Il cambiamento può avvenire solo se c’è sete di giustizia e di libertà

Il cambiamento può avvenire solo se c’è sete di giustizia e di libertà

Il ritorno dall’esilio, il grande momento sospirato in cui si realizzano i desideri del ritorno a casa, il momento in cui misericordia e verità si incontrano, giustizia e pace si baciano, la verità viene su dalla terra e la giustizia si affaccia dal cielo: sono parole che rappresentano il grande desiderio dell’uomo.

Marco 1, 1-8
Principio del Vangelo di Gesù, Cristo, figlio di Dio. Come sta scritto in Isaia profeta:
Ecco, il mando il mio angelo davanti al tuo volto
che preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto,
preparate la via del Signore, fate diritti i suoi sentieri.
Venne Giovanni a battezzare nel deserto e a proclamare un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. E usciva verso di lui tutta la regione Giudea e tutti quelli di Gerusalemme ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello e una cinta di pelle ai fianchi e mangiava locuste e miele selvatico e proclamava dicendo: Viene, dietro di me, quello più forte di me, del quale io non sono sufficiente a inchinarmi a sciogliere il laccio dei suoi sandali. Io vi battezzai con acqua, ma lui vi battezzerà in Spirito santo.

È l’inizio del vangelo di Marco. Si parte in un modo strano. L’evangelista scrive per delle persone che stanno a Roma ma che non sono neanche romani, che non hanno mai sentito parlare di ebraismo, di Antico Testamento. E allora Marco all’inizio del Vangelo pone proprio le tematiche fondamentali dell’A.T., dicendo quale dev’essere l’uomo, quali sono i desideri profondi dell’uomo per incontrare Dio.

In questo brano sono tutte le parole che poi prenderanno corpo nel Vangelo. È una forma di introduzione. Di fatti trovate: Vangelo, Gesù, Cristo, Figlio di Dio, tutte le profezie sintetizzate in due, il battesimo, la conversione, il perdono, lo Spirito Santo. Cosa volete di più? 

Principio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

La parola “principio” richiama la Genesi. Marco usa apposta questa parole “in principio” per dire: vi ricordate l’inizio della Scrittura, la Genesi, quando Dio ha creato il mondo, quel mondo che vedete, e che tutto sommato non vi piace tanto? Ecco, ora c’è un altro principio. Il Vangelo si pone come il principio di qualcosa di nuovo, un nuovo inizio.

Per capire la parola Vangelo, dovete contrapporla a Legge. Vangelo in greco vuol dire buona notizia. Dunque, una buona notizia che c’è  oraper voi. La creazione, il mondo, non è più sotto la morte, sotto la legge, sotto il peccato, sotto la cattiveria, sotto la fatica di vivere. Questo mondo p ormai sotto il segno della libertà di Gesù Cristo che è il Figlio di Dio. Questa è dunque la buona notizia, il vangelo.

Tutte le religioni presentano dei doveri dell’uomo verso Dio, presentano una norma di vita, una legge: se la fai sei bravo, e se sei bravo sei salvato; se non sei bravo sei condannato. Questo è il mondo che conosciamo. Ora è il principio di un mondo nuovo e diverso: il mondo del Vangelo della buona notizia, di un Dio che è diverso da come lo pensavi. Di un Dio che non giudica, un Dio che non è legge, un Dio che non è dovere, non è giudizio, non è condanna. Quel Dio che da sempre l’uomo ha pensato non è così. E tutto il Vangelo sarà per mostrare un nuovo Dio che è il contrario di come noi pensiamo Dio. Quindi, è davvero il principio, e questo principio è una persona: è Gesù.

Il Cristianesimo non è una ideologia, non è una legge, non è una morale. È una persona concreta. Che differenza c’é tra un principio e una legge? Un abisso! Il primo abisso è questo: uno è vivo e l’altro ti fa morire. Poi l’idea ce l’ho in testa io e grazie a Dio la cambio spesso; la persona non ce l’ho in testa e non posso cambiarla. Sulle idee ci ragiono, con la persona c’è un rapporto dinamico, di scoperta, di intesa, di interesse, di litigio, di incomprensione. È tutta un’altra cosa. Per noi normalmente il Cristianesimo, se non stiamo attenti, è ridotto a un insieme di norme, di leggi, di regole. Ma non è questo. 

Come sta scritto in Isaia profeta:
Ecco, io mando il mio angelo davanti al tuo volto, che preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore,
fate diritti i suoi sentieri.

Sono due citazioni diverse, attribuite a Isaia, di Isaia è la seconda. La prima, invece, è di Malachia. Ed era abbastanza usuale citare uno dei due: il più famoso. In queste due citazioni Marco sintetizza tutto l’Antico Testamento. La prima citazione parla dell’angelo che viene davanti a Dio per fare giustizia, per fare il mondo nuovo, ed é presa da Malachia. La seconda citazione, invece, è da Isaia, che si rivolge al popolo d’Israele deportato a Babilonia.

La prima cosa  indispensabile per capire chi è Dio è avere il desiderio che le cose siano giuste. Noi le vediamo sempre storte. Se a noi vanno bene le cose storte, non c’è bisogno di Dio, né di vita nuova, non di un vangelo. È facilissimo piegarsi al male, ritenere che il male sia la norma, va bene così e basta, fan tutti così. L’uomo rassegnato al male non ha più alcun desiderio. Quindi solo chi ha il desiderio di bene – questa è la giustizia – può incontrare Dio.

Tutto l’A.T. è una protesta contro la fatalità del male. Si ritiene che ci sia il male, la storia, i potenti che dominano, e che quindi non c’è rimedio. No, no. Arriverà l’angelo del Signore che liquida il male. È la nostra utopia. È importante però che ci sia. Perché se all’uomo togli i desideri, l’hai già ucciso, un uomo che non ha desideri è morto.

La parola “desiderare” vuol dire smettere di guardare le stelle. L’uomo per prima cosa “con-sidera”. Considerare vuol dire guardare le stelle. Nelle stelle guarda qual è il suo destino: dov’è che bisogna andare? Interroga il cielo, l’alto, il mistero. Quando poi ha capito qual è la sua stella, qual è la sua direzione, allora smette di guardare e desidera. Va in quella direzione.

I desideri sono la direzione profonda della nostra vita. Se abbiamo nessun desiderio, la nostra direzione è nessuna-direzione: è il nulla. Per questo sono importantissimi i desideri. E il primo desiderio è che le cose siano diverse. Questo si intende con la giustizia.

La citazione di Isaia è rivolta agli ebrei in esilio a Babilonia, che ormai disperano il ritorno nella terra promessa. “Dio ci ha già liberati una volta dall’Egitto, ma poi siamo stati cattivi, ci siamo meritati il castigo – dicono – non c’è più nulla da fare, l’esilio è il nostro destino, non c’è più libertà per noi”. E a questa gente Isaia dice: no, no, preparate la via del Signore, la via del ritorno a casa. Perché? Perché comincia il momento della libertà. Cioè: qualunque sia il guaio nel quale ti sei cacciato, per te c’è la libertà. La libertà è sentirsi a casa. È a casa che io mi libero. Non in esilio, non fuggitivo, non pellegrino. Nel cuore dell’uomo c’è dunque questo desiderio di casa, di libertà, di legami liberi, familiari, di amore.

Nella cultura attuale che respiriamo c’è inece una tendenza contraria. A causa della sofferenza, della fatica, dell’attesa che questi desideri si realizzino, c’è anche un sottile messaggio che dice: per non soffrire, lasciamo perdere. Così finisce che o spegniamo un po’ i desideri e li adattiamo; oppure desideriamo tutto, con una folla di desideri che vuol dire nessun desiderio.

È importante a questo punto cominciare a esaminare i nostri desideri. L’uomo desidera tante cose, la maggior parte delle cose che desideriamo sono la liberazione dai guai che abbiamo. Desideri negativi, e sono già qualcosa. Poi abbiamo tanti altri desideri che sono desideri indotti: tutto il mercato si fonda sul suscitare tanti desideri. Quindi noi siamo sempre fregati sui desideri. L’alienazione più profonda avviene a questo livello: farci desiderare altro.

Venne Giovanni a battezzare nel deserto e a proclamare un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

Battezzare vuol dire andare a fondo. Il battiscafo va sotto, va in profondità. Il battesimo rappresenta in tutte le religioni un desiderio che ha l’uomo: siccome sa di andare a fondo, va a fondo per emergere in modo nuovo.Il battesimo simboleggia e la morte e la rinascita.

Ogni uomo sa di dover morire e il suo desiderio è di rinascere a vita nuova, che la morte non sia l’ultima parola. Giovanni “il Battista” propone anche lui il battesimo, cioè un passaggio per una vita nuova. E lo propone nel deserto. Non nei palazzi, non nelle città: nel deserto. Cioè nel deserto è il luogo dove si è formato il popolo d’Israele, dove è cresciuto, dove ha camminato. Il deserto è il luogo della prova, delle difficoltà, della tentazione, è anche il luogo della fedeltà di Dio, della fraternità, il cammino. È un po’ la cifra della nostra vita umana, nei suoi elementi profondi.

Nel deserto Giovanni proclama un battesimo che non è più un gesto magico, ma di conversione. Convertirsi vuol dire cambiare direzione alla vita. Quindi propone una vita che non è semplicemente dire: battezziamoci, è un bel rito e poi tutto come prima. È qualcosa che cambia radicalmente la vita. Prima andava in una direzione, era la direzione della paura, della fuga, della chiusura, dell’egoismo, della morte, del potere. Ora va in un’altra strada, che fa uscire dai peccati. Sono termini fondamentali: il perdono e il peccato. Il peccato, in ebraico vuol dire “fallimento”. 

Usciva verso di lui tutta la regione Giudea, tutti quelli di Gerusalemme. Ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

Nel libro dell’Esodo si narra l’uscita degli israeliti dall’Egitto verso Gerusalemme. Gerusalemme è la città santa, luogo di Dio, della religione, del tempio, del culto. Ora, invece, si esce da lì. Cioè: bisogna anche uscire dalla nostra religione, dalle nostre persuasioni, dalle nostre liti per incontrare Dio. La vera conversione non è quella diventare religiosi – ce ne sono tanti di religiosi! –, la vera conversione è quella di uscire dalla religione che ti costruisci tu per conoscere davvero Dio. Dio non lo trovi in nessun luogo sacro. Lo trovi nell’uomo Gesù, lo trovi nei fratelli.

Giovanni era vestito di peli di cammello e di una cinta di pelle ai fianchi. Mangiava locuste e miele selvatico.

Simpatica figura, Giovanni. È vestito di peli di cammello. Il cammello è l’animale che attraversa il deserto e arriva dove deve arrivare. È un’immagine di Cristo: ha attraversato il deserto della vita ed è arrivato alla pienezza di vita. Anche oltre il deserto della morte. E il Battista in qualche modo è già rivestito di Cristo, è il primo discepolo. Porta una cintura ai fianchi: «Siano i vostri fianchi cinti», dice l’Esodo. È uno che cammina.

Giovanni mangia locuste e miele selvatico. Perché viene sottolineato? Le locuste in Africa si mangiano, anche se non tutte. Gli ebrei potevano mangiare un tipo di locusta che mangiava serpenti. Allora c’è un animale che mangia il serpente, che nella Bibbia simboleggia il principio del male, la menzogna, l’insidia. C’è dunque qualcosa che divora il male: è la parola di verità. Quindi Giovannisi nutre – “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio – della Parola di Dio, che uccide il serpente. E si nutre pure di miele selvatico, che pure sarà buono. Ma anche della Parola si dice: “dolce come il miele è la tua parola al mio palato”. Quindi il Battista rappresenta in fondo l’uomo che ha saputo rompere con l’ingiustizia, con la schiavitù, sa vivere della Parola e sa camminare verso il Signore.

(…) e proclamava, dicendo: Viene dietro di me quello più forte di me del quale io non sono inefficiente a inchinarmi a sciogliere il laccio dei suoi sandali. Io vi battezzai con acqua, ma lui vi battezzerà in Spirito Santo.

È interessante questo atteggiamento del Battista che lo qualifica: “Viene dopo di me uno più forte di me”. Cioè il Battista è uno che attende qualcosa di nuovo. Dice: io ho fatto questo perché era giusto far questo, ma l’interessante ha da venire. Io vi ho battezzati con acqua, l’altro vi battezzerà nello Spirito Santo.  Quindi il Battista con queste parole rappresenta il desiderio più profondo dell’uomo che è quello di vivere la vita stessa di Dio.  

C’è una parola a cui fare attenzione e che sarà un punto di conversione che è questa: “forte”. Cosa consideriamo noi come forte? La potenza economica o militare o politica. Anche Giovanni Battista ad un certo punto, quando sembra che Gesù non faccia il forte come lui pensava, manderà i suoi discepoli a chiedergli notizie. Gesù insegnerà la vera fortezza che viene dallo Spirito Santo, che è uno Spirito di amoreò

In questo brano si dice con semplicità il senso del Vangelo, che è qualcosa di totalmente nuovo, e poi ci si fa vedere il Battista che rappresenta come essere per entrare in questa novità. La prima qualità riguarda i nostri desideri: che le cose vadano diversamente. Se ci vanno bene come vanno, male. Questo primo desiderio è il desiderio di giustizia. Il secondo è il desiderio di libertà, che è più che la giustizia. Potremmo essere tutti giusti e tutti uguali, ma schiavi. La libertà è sentirsi a casa, fuori dall’esilio. Il terzo desiderio, ancora più profondo, è l’attesa di qualcosa di infinito. Il desiderio supremo dell’uomo è diventare come Dio, perché è a immagine di Dio: è suo figlio. E il Battista è questo uomo totalmente aperto al futuro.

La funzione di questo brano all’inizio del Vangelo è di aprire il cuore a tutti quei desideri che riteniamo impossibili, in modo che poi, progressivamente, camminando, questi si realizzino. Perché se non li desideri, non ci sono.

*gesuita e biblista

Il testo è una sintesi redazione della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano dall’autore. L’audio originale può essere ascoltato qui.

Nella foto, Veronica Menghi, «Il battesimo”, tecnica mista, 70 x 70 cm, 2010  – per gentile concessione di Galleria Blanchaert
 

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