Si è sempre tifosi del Boca Juniors, anche dopo la morte

Si è sempre tifosi del Boca Juniors, anche dopo la morte

Buenos Aires. Dieci di sera di domenica. Lungo le strade della città si sentono cori e clacson che suonano senza sosta. La partita Boca-Banfield è appena finita. Non importa che l’indomani sia lunedì, che cominci la settimana di lavoro o di scuola. Nulla ha importanza. Il Boca Juniors, il più italiano dei club argentini, torna ad essere campione del torneo “apertura 2011” dopo tre anni di digiuno. La Bombonera, il mitico stadio della squadra, esplode e con lei le strade di Buenos Aires, che già nel pomeriggio avevano cominciato a riempirsi di persone con la maglietta azzurra e oro, i colori del club.

Il sottofondo nelle fiere di artigianato locale, tipiche della domenica, non era la musica del nord argentino, il tango o qualche gruppo reggae: era la radiocronaca della partita. Persino gli hippie più convinti – che sono soliti non prestare troppa attenzione ai temi calcistici – nascondo una radiolina sotto le loro bancarelle.

Nella terzultima giornata, la squadra guidata da Julio Cesar Falcioni ha sommerso di gol il Banfield. Il club della Boca, cui bastava un pareggio per laurearsi campione, ha potuto così festeggiare il suo 24esimo trionfo nel torneo di prima divisione argentino. I numeri del club “Xeneize”, com’è chiamato il Boca in Argentina per la sua fondazione da parte di cinque immigrati genovesi, parlano da soli: 27 partite senza sconfitte, 11 vittorie, 22 gol fatti e quattro subiti. Probabilmente non è stata la vittoria di una squadra fatta di stelle, ma di sicuro è stata la vittoria di una squadra vera.

Una squadra fondata più di un secolo fa e che ancora oggi genera una passione incontrollabile nei suoi tifosi, a tal punto che non riescono a separarsi dai suoi colori nemmeno alla morte. Si, perché il detto “finché morte non vi separi” vale per tutti, ma non per i suoi sostenitori, gli Xeneizes – argentinizzazione della parola Zeneize che nel dialetto di genova significa, appunto, genovesi e che viene ormai usata per definire qualsiasi cosa abbia una minima relazione con il Boca.

Un po’ come in Italia, dove il calcio è vissuto con una passione tale da sfiorare, a volte, l’ossessione. Però forse da noi ancora non sì è arrivati al punto di voler essere sepolti in una bara con il simbolo della propria squadra. O forse sì, solo che nessuno sembra abbia ancora cominciato a produrre feretri con i colori della squadra del cuore. L’Argentina, in questo, ci ha superati quando, cinque anni fa, Fernando Garcia e signora pensarono di ampliare l’offerta dei loro prodotti, ossia bare, affinché ognuno potesse avere la bara dei suoi sogni. E così, previa concessione d’uso del marchio da parte del club, è partita la produzione non solo di feretri, ma anche di urne del Boca. «Costano di meno, e sono comunque rappresentative» commenta Antonio Maccario, di un’agenzia di pompe funebri, discendente di italiani e tifoso del Boca da quando, compiuti tre mesi, il padre lo iscrisse come socio.

«Il giorno che morirò voglio la mia cassa, dipinta di azzurro e oro, come il mio cuore» recita uno dei cori dei tifosi e, in effetti, in molti sembrano voler tenere fede a questa promessa. Nell’ultimo anno sono state vendute una quarantina di bare, urne un po’ di meno, di cui la metà comprate, per così dire, in anticipo. «Quello che offriamo è un servizio che si chiama pre-necessità – racconta Daniel, titolare di una delle poche agenzie funebri che ancora ha degli esemplari di bara “boquense” da mostrare – il cliente può comprare quando vuole la sua bara e pagarla in 12 rate». L’iniziativa sembra avere riscosso un certo successo, perché la metà dei feretri venduti è stato acquistato, da giovani, proprio con questo metodo. Hernan ha pensato di farlo a 26 anni mentre Romina ha aspettato un po’ di più. A 28 anni si è presentata con una maglietta del Boca all’agenzia funebre e, dopo essersi scattata una foto vicino alla sua futura bara, l’ha comprata. A rate, chiaramente.

Tutti e due hanno già finito di pagarla, e forse ora stanno cercando di capire come fare ad essere sepolti nel cimitero tematico del Boca, che si trova a La Plata, a un paio d’ore da Buenos Aires. Creato dalle amministrazioni locali – Buenos Aires e provincia insieme al Club – per disperazione. «Molti tifosi – continua Daniel – si facevano cremare e poi chiedevano che le ceneri fossero sparse sul campo del Boca. Solo che a un certo punto erano diventati troppi e il governo locale ha concesso una parte del cimitero Pereyra Iraola, dove è stato portato il prato che prima era nello stadio e un grande scudetto del Boca Juniors. Poi c’è anche un settore per le celebrità: Maradona, per esempio, ha già il posto riservato».

Quello del Boca è un mondo a parte, che però ha un’incredibile influenza sulla vita quotidiana, e soprattutto politica, del Paese. Ieri, in questa domenica piena di emozioni, si sono svolte anche le elezioni del presidente del Club che, in Argentina, non coincide con la proprietà, come avviene per esempio in Italia.

La campagna elettorale fatta dai principali partiti del paese per imporre il proprio candidato è stata incredibile, e riflette pienamente il ruolo politico che riveste il calcio. Ieri in 25mila – in totale gli abbonati sono più di 55mila – hanno deciso che a guidare le sorti del club per i prossimi quattro anni sarà Daniel Angelici, imprenditore di 47 anni legato al gioco d’azzardo e appoggiato politicamente dal Pro, il partito conservatore del sindaco di Buenos Aires Mauricio Macri. Che deve la sua, finora, brillante carriera politica anche, se non soprattutto, al fatto di essere stato presidente del Boca. Angelici ha scacciato l’attuale presidente Jorge Ameal, appoggiato dal kirchnerismo, il partito della presidente Cristina rieletta da poco con percentuali altissime. Così come Macri, che a livello locale nelle recenti elezioni amministrative ha riportato una vittoria schiacciante e che, grazie a quest’ulteriore successo, ora ha sempre più la strada spianata per le elezioni presidenziali del 2015.  

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