Ventiquattr’ore dopo la nomina a viceministro con delega alle Infrastrutture arriva la prima grana per Mario Ciaccia. In seguito all’arresto di Franco Nicoli Cristiani, vicepresidente del Consiglio regionale lombardo, con l’accusa di corruzione e traffico illecito di rifiuti, gli inquirenti hanno sequestrato due cantieri dell’autostrada Bre.be.mi. L’arteria, parzialmente finanziata da Intesa Sanpaolo attraverso la controllata Biis, la banca che si occupa di finanza pubblica di cui Ciaccia è stato fino a ieri amministratore delegato e direttore generale, oltre a rientrare nelle opere strategiche previste dalla Legge Obiettivo, è uno dei biglietti da visita – con Tem (Tangenziali esterne Milano) e Pedemontana – della nuova viabilità lombarda in ottica Expo 2015.
Un fitto intreccio di concessionari, società di scopo, general contractor e capitali misti in cui è difficile orientarsi. La situazione infatti è estremamente fluida: oggi al Corriere il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, ha espresso la volontà di scendere «purchè dentro un patto di sindacato» dal 53% al 30-40% del capitale di Serravalle Spa, la concessionaria che detiene il 68,36% di Pedemontana, il 32% di Tem e una quota minimale (0,72%) nella società di progetto Bre.be.mi. Spa, controllata all’88,65% da Autostrade Lombarde Spa, a sua volta partecipata al 40% da Intesa Sanpaolo. Ca de’ Sass detiene pure il 26% del capitale di Pedemontana Spa e il 5% di Tem, oltre ad essere capofila dei consorzi di finanziamento delle opere: 1,6 miliardi di euro per Bre.be.mi, 1,5 per la Tem e 2,8 per la Pedemontana. Operazioni che, nonostante i ritorni certi in termini di “tariffato”, sembrano più complesse del previsto: le difficoltà di finanziamento degli istituti di credito sul mercato interbancario pesano sul volume e sui tassi delle erogazioni, e di conseguenza sugli oneri finanziari pagati dalle società di progetto.
Il caso Bre.be.mi. è emblematico: in seguito ai «presunti illeciti che sono stati compiuti a valle di gara europea per il General Contractor da un subfornitore dello stesso», come si legge nella nota diffusa oggi dalla società, sono stati sequestrati due dei tre macrocantieri logistici (oltre a quello di Urago d’Oglio, inaugurato da Berlusconi, Castelli e Bazoli nell’estate 2009) dell’autostrada in fase di realizzazione. E dire che lo scorso febbraio il contraente generale Bbm (di cui fanno parte Pizzarotti, Consorzio cooperative costruzioni e Unieco) ha siglato con la Cal (Società concessioni autostradali lombarde) un Protocollo di legalità presso la Prefettura di Cremona, che include «la raccolta e la verifica di dati e informazioni relative alle imprese che partecipano a qualunque titolo all’esecuzione dei lavori».
Stando ai documenti ufficiali della società, l’avanzamento del cantiere di Fara Olivana è al 30,9%, per 80 milioni già spesi sui 259 stanziati, e quello di Cassano d’Adda è al 22,3%, per 54 dei 245 milioni di euro previsti. Per le altre opere correlate (viadotti fluviali, trincee, sottovia e passaggi idraulici) sono stati spesi complessivamente circa 170 dei 690 milioni complessivi. Il costo totale dell’opera è di 1,6 miliardi di euro, soldi che Intesa, tramite Biis, si è impegnata a reperire per conto di Bre.be.mi., erogandone una quota pari a 300 milioni.
Lo scorso giugno la società ha cambiato amministratore delegato, con la nomina di Duilio Allegrini, mentre il presidente è rimasto Francesco Bettoni, numero uno della Camera di commercio bresciana e uomo dalle larghe relazioni, il quale ha spiegato oggi alle agenzie l’intenzione del Consorzio Bbm, al quale la società di progetto ha affidato la gestione degli appalti, di costituirsi parte civile. Pare che nei lavori di Cassano d’Adda e Fara Olivana siano stati impiegati rifiuti inquinanti contenenti cromo esavalente per la costruzione del sottofondo stradale. Difficile che l’opera venga inaugurata entro il 2013, come da cronoprogramma, non solo per il malaffare emerso stamani ma anche perché mancano i soldi: su 2,3 miliardi di fabbisogno finanziario complessivo, di cui circa 390 milioni di euro di oneri finanziari, a quanto risulta a Linkiesta sul piatto ce ne sarebbero 1,1 miliardi (800 milioni Rfi e 300 milioni Intesa Sanpaolo), mentre è stata firmata una lettera d’intenti per l’erogazione di altri 765 milioni da parte della Cassa depositi e prestiti, oltre a un accordo formalizzato con Unicredit e Ubi, ma non ancora operativo. Per questo, le voci che circolano a Brescia danno per imminente un inevitabile aumento di capitale.
Quasi al via, invece, la Tem. I lavori della bretella che collegherà Melegnano ad Agrate Brianza con svincoli verso la A1, la A4 e la Bre.be.mi. stessa, dopo il via libera del Cipe al progetto, il 3 agosto scorso, sarebbero dovuti partire «entro il 2011» ma sono slittati a gennaio 2012, in attesa degli altri due “nulla osta” da parte del ministero delle Infrastrutture e della Corte dei Conti. La società di scopo Tem Spa, che ha chiuso il bilancio 2010 un un debito di 48 milioni di euro, è partecipata al 32% rispettivamente dalla Milano Serravalle e da Autostrade per l’Italia, mentre Intesa, come detto, è azionista di minoranza al 5 per cento e advisor per il consorzio che dovrà fornire le linee di credito per 1,5 miliardi di euro totali.
La Pedemontana – 87 km di autostrada e tangenziali da Cassano Magnago (VA) a Osio Sotto (BG) e 70 km di viabilità collegata – è l’opera che più risentirà del rimescolamento nell’azionariato della capogruppo Milano Serravalle, una volta che la Provincia ridurrà la sua quota di controllo. Gli altri azionisti rilevanti, oltre alla concessionaria lombarda, sono Intesa Sanpaolo – 5% direttamente e 20% via Equiter, compagnia dedicata al project financing di Ca de’ Sass, per un valore di 52 milioni di euro – e Ubi (6%). Si tratta dell’opera più costosa delle tre, con un fabbisogno di 4,1 miliardi, di cui 2,8 forniti da privati. Tra i quali rientra una linea di credito da 60 milioni di euro erogata proprio da Intesa. Dall’estate 2010 sono partiti i cantieri di Cassano Magnago, Lozza, Turate e Luisago. Stando all’ultimo bilancio depositato, per supplire alle esigenze di finanziamento gli azionisti hanno sottoscritto un aumento di capitale da 113 milioni di euro, che ha portato da 67 a 200 milioni di euro il capitale sociale. E come per la Bre.be.mi., non è ben chiaro chi si assumerà l’impegno di sostenere l’opera.