosi la facoltà di avviare un’azione legale per proteggere gli interessi del fondo stesso.
Le prospettive non sono positive. L’accordo doveva già essere trovato oltre un mese fa e il continuo ritardo, unito all’abbandono di Vega e alla possibile azione legale del fondo stesso, mette in pericolo il raggiungimento di un accordo in tempo utile. Nel prossimo marzo, infatti, va a maturazione un bond da 14,4 miliardi di euro, il cui rimborso è il bilico. Questo perché nelle casse del Tesoro ellenico, a quanto risulta dall’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale, ci sono solamente 11 miliardi di euro. Una decisione sullo swap greco deve quindi essere completata entro il 20 marzo, data in cui scade il bond da quasi 15 miliardi di euro.
Sul versante legale, sta continuando la discussione sul processo di ristrutturazione del debito. Gli advisor legali e finanziari stanno valutando con il Governo di Lucas Papademos per il capire quale sia la via migliore da percorrere. Quello che è certo è che la situazione macroeconomica sta deteriorando velocemente. Il programma di supporto congiunto Fmi, Bce e Ue non è abbastanza per Atene, che il prossimo anno vedrà l’economia contrarsi ancora. Le ultime stime dell’istituzione di Washington vedono un Pil in calo del 6% (anno su anno) nell’anno che si sta per chiudere e in calo del 3% per il prossimo anno. In aumento il rapporto debito/Pil, che nel 2012 scenderà al 151% (dall’attuale 162%) solo nel caso le decisioni del Consiglio europeo del 26 ottobre saranno portate avanti. In quell’occasione, infatti, si è deciso di adottare draconiane misure d’austerity, le uniche in grado di apportare un sensibile calo della spesa pubblica. Inoltre, l’Ue ha raccomandato un haircut del 50% sui bond governativi ellenici detenuti dai creditori privati. Nel caso questi parametri non vengano rispettati, spiega il Fmi nel suo ultimo rapporto, la Grecia rischia di vedere il suo debito schizzare a quota 187% del Pil già nel 2013. Di contro, con taglio del 50% al valore nominale dei bond greci, il debito potrebbe tornare sotto quota 120% a partire dal finale del 2020. Se invece fosse del 60%, a fine 2020 la Grecia registrerebbe un rapporto debito/Pil del 110 per cento. E anche nel caso di impegno del genere, lo sforzo finanziario per riportare Atene in acque tranquille sarebbe significativo: 113,5 miliardi di euro per il periodo 2011-2030 in caso di haircut del 50% e 109,3 miliardi se del 60 per cento.
Dello scenario greco e di cosa succederà nel corso della prima parte del 2012 ne ha discusso oggi lo European systemic risk board (Esrb). Lo speciale comitato di sorveglianza macroeconomica, nato nel 2009 per monitorare i rischi finanziari sistemici, si è riunito oggi per valutare l’attuale congiuntura. Il governatore della Bank of England Mervyn King ha spiegato che sul tavolo dell’Esrb c’era soprattutto il programma di ricapitalizzazione delle banche europee. Dopo la raccomandazione della European banking authority (Eba), cioè il watchdog finanziario dell’Ue, gli istituti di credito del Vecchio continente devono raccogliere circa 115 miliardi di euro entro la metà del 2012. King ha smentito che si sia discusso dell’eventuale uscita di un Paese dall’eurozona, come invece era trapelato in un primo momento. «Tuttavia, occorre prepararsi per tutte le possibilità», ha rimarcato il governatore della Bank of England. Implicito è il riferimento alla Grecia. Se è vero che attualmente non c’è possibilità di una fuoriuscita dall’euro, come spiegato dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, è altrettanto vero che la crisi greca, con l’abbandono di Vega, sembra sempre più vicino al capolinea. E come aveva ricordato lo stesso King due settimane fa «in economia conviene sempre pensare l’impensabile».