Che cosa è stato deciso questa notte a Bruxelles? Essenzialmente nulla. Il vertice è un clamoroso, assoluto, inaspettato fallimento. Vediamo sinteticamente cosa ci aspetta, da un punto di vista finanziario e, soprattutto, politico.
1. Unione fiscale?
Il testo delle Conclusioni è di una vaghezza assoluta. Solo il Corriere ci può cascare, e infatti ci è cascato con tutte le braghe. Non esiste un’unione fiscale, ma un patto di rigidità fiscale di molto rafforzato (almeno così sembra, e ci sembra più dal fatto che Londra non lo abbia firmato più che dai dettagli resi disponibili dai Capi di Stato). L’essenza è che 23 Capi di Stato e di Governo hanno ieri notte acconsentito a introdurre nelle Costituzioni dei propri Paesi la regola aurea del pareggio di Bilancio, a sottomettere preventivamente a Bruxelles le proprie manovre di Bilancio, ad accettare misure semi-automatiche di sanzione per i “peccatori”. Altro non si sa, tutto da dettagliare nella più splendida tradizione brussellese. Quindi: 23 Paesi (tutti, tranne UK che non firma e Ungheria, Repubblica Ceca e Svezia che dovranno consultare i propri Parlamenti) cedono una impressionante sezione della propria Sovranità a Bruxelles. Nel prossimo futuro: politica di bilancio, monetaria, fiscale, bancario-finanziaria e del welfare saranno decise a Bruxelles e implementate poi nei singoli Paesi. Ci si domanda quali poteri effettivi restino nelle antiche Capitali: turismo e pari opportunità? E lo fanno sulla base di una delega completamente in bianco
2. Sacrifici in cambio di cosa? Nulla per il momento
Di grave preoccupazione notare la completa assenza nel testo delle conclusioni di misure, non tanto (Ahi!) per la crescita, ma anche solo per costituire quel famoso “muro di difesa” che avrebbe dovuto (così come tante volte sbandierato) mettere al riparo Spagna, Italia e Francia dai rischi del contagio. Il fatto è che mancano proprio i mattoni, infatti:
Il vecchio Fondo salva Stati (EFSM) non potrà contrarre altri impegni, si limiterà a gestire i programmi in corso (Irlanda e Portogallo) e ad esaurire le sue dotazioni residue di 200 miliardi (al limite e solo se assolutamente necessario).
- La Capitalizzazione del Fondo salva Stati Esm sarà portata a 500 miliardi di euro, un vertiginoso aumento di 60 miliardi scarsi
- Nessuna licenza bancaria per l’Esm
- Nessuna leva per aumentare la dotazione dell’Esm
- Nessun incremento sostanziale della “taglia” dell’Esm
- Nessun cenno significativo alle misure per la crescita
- La BCE ha assicurato linea di credito per 200 miliardi al Fondo Monetario Internazionale per il finanziamento dei piani di sostegno a singoli Paesi membri (probabile che l’anno prossimo saremo noi il grande cliente del Fmi)
- Nessun accordo su ruolo Bce come prestatore ultima istanza
3. Nessuna modifica ai Trattati, un nuovo Trattato e una nuova crisi, questa volta istituzionale
Dal fallimento fragoroso del Trattato di Amsterdam del 1992 (Unione a 17 membri), ridotto a nulla dai veti incrociati e dallo spavento dei No ai referendum confermativi della Costituzione nel 2005, la grande, comprensibile, ossessione europea è stata quella di costruire l’Unione, approfondire la cooperazione, rafforzare le Istituzioni, salvare la moneta, senza interpellare i popoli. Perché quando i popoli sono interpellati dicono no. L’Ue soffre non solamente di un deficit di democraticità, ma anche di un ben più essenziale manco di supporto politico. Anzi meglio di politica. Non c’è politica europea, c’è legislazione europea. Ecco perché i popoli non sono coinvolti.
Fatta questa noiosa premessa, ecco cosa è successo a Bruxelles questa notte. I britannici hanno, legittimamente, posto il veto alla strada della modifica del Trattato esistente. Quindi 23 Paesi hanno deciso di farsi un nuovo Trattato separato da quello dell’UE oggi in vigore. Presumibilmente, è proprio in questo nuovo strumento che confluiranno i poteri rafforzato e le nuove procedure/istituzioni che regoleranno l’Unione di stabilità . E’ altamente probabile che il nuovo Trattato sarà collegato in qualche modo a quello che istituì l’Unione Monetaria (Uem). Ma sorge un problema gigantesco: Commissione, Corte di Giustizia, Tribunale etc sono tutti organi propri dell’Ue non dell’Uem. Quindi che si fa? Boh.
4. Parigi e Berlino la coppia dei tempi che furono
Abbiamo argomentato proprio su questo giornale come la rigida posizione tedesca in fatto di politiche di bilancio ci sembri assolutamente legittima e anzi opportuna. Tuttavia, quando tale rigidità non viene accompagnata da nessuna concessione e da nessuna garanzia sulla protezione delle nostre posizioni, forse val la pena cominciare a farsi qualche domanda. A partire da quella essenziale: ci conviene?
L’inconsistenza politica del presidente francese e la debolezza economico-finanzairia della sua Nazione aprono scenari inaspettati per la Germania. Quando Sarkozy ha fattivamente contribuito alla defenestrazione di Silvio Berlusconi (con molti, legittimi motivi si intenda, non foss’altro perché in politica gli interessi non sono materia di dibattito), ha scoperto con colpevole ritardo due verità effettive:
1. L’unico nano rimasto sulla scena era lui
2. L’arrivo di Monti a Roma e di Draghi a Francoforte, consente a Berlino di rafforzare il suo gioco preferito: vertici-bilaterali a favor di telecamera con Parigi, uniti a sicuro sfoggio di retorica sul motore a duo, mentre manovra l’Italia e tratta con Londra per indebolire la Francia e renderla ininfluente, controlla bene o male la Bce e parla 3 volte alla settimana con Mosca.
5. Londra si incammina
Ultimo punto: non esiste, come già detto un’Europa a 2 velocità. C’è un’Ue rafforzata che sarà replicata tal qual fuori dai Trattati attuali. Un nuovo blocco continentale che conterrà 23-26 membri (+1 dopo l’accesso della Croazia) e convivrà con l’attuale UE composta dagli stessi membri più 4 o 2 (UK e Ungheria al massimo), con competenze differenziate e Istituzioni separate ma sovrapponentesi. Vi sembrano due blocchi? A noi sembra un non-sense. Come comprare un altro Palazzo per avere una stanza in più. La verità è quindi che, semplicemente, Londra comincia lo sganciamento dall’Integrazione. E dire, come sostiene Sarkozy, che il grande accordo che avrebbe salvato l’euro non è stato raggiunto per colpa di UK equivale, nelle parole di un alto diplomatico, a sostenere che «la seconda guerra mondiale è scoppiata perché la Polonia non si è arresa».
Finalmente, dopo il tragico fallimento di questo summit, tutti i pezzi sono finalmente in fila sulla scacchiera. La partita per uno scintillante ritorno al 1929 è finalmente cominciata.
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