CITTA’ DEL VATICANO – La svolta di Bagnasco sull’esenzione dell’Ici per gli immobili ecclesiastici è solo l’episodio più evidente di una mutazione genetica in corso nel cattolicesimo italiano. Molteplici i motivi che hanno spinto il presidente della Cei ad ammettere sia la possibilità di rivedere la normativa che di correggerne la sua disapplicazione. Di fronte ad una campagna di opinione tracimata ben oltre il tradizionale steccato radicale, innanzitutto, i vertici della Chiesa si sono resi conto che andava dato un messaggio di trasparenza.
Tanto più quando il ciclone della pedofilia rischia di abbattersi sulle casse della Conferenza episcopale italiana sotto forma di un crollo delle quote dell’otto per mille – e non a caso a novembre le televisioni nazionali hanno iniziato a mandare in onda uno spot a favore delle donazioni liberali ai sacerdoti nel quale, per la prima volta, si fa accenno agli abusi sessuali del clero, quando la voce fuori campo spiega che «per uno che sbaglia ce ne sono migliaia che dedicano tutta la vita alla loro missione». Tanto più, ancora, che tutti gli italiani sono chiamati a fare sacrifici. E tanto più che, in ragione della capillare presenza della Chiesa nella Penisola e della tanto rivendicata vicinanza di parrocchie, Caritas, mense e associazioni cattoliche alla popolazione colpita dalla crisi economica, proprio la Conferenza episcopale italiana, sulla scia del cardinale Dionigi Tettamanzi di Milano, aveva lanciato nei mesi scorsi un fondo di garanzia per le famiglie più disagiate.
Ciò che ha fatto rompere gli indugi a Bagnasco è stata, però, una frasetta buttata lì da Monti. «È una questione che non ci siamo ancora posti», ha risposto il premier ai giornalisti della stampa estera accreditata a Roma che, a poche ore dal varo della manovra economica che reintroduceva l’imposta sugli immobili, gli domandavano se ciò avrebbe implicato una revisione delle esenzioni di cui beneficiano la Chiesa ed altre realtà del non profit. Qualche giorno dopo, direttamente da Bruxelles, «sugli immobili della Chiesa – ha detto il Presidente del Consiglio a conclusione del vertice straordinario venerdì mattina – posso dire che in questi 17 giorni non abbiamo preso nessuna decisione e mi fermo a questo». Pausa. «Sono anche a conoscenza di una procedura Ue sugli aiuti di Stato». Ed è questo il punto.
A marzo la direzione generale per la Concorrenza della Commissione europea – quella guidata da Monti per cinque anni – concluderà la terza indagine aperta, su denuncia dei radicali, per verificare se il regime di esenzione vigente infrange la libera concorrenza delle strutture ricettive. Monti lo sa e ha fatto capire che se sinora non è intervento questo non esclude prossime mosse. Le sue parole non sono passate inosservate in Cei. E lo stesso venerdì, non senza incontrare pressanti resistenze in seno all’episcopato, Bagnasco è intervenuto per assicurare che non ci sono «preclusioni pregiudiziali» da parte della Cei «circa eventuali approfondimenti volti a valutare la chiarezza delle formule normative vigenti» e per sottolineare che «se ci sono casi concreti, nei quali un tributo dovuto non è stato pagato, l’abuso sia accertato e abbia fine».
Forse non è una capitolazione, perché Bagnasco sa che, oltre ad un decreto legge varato nel 2006 dal Governo Prodi sull’esenzione agli immobili con finalità caritative, assistenziali, sanitarie, ma anche «non esclusivamente commerciali», il ministero dell’Economia e delle Finanze ha emesso la circolare numero due del 26 gennaio 2009 che già pone condizioni molto restrittive a queste esenzioni. Rispetto alla posizione irremovibile tenuta fino al giorno prima da Avvenire e dai vertici Cei, però, è una svolta epocale. È un’altra Chiesa.
Una Chiesa che, pur incline a difendere, negli ultimi anni, i “valori non negoziabili”, alla fine si è convinta a negoziare su tutto il resto. Il più rapido a cogliere il mutato clima politico è stato il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano. Ultimo a scaricare Berlusconi (Bagnasco aveva preso le distanze dal Cavaliere da diversi mesi), è stato il primo a puntare senza esitazione sul Governo Monti. È stato proprio Bertone, pochi giorni prima che intervenisse Bagnasco, ad ammettere che il problema dell’Ici «è un problema serio, da approfondire e da studiare».
La Conferenza episcopale italiana, all’inizio più guardinga, più titubante nell’abbracciare il nuovo corso, meno incline a dare a Monti carta bianca, anche alla luce della nomina agrodolce dei ministri cattolici (Lorenzo Ornaghi, il più vicino alla Cei, non ha ottenuto la Pubblica istruzione o la Sanità, Andrea Riccardi, pur stimatissimo, è un battitore libero più fedele a Sant’Egidio che alla Conferenza episcopale italiana, e Renato Balduzzi è un “cattolico adulto”), alla fine ha seguito a ruota. Tanto che, quando a caldo il responsabile della Cei per i Problemi sociali, la giustizia la pace e il lavoro, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, ha bollato come «iniqua» la manovra economica, subito sono intervenuti a correggere il tiro il direttore di Avvenire Marco Tarquinio («Non è liquidabile sotto il segno dell’iniquità»), e il cardinale Bertone in persona («I sacrifici fanno parte della vita…»). Se con Monti c’è un’alleanza – è la linea Bertone fatta propria anche da Bagnasco – i vertici ecclesiastici non si potevano sfilare al primo sorgere di un problema, fosse anche l’esenzione dell’Ici.
Gli strascichi di questo allineamento non sono mancati. A dar voce al malumore nato nella pancia della galassia cattolica per un atteggiamento considerato troppo supino nei confronti del nuovo vincitore è stato, ad esempio, Antonio Socci, un opinionista certo non sospettabile di anti-clericalismo. «Se la Chiesa, invece di prendere la difesa delle famiglie tartassate, applaude alla stangata, alimenta un risentimento che la porta al centro delle polemiche e accende un anticlericalismo pericoloso e ingiusto che ne fa un capro espiatorio su cui tutti possono picchiare», ha scritto su Libero a proposito dell’Ici. «È un vero peccato che la Cei non abbia giocato d’anticipo come avrebbe potuto e dovuto». Ma Bagnasco e Bertone ormai non hanno dubbi. Sono almeno tre i motivi che li hanno spinti a questa strategica scelta di campo a favore di Monti.
Il primo ha un nome e un cognome: Joseph Ratzinger. Il Papa è ostile da sempre alle connivenze affaristiche tra Chiesa e potentati economici. A tal punto si indispose per la gestione del Giubileo del 2000 che, una volta eletto al soglio pontificio spedì il cardinale Crescenzio Sepe, grande architetto dell’evento, nell’arcidiocesi di Napoli. Benedetto XVI ha spiazzato di recente i vescovi tedeschi quando, a Friburgo, ha detto chiaro e tondo che «liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo». Difficile credere che Ratzinger non abbia avuto un ruolo nella svolta impressa da Bertone sull’esenzione Ici agli immobili ecclesiali. Quanto alla politica italiana, dai Sacri palazzi è filtrata, nel corso dei mesi, un crescente malumore personale di Benedetto XVI di fronte al fioccare dei dettagli delle notti brave di Silvio Berlusconi. Con Monti, invece, è subito corso buon sangue. Grazie anche ai buoni rapporti che il nuovo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Federico Silvio Toniato (vicino a Monti sin dai giorni delle consultazioni per la formazione di un nuovo Governo), intrattiene direttamente con l’appartamento pontificio, il Papa ha telefonato a Monti prima ancora del giuramento al Quirinale, ed ha poi accolto il neopremier all’aeroporto di Fiumicino in partenza per l’Africa. Tra professori, del resto, si intendono bene.
Anche il secondo motivo del favore di Vaticano e Cei nei confronti di Monti ha un nome e un cognome, e si chiama Giorgio Napolitano. L’asse con il Quirinale si è andato rafforzando nel corso degli anni fino al punto in cui, in un contesto di generalizzata crisi politica, il Palazzo apostolico ha finito col considerare l’inquilino del Colle l’unico interlocutore veramente affidabile. Solo nelle ultime settimane, Napolitano è intervenuto all’unisono con la Caritas e con il ministro Riccardi sul tema della cittadinanza ai figli degli immigrati; ha denunciato con forza il sovraffollamento del carcere (e domenica prossima il Papa si recherà a visitare l’istituto romano di Rebibbia); ed ha difeso, con un decreto, la visita pastorale del vescovo di Grosseto in una locale scuola pubblica, contestata dall’Unione degli atei e agnostici razionalisti (Uaar). Il feeling, insomma, è forte, e se Napolitano ha deciso di puntare su Monti, Bertone e Bagnasco fanno altrettanto.
Infine, i vertici della Chiesa ritengono che una fine legislatura di decantazione sia l’unica chance per i cattolici impegnati in politica di darsi un programma e, magari, un partito. Sventata l’ipotesi di un voto anticipato che avrebbe spezzato sul nascere ogni progetto, incassata la formazione di un Governo che, pur con qualche ambiguità, di certo non è ostile al Vaticano, i vertici ecclesiastici adesso guardano al futuro. Il forum di Todi, dove pure erano presenti Riccardi, Ornaghi, nonché Corrado Passera, ora sembra un po’ spompato. Suscita sempre maggiore interesse, invece, Pier Ferdinando Casini. Nell’ipotesi che si arrivi a modificare la legge elettorale, attorno al leader dell’Udc si potrebbe creare una massa critica ‘cattolicamente corretta’ sufficiente a incidere sul futuro politico italiano. Con un dubbio, però, ben esemplificato dal destino del testamento biologico. Il disegno di legge è ormai approdato al Senato dopo una doppia lettura parlamentare. Basterebbero poche settimane per approvarlo. Ma non c’è più Berlusconi e la sua fretta di accreditarsi nei confronti del Vaticano con un provvedimento-bandiera fortemente pro life. Non c’è più la Lega in maggioranza. Il Pd, subentrato in maggioranza, non ha mai amato questo ddl che divide l’anima cattolica dagli ex diessini. Il Governo certo non farà pressione su questo tema.
Quanto all’Udc, c’è qualche sorpresa. Ad un convegno organizzato nei giorni in cui il Governo Monti muoveva i primi passi da Scienza e vita con il segretario del Pd Pierluigi Bersani, il segretario del Pdl Angelino Alfano, e Casini, il cardinale Angelo Bagnasco ha battuto e ribattuto sul tasto dei valori non negoziabili. Bisogna «difendere i valori costitutivi dell’umano», ha scandito, e «tra questi la vita umana, dal suo concepimento alla sua fine naturale, è certamente il primo”. Poi – quasi una messa in guardia ai “cattolici adulti» alla Balduzzi – ha avvertito che i cristiani che si dedicano al «servizio della città» offrono «il loro contributo senza per questo dover mettere tra parentesi la propria coscienza formata dalla Dottrina Sociale della Chiesa, dal Magistero autentico e da una solida vita spirituale nella comunità ecclesiale». Se Alfano si è mostrato perfettamente d’accordo, Casini, intervenuto per ultimo, ha invece invitato a «consolidare il consenso per evitare che si cambi ad ogni legislatura» il testamento biologico, ed ha criticato chi sta «cercando la divisione pregiudiziale e non lavorando per dare una base di condivisione sempre più larga». Il che, tradotto in iter parlamentare, significa modificare di nuovo il disegno di legge e allungare i tempi della sua approvazione. Anche sull’Udc, forse, spira il nuovo vento portato da Mario Monti. E potrebbe trasformare Casini in un cattolico adulto.