Salvare l’Europa? La Merkel fa già dietrofront

Salvare l’Europa? La Merkel fa già dietrofront

BRUXELLES – È passata neppure una settimana dal vertice, che già la Germania fa marcia indietro su quegli scarsissimi elementi prodotti dal summit dell’8-9 dicembre che avrebbero potuto se non rafforzare il “firewall”, la barriera anticontagio, almeno dargli qualche arma in più. Forte del suo strapotere confermato con l’intesa a 26 contro uno della notte tra l’8 e il 9 dicembre, Angela Merkel mostra di non sentirsi troppo legata a quanto scritto e controfirmato su sua dettatura nella dichiarazione dei leader dell’eurozona quella famosa notte.

Il primo punto riguarda uno dei pochi elementi nuovi e oltretutto apprezzati dagli analisti: il prestito di 200 miliardi di euro al Fondo Monetario Internazionale per consentire di ampliare le risorse nel caso di una vera emergenza – purtroppo ormai non più da escludere – che riguardi big come Italia e/o Spagna, troppo grandi per esser salvate dal solo fondo salvastati Efsf (che ha in cassa ormai solo 250 miliardi di euro). Una mossa nella speranza che anche altri stati non appartenenti all’eurozona possano aggiungersi con prestiti al Fmi per aumentarne la potenza di fuoco.

Ebbene, a quanto trapela soprattutto alla stampa tedesca, la Merkel si sta schierando sulle posizioni oltranziste di Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank. Proprio le banche centrali nazionali sono chiamate a provvedere al prestito al Fmi, per la Germania si parla di 45 miliardi di euro, quasi un quarto del totale indicato al summit. Weidmann ha subito frenato, dapprima cercando – invano – di coinvolgere il Bundestag, il parlamento tedesco, nel dare il via libera allʼesborso, sostenendo che si tratta di spendere soldi dei contribuenti, poi ha cominciato a insistere che lʼesborso potrà avere luogo solo e soltanto a condizione che altri stati non euro siano disposti, fin da subito, a contribuire al prestito. In effetti, lʼidea che altri si aggiungano – lo dicevamo – cʼè, ma non certo come precondizione per i versamenti da parte degli stati firmatari della dichiarazione.

Weidmann, già stretto collaboratore della Merkel al governo e tuttora molto ascoltato, secondo la Süddeutsche Zeitung ha fatto breccia nella Cancelliera. La ragione? È sempre la stessa: lʼorrore dei tedeschi allʼidea che le banche centrali possano andare a finanziare, sia pure indirettamente, gli stati in difficoltà. Le indiscrezioni riportate dal giornale di Monaco sono molto plausibili, basta vedere le posizioni fin qui tenute dalla stessa Merkel, che per le stesse ragioni ha impedito di concedere al fondo salvastati una licenza bancaria, con la quale avrebbe potuto attingere alla liquidità della Bce.

La condizione di Weidmann mette in pericolo lʼunica operazione di rafforzamento finanziario degli strumenti anti-default decisa al vertice: finora si contano già dei no secchi di vari paesi non euro, a cominciare dagli Usa e dalla Gran Bretagna. Anche il Giappone ha fatto sapere di voler prima capire bene quale sia il piano degli europei e per ora non si registrano chiare manifestazioni positive da parte delle altre grandi economie mondiali. Se le cose restano così e Berlino non paga la sua quota, perché gli altri paesi euro dovrebbero farlo?

E arriviamo così allʼaltra retromarcia, questa del tutto ufficiale, di Angela Merkel. Quella che riguarda il possibile rafforzamento del futuro meccanismo permanente di stabilità (Esm) che, probabilmente già il prossimo anno, dovrà sostituire lʼEfsf, e il cui tetto attualmente è di 500 miliardi di euro. Nella dichiarazione dei leader dellʼeurozona, pubblicata allʼalba del 9 dicembre, si legge: «rivaluteremo lʼadeguatezza del tetto complessivo dellʼEsm di 500 miliardi di euro nel marzo del 2012». Certo non è un impegno, ma almeno apre una finestra di possibilità, si è pensato.

Sono bastati pochi giorni perché la Merkel facesse capire che era tutto uno scherzo: «Il tetto resterà a 500 miliardi di euro», ha affermato secca ieri nella sua dichiarazione di governo sullʼesito del summit della scorsa settimana. Punto. Cʼè da chiedersi perché mai, allora, abbia acconsentito di inserire quel passaggio nella dichiarazione dei leader. Certo, da qui a marzo tutto è possibile. Angela Merkel già in passato ha dovuto rimangiarsi alcuni di quelli che per lei sembravano tabù inviolabili, vedi ad esempio la partecipazione dei privati ai futuri salvataggi, ora spariti. Se, come purtroppo è da temere, la crisi si aggraverà ancora, la cancelliera potrebbe trovarsi a rivedere tutto. O ad accettare la fine dellʼeuro.

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