Il finanziere Soros gioca col debito, l’altra volta ci è costato 20 miliardi

Il finanziere Soros gioca col debito, l'altra volta ci è costato 20 miliardi

Nonostante siano passati ormai vent’anni, la mossa potrebbe funzionare ancora una volta. Leggendo l’indiscrezione pubblicata dal Wall Street Journal non c’è operatore che non ci abbia pensato: a 81 anni suonati, George Soros, la leggenda, non ha ancora voglia di andare in pensione. L’uomo che ha guadagnato un miliardo di dollari vendendo allo scoperto 10 miliardi di sterline in un’incredibile trade con la Bank of England, “anticipando” (dicono loro, altri dicono causando) la decisione del governo britannico di uscire dallo Sme, il sistema monetario europeo in quello che poi divenne famoso come il “mercoledì nero”, ha messo gli occhi sull’Italia.

Non è una novità assoluta: la sua mossa aggressiva sulla sterlina ebbe un effetto anche sulla lira, che all’epoca era ancorata al marco (così come la sterlina), che crollò nonostante i tentativi da parte della Banca d’Italia guidata da Carlo Azeglio Ciampi di sostenerla con un intervento da 40 mila miliardi di lire. A causa di quell’investimento, la Procura di Roma aprì un’indagine nei confronti di Soros per aggiotaggio, coadiuvata dagli 007 dell’allora Sisde, oggi Aisi.

Secondo alcune indiscrezioni raccolte dal quotidiano americano, che cita fonti vicine al dossier, il fondo di Soros ha acquistato 2 miliardi di dollari di titoli europei, su 6,3 totali, del potafoglio di MF Global, la società di borkeraggio fondata dall’ex numero uno di Goldman Sachs John Corzine. La transazione con Kpmg, il curatore fallimentare, è avvenuta a Londra con il coinvolgimento di Jp Morgan. Si tratta in gran parte di titoli di Stato italiani. Il team di Soros così come gli investitori internazionali sanno bene che senza una soluzione duratura e condivisa alla crisi sovrana l’intera Eurozona non è in grado di sobbarcarsi il peso dei 1.900 miliardi di euro di debito pubblico italiano. Un’occasione d’oro per correggere i disequilibri del mercato comunitario, secondo la missione attribuita proprio da Soros al suo hedge fund: «Curare ciò che gli altri rompono».

In realtà, il famigerato Quantum Fund – fondato a fine anni ’60 con Jim Rogers, altra leggenda di Wall Street sul fronte delle commodities – non è propriamente un fondo d’investimento aggressivo. Il team del finanziere di origine ungherese, infatti, ha deciso di chiudere agli esterni il Quantum, purosangue della sua scuderia con attivi in portafoglio per oltre 20 miliardi di dollari. Una mossa studiata per evitare di vedere la sua operatività limitata dalle maglie sempre più stringenti della regolamentazione americana sui fondi aggressivi. Il Dodd-Frank Act, la pietra angolare del nuovo quadro regolamentare della finanza americana post Lehman, prevede un obbligo di registrazione presso la Sec, l’autorità di vigilanza americana, per qualsiasi fondo non sia un family office, cioè un fondo d’investimento che si occupa principalmente di gestire il patrimonio della famiglia.

Le nuove norme valide per i fondi superiori ai 150 milioni di dollari prevedono, oltre all’iscrizione nei registri del regolatore Usa, un addetto alla compliance e l’obbligo di fornire ogni dettaglio in merito a esposizione, investimenti e operatività sui mercati dei derivati over the counter, cioè non regolamentati per evitare rischi sistemici dati dall’eccessivo uso della leva finanziaria come moltiplicatore degli investimenti (e del debito). Avendo la Sec poteri di polizia e non solo sanzionatori, a differenza della Consob italiana, la maggioranza degli hedge fund manager non ha gradito vedersi imposta l’apertura dei propri libri contabili. Ecco quindi la scappatoia: il Dodd-Frank Act non vale per i family offices. George Soros nei mesi scorsi ha intrapreso una vera e propria crociata, ma non è servito a nulla.

La chiusura del Quantum Fund a investitori esterni, tuttavia, non è soltanto questione di lacci e lacciuoli. Le ultime ricerche evidenziano che il 2011, dopo il 2008, è il periodo peggiore dal 1990 in termini di ritorno sugli investimenti, con una perdita media anno su anno che sfiora il 5 per cento. Su entrambe le sponde dell’Atlantico non c’è visibilità: l’Europa stenta a trovare una soluzione sistemica per frenare le ondate di vendite sui bond sovrani dei Paesi membri e negli Usa la Federal Reserve non potrà continuare la sua politica ultraespansiva senza causare una nuova bolla. Una situazione complessa anche per chi sui mercati naviga da una vita, come Soros. Sta all’Europa dimostrare che per lui non sarebbe conveniente una scommessa ribassista sui titoli italiani. 

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Twitter: @antoniovanuzzo

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