BRUXELLES – Se ce ne fosse stato bisogno, l’avvertimento di Standard & Poor’s sul possibile declassamento collettivo dell’intera eurozona, Germania inclusa, fa capire che non c’è davvero più tempo da perdere. Eppure Angela Merkel e Nicolas Sarkozy si mettono d’accordo su una modifica dei trattati che, seppure piccola, richiederà come minimo un anno. Come conciliare questa tempistica con quella dei mercati? Parigi e Berlino se ne infischiano della pressione sui titoli sovrani? In realtà non è così, a quanto si raccoglie da varie fonti diplomatiche e comunitarie, c’è un “piano” che nessuno vuole ufficializzare, che coinvolge la Bce: un piano a Bruxelles e dintorni diventato una sorta di segreto di Pulcinella.
Su un punto, in effetti, tutti – almeno dietro le quinte – sono d’accordo: nell’immediato l’unica salvezza è la Bce. Si può discutere sul suo ruolo futuro, ma sic et nunc senza un intervento maggiore dell’Eurotower i mercati non si calmeranno e il rischio della profezia auto-avverante potrebbe materializzarsi rapidamente. Il fondo salva stati (Efsf) è ancora troppo debole e insufficientemente finanziato per poter esser credibile come salvataggio di fronte a effettivi, gravi problemi con Italia e Spagna.
Non a caso, anche Berlino ha smesso di dichiararsi apertamente contraria all’acquisto di titoli sovrani da parte della Bce, e si è trincerata, insieme a Parigi (che invece premeva proprio per quella soluzione) dietro la parola magica «indipendenza». Mario Draghi, insomma, ha campo (quasi) libero. Nel board della Bce, tuttavia, i potenti membri tedeschi, ma anche altri (ad esempio gli olandesi) frenano sul fronte dell’acquisto d’emergenza dei titoli sovrani, lo stesso Draghi finora ha sottolineato che le misure «non standard» sono solo temporanee e limitate. Il timore di fondo è anzitutto il moral hazard, l’azzardo morale. Tradotto: come ha dimostrato l’indecente sceneggiata agostana del governo Berlusconi sulle misure di austerity dopo che la Bce aveva cominciato a comprare Btp dal mercato secondario, c’è il rischio che, se Francoforte interviene, i governi rilassino la disciplina. Certo, con Mario Monti e Lucas Papademos le cose sono cambiate (si vedrà in Spagna con Mariano Rajoy) e l’andamento degli spread sul Bund tedesco sembrano confermarlo. Tuttavia probabilmente non basta.
Ed ecco che arriva l’«unione fiscale» voluta da Angela Merkel e ormai appoggiata anche da Nicolas Sarkozy. Ci vorrà un cambiamento di trattato, con accordo unanime e processo di ratifica, ma se fosse questo che uscisse dal summit venerdì, il quadro – insieme appunto al mutato contesto politico in Italia, Spagna e Grecia – cambierebbe nettamente. La scommessa è che a quel punto la Bce potrebbe dichiararsi pronta all’occorrenza ad ampliare il programma «non standard» di acquisto di titoli sovrani in caso di necessità. È stato lo stesso Draghi a farlo intuire, nel suo discorso di fronte al Parlamento Europeo la scorsa settimana, quando ha parlato di un fiscal compact, un patto fiscale tra gli stati membri dell’eurozona. «Altri elementi potranno seguire – diceva il neopresidente Bce – è la sequenza che conta».
Draghi potrebbe – ma il condizionale è d’obbligo – indicare anche un tetto massimo degli spread in nome della «migliore trasmissione della politica monetaria». Sarebbe il segnale che i mercati aspettano. Altra variante citata in questi giorni, la Bce potrebbe fornire alle banche centrali nazionali liquidità da girare al Fondo Monetario Internazionale, in modo da dotare quest’ultimo delle “munizioni” necessarie per soccorrere grandi paesi in difficoltà. Sarebbe una foglia di fico, resta comunque che, in tutti i modi l’Eurotower farebbe da pompiere. «Comunque – avverte una fonte diplomatica coinvolta nei preparativi del summit – dovrebbe trattarsi di una misura temporanea, il tempo che il trattato modificato entri in vigore, perché alla lunga davvero è in gioco la credibilità della Bce e, alla lunga, il rischio inflazione».
Francoforte dovrà insomma poi passare la mano ad altri, magari a un super ministro delle Finanze Ue o a un fondo salva stati più efficace. Un primo passo potrebbe essere giovedì, quando la Bce potrebbe abbassare il tasso principale di riferimento all’1% e magari annunciare l’ampliamento a tre anni del programma di liquidità illimitata per le banche europee.