La plastica nel sacco giallo, lʼindifferenziata in quello nero, il vetro nel bidone verde. E il cemento? Sarebbe bene ricicarlo in loco. Come? Semplicemente non demolendo gli stabili esistenti per costruirne di nuovi, ma favorendo sempre il loro restauro. È questa la filosofia che guida il progetto di un gruppo di giovani professionisti che hanno dato vita a [im]possible living, un sito con lo scopo di creare una gigantesca mappa di tutti gli edifici abbandonati esistenti nel globo, una sorta di atlante di derelitti e paesi fantasma sparsi nei cinque continenti, ma non solo. La piattaforma infatti aspira a diventare presto un vero e proprio vademecum, che contenga al suo interno fotografie, dati, informazioni, ma soprattutto soluzioni, per promuovere il recupero di edifici abbandonati, contro lʼimperante tendenza alla cementificazione. Solo nel 2009 infatti sono state edificate oltre 260mila nuove costruzioni fra abitazioni e fabbricazioni non residenziali e 565 sono i chilogrammi di cemento per cittadino nel nostro Paese.
«È assurdo continuare a costruire – spiega Daniela Galvani, architetto e ideatrice di [im]possible living –. Esistono così tanti palazzi abbandonati che potrebbero essere riqualificati permettendo non solo di ridurre lʼimpatto della cementificazione, ma anche di salvaguardare edifici che hanno fatto la storia delle nostre città. Prendiamo ad esempio i loft a Milano: erano capannoni industriali, mentre ora sono diventate residenze di prestigio». Il sito è il risultato di unʼilluminazione improvvisa di Andrea Sesta, ingegnere, che insieme alla già citata Daniela ha ideato e realizzato il portale. In una sera di novembre di un anno fa, i due giovani fondatori, si sono casualmente imbattuti in un servizio del telegiornale dedicato a Cassinetta di Lugagnano, un piccolo comune di meno di 2000 abitanti nella provincia di Milano. Qui il Sindaco ha deciso di proibire la costruzione di nuovi edifici per favorire il restauro degli stabili esistenti e ridurre così il consumo del suolo. La notte stessa è nato il blog che si sarebbe poi, dopo soli due mesi, trasformato nel sito e che proprio in questi giorni vedrà il lancio di nuove sezioni.
In [im]possible living tutto parte con la catalogazione: ogni cittadino può infatti inviare segnalazioni con foto e note su aree dismesse della propria città. Attualmente è necessario caricare le indicazioni sulla pagina web, ma entro la prossima settimana verrà attivata unʼapplicazione gratuita, che permetterà a tutti di fotografare i luoghi di interesse con il proprio smart-phone e di inviare direttamente il proprio piccolo report, che andrà così ad arrichire la mappa del sito. Chiunque potrà poi proporre idee e progetti per la messa in sesto delle varie aree, che verranno così esposti in una sorta di vetrina virtuale.
«Il coinvolgimento dei singoli è fondamentale non solo per permettere una mappatura capillare, ma anche per favorire una maggiore sensibilizzazione a favore del risparmio del suolo». La partecipazione dei cittadini sarà poi promossa attraverso la creazione di veri e propri eventi: in una sorta di riveduta caccia al tesoro (che sarà rappresentato dagli edifici abbandonati) attraverso la quale potranno prendere parte a una mappatura della propria città. Lʼiniziativa potrà essere replicata da chiunque nel mondo voglia diventare “ambasciatore” di [im]possible living e partecipare così alla diffusione di questo grande progetto collettivo.
La ricerca dei luoghi rappresenta soltanto un primo obiettivo, punto di forza del sito dovrà invece essere la raccolta di progetti di giovani, architetti e creativi che suggeriscano nuovi possibili usi degli edifici censiti. In questo modo si verranno a formare dei gruppi di interesse legati a determinate costruzioni, che includeranno cittadini, che magari avranno fatto la segnalazione, architetti, che avranno realizzato i progetti e, perché no, possibili investitori interessati a rendere davvero possible quelli che al momento sono ancora [im]possible livings.