Una morsa fatale. Da un lato i ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione, dall’altro le difficoltà di accesso ai prestiti bancari che ne scaturiscono. Sul tema è intervenuto oggi il premier Mario Monti, rispondendo alle domande dei cronisti nel corso della tradizionale conferenza di fine anno: «Stiamo lavorando, e il ministro Passera in particolare, su questo tema perché ci rendiamo conto che le imprese sono strette tra un crunch del credito e un debitore poco sensibile al loro status di creditrici», ha spiegato l’ex eurocommissario, sottolineando che «purtroppo» il Governo non è ancora riuscito a dare priorità al tema poiché «sarebbe stato contraddittorio» rispetto al segnale di un forte contenimento della spesa pubblica che i ministri tecnici dovevano dare all’Europa.
Come ha poi ricordato Monti, le misure straordinarie varate lo scorso 8 dicembre dalla Bce – che prevedono prestiti illimitati alle banche comunitarie a un tasso d’interesse dell’1% – ha contribuito ad alleviare la tensione tra chi sta da un lato e chi dall’altro dello sportello. Nonostante le dichiarazioni di chi, come l’a.d. di UniCredit Federico Ghizzoni, sostiene in proposito: «Qualcuno le ha definite misure a sostegno delle banche. Io le definisco piuttosto misure a sostegno dell’economia reale», per i “piccoli” il 2012 sarà ancora un anno di passione.
Ad aggiungere un altro elemento d’incertezza, dal primo gennaio prossimo scatterà l’obbligo, da parte degli istituti di credito di segnalare alla Centrale rischi di Bankitalia lo sconfinamento dei crediti oltre 90 giorni. Un limite dimezzato rispetto ai 180 giorni fissati in precedenza in deroga rispetto ai criteri di Basilea II. Lato banche, secondo quanto sostiene una ricerca di via Nazionale ripresa da Il Sole 24 Ore, il nuovo regime inciderà soltanto sullo 0,07% sul total capital ratio degli istituti nazionali.
Il problema sta nella qualità dei crediti che i fornitori vantano nei confronti della Pa, che nella quasi totalità dei casi investe le Asl. I tagli di 7,5 miliardi di euro per il biennio 2013-2014 previsti dalla prima manovra di luglio «renderanno le Regioni e le grandi Asl a rischio default», ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, a Linkiesta. Oltretutto, i vincoli imposti agli enti locali dal Patto di Stabilità non consentono neppure ai virtuosi una capacità di spesa autonoma.
Una situazione insostenibile. I numeri della Corte dei conti, nella relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni relativa agli anni 2009 e 2010, presentata in Parlamento a fine luglio, mostrano inefficienze e ritardi che hanno costretto molti enti locali a procedure di rientro del disavanzo. Nell’aprile di quest’anno è stata siglata l’intesa sul fabbisogno del settore per il 2011 a quota 106,5 miliardi di euro, di cui 2,6 vincolati per gli investimenti in innovazione, prevenzione e ricerca. Da inizio 2011, inoltre, le entrate e le uscite della Sanità regionale sono monitorate per il calcolo delle future erogazioni dello Stato a partire dal 2013, anno in cui dovrebbe entrare in vigore il federalismo fiscale.
Nella relazione della Corte dei conti si legge: «Il debito verso fornitori ha generato una spesa aggiuntiva pari a circa 103,8 milioni di euro nel 2008, 125,4 milioni di euro nel 2009 e 17,3 milioni di euro nel 2010, a causa dei ritardi sui pagamenti». Secondo le stime di Farmafactoring (società attiva nella gestione del credito verso Asl e ospedali) le forniture di prodotti farmaceutici e diagnostici nel 2010 hanno segnato un ritardo medio di 325 giorni. In altre parole, il fornitore riceve il pagamento circa dieci mesi dopo la consegna. Purtroppo, nell’ultimo decennio la Pa non è mai scesa sotto i 300 giorni per estinguere i propri debiti: nel 2001 i giorni di attesa erano 302, 341 nel 2003, per poi scendere a 308 e 316 rispettivamente nel 2008 e 2009.
Elaborando i dati di Confindustria sui bilanci degli enti statali, la Fondazione Astrid – che si occupa di monitorare la Pubblica amministrazione – spiega che in tutta Italia i debiti verso i fornitori superano di gran lunga le altre tipologie di debiti delle aziende ospedaliere, come i mutui. Qualche esempio: nel 2010, la Lombardia ha iscritto a bilancio debiti verso i fornitori per 3,5 miliardi di euro rispetto ai 2,1 finiti sotto la voce «altri debiti», mentre per il Lazio la cifra sale a 11 miliardi su 13 totali. La negligenza delle aziende sanitarie nei confronti dei fornitori genera un passivo ben più ingente dei debiti contratti per gli investimenti atti a migliorare il servizio.
La direttiva europea sul ritardo dei pagamenti, approvata poco più di un anno fa dal Parlamento comunitario ma non ancora recepita nell’ordinamento italiano, prevede che dopo 30 (e in casi particolari 60) giorni scattino gli interessi di mora all’8 per cento. Dare ossigeno alle Pmi senza innalzare il debito statale per supplire alle inadempienze delle amministrazioni locali è una delle missioni più difficili di Mario Monti.
Twitter: @antoniovanuzzo