Panettone amaro per i dipendenti di Banca Monte Parma. Come anticipato da Linkiesta, l’istituto parmigiano in via di acquisizione da parte di Ca de’ Sass aveva annunciato un piano da 100 esuberi, di cui 60 tramite il fondo di solidarietà di categoria. Le uscite complessive, invece, saranno 137, con l’obiettivo di risparmiare 14 milioni di euro. La scorsa estate, i sindacati avevano chiesto l’inserimento del personale in eccesso presso il centro di back office dell’istituto di credito, basato proprio a Parma. Una richiesta a cui Intesa non ha dato seguito.
Scaduti i termini (50 giorni) della procedura prevista dal contratto collettivo per via delle discrepanze tra management e sigle sindacali sia per via delle forti riduzioni retributive previste sia nell’obbligatorietà del ricorso al fondo esuberi – quando invece il contratto prevede la “volontarietà prioritaria” del dipendente – ieri la banca guidata ad interim da Marco Morelli ha recapitato una missiva ai sindacati con cui «dopo avere unilateralmente disdettato il contratto integrativo aziendale, ha avviato la procedura prevista dalla Legge 223/91 per l’avvio dei licenziamenti collettivi nello storico istituto bancario», come si legge nella nota della Fabi, maggiore sigla del comparto.
Nella lettera, che Linkiesta ha avuto modo di visionare, Ca de’ Sass sostiene che le misure già avviate, dal contenimento degli straordinari al blocco del turnover, dall’incentivazione all’uscita alla disdetta della contrattazione aziendale, non sono «in grado di ridurre in via strutturale il costo del lavoro rispetto all’obiettivo fissato di 14 milioni di euro, portando il cost/income (all’85% a giugno 2011) ad un livello più accettabile (70%), ancorché non ancora comparabile, con quello medio fatto registrare dalle società del gruppo Intesa Sanpaolo a fine 2010 (57%), che sarà ulteriormente ridotto, a fine 2013, di altri 10 punti percentuali». Il cost/income ratio è una misura che definisce l’efficienza gestionale di una banca, e si ottiene rapportando i costi operativi al margine d’intermediazione. Come si evince dalle cifre di cui sopra, la banca emiliana è inefficiente, non per via dei lavoratori, ma per effetto della mala gestione del precedente management.
Con il nuovo iter previsto dalla 223, dunque, non saranno rinnovati i contratti in scadenza di 41 apprendisti, mentre al netto dei prepensionamenti, al 28 novembre scorso, la banca ha individuato altri 96 dipendenti in esubero. A differenza delle uscite volontarie, a cui si applica il fondo nazionale, la legge 223 è più onerosa per Monte Parma, che non potendo agire sulla leva della riduzione dello stipendio ha optato per aumentare il numero di teste licenziabili per rispettare l’obiettivo di risparmio della capogruppo.
Intanto i sindacati si ritroveranno lunedì con bandiere e striscioni fuori da Palazzo Sanvitale, dove è previsto il cda per formalizzare il piano, già approvato da tutti i consiglieri ad esclusione della Fondazione di Piacenza (azionista di minoranza con Banca Sella), mentre per mercoledì è previsto un incontro tra i rappresenti di categoria e il presidente della Provincia, Vincenzo Bernazzoli. L’idea delle sigle, dalla Fabi alla Uilca, dalla Fiba alla Fisac, è di riportare il discorso sul fondo esuberi, dato che la 223 implica sacrifici maggiori da ambo le parti, ma il dialogo non sarà facile. La palla passerà al nuovo consigliere delegato Tommaso Cucchiani, che dovrà gestire il dossier assieme al neoministro del Welfare Elsa Fornero. La quale, ironia della sorte, fino alla chiamata di Mario Monti ricopriva il ruolo di vicepresidente del consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo.
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