Troppi punti nascita, spesso non all’altezza degli standard di professionalità richiesti. Ma anche troppi parti cesarei e troppi procedimenti penali per casi di malasanità. E ancora tante differenze tra Nord e Sud del Paese. In Italia si nasce così. A raccontare il fenomeno è la Commissione d’inchiesta sugli errori in campo sanitario, che ha presentato a Montecitorio la relazione conclusiva dell’indagine sulla natalità.
Il dato che caratterizza il nostro Paese è senza dubbio l’eccesso di punti nascita. «Il che purtroppo – spiega il presidente della commissione Leoluca Orlando – non sempre garantisce un miglior servizio». Delle circa 350 strutture valutate dalla commissione – sulle 570 presenti in Italia – il 72,4 per cento è costituito da unità piccole, spesso piccolissime. Presidi con una media di 19 posti letto e 9 medici in organico. Che assistono a stento a più di 50 parti al mese. E così gli ospedali maggiori – con una media di 65 posti letto, 23 medici in organico e poco meno di 300 parti/mese – sono una rarità. In Italia rappresentano il 5,2 per cento del totale dei punti nascita.
Un’altra peculiarità italiana è quella del taglio cesareo. Una pratica che nel nostro Paese ha una diffusione particolarmente elevata. Stando ai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità i cesarei non dovrebbero superare il 15 per cento del totale. In Italia arrivano al 35 per cento. Forti le differenze in relazione alla grandezza delle strutture. Nei punti nascita più piccoli, la procedura è seguita nel 44 per cento dei casi. In quelle principali si ferma al 32,8 per cento. Disparità ancora più evidenti tra ospedali pubblici e privati. In quest’ultimo caso il numero di parti con taglio cesareo supera il 50 per cento.
Altra differenza tra piccoli e grandi ospedali è la presenza del personale medico. L’indagine parlamentare fotografa in particolare l’esistenza della doppia guardia di medici ginecologi e ostetriche durante le 24 ore. Un elemento «ritenuto indispensabile per garantire la sicurezza assistenziale. Permette di effettuare il taglio cesareo in tempi rapidi, gestire le situazioni complesse, assistere parti che avvengono contemporaneamente». Il servizio è disponibile nel 94,4 per cento dei maggiori ospedali. Solo nel 23,3 per cento dei più piccoli. Va nella stessa direzione il dato sui reparti di terapia intensiva neonatale. Presenti in media nel 27,6 per cento dei punti nascita italiani. Anche in questo caso grandi differenze tra strutture complesse (100 per cento) e ospedali più piccoli. Qui i reparti di terapia intensiva ci sono in una struttura su dieci. Chiara la conclusione della commissione d’inchiesta: In Italia «i livelli assistenziali sono molto difformi». E in particolare «Va ripensata l’assistenza nei piccoli ospedali»
Chi sono le mamme che partoriscono in Italia? Molte sono straniere. Nei principali punti nascita ormai un parto su quattro (25 per cento) è di una paziente immigrata. Ma sono anche più “anziane”. L’età media delle partorienti è in continua crescita. E se il primo figlio arriva ormai poco oltre i 29 anni, l’età media generale della mamme ha raggiunto i 31,4 anni. Parallelamente cresce il numero dei figli unici. Negli ultimi anni in Italia si è registrato un tasso di fecondità particolarmente basso, di poco superiore a 1,34.
In aumento i casi – veri o presunti – di malasanità legata al parto. La commissione prende in esame il secondo semestre 2010. Dai dati raccolti presso le oltre 80 Procure interpellate emerge che degli oltre 53mila procedimenti per lesioni colpose, 901 sono a carico di personale sanitario (1,68 per cento). Di questi 85 riguardano episodi relativi alla gravidanza e al parto. Molto più alta la percentuale nei contenziosi per omicidio colposo. Sono a carico di personale sanitario 736 procedimenti su 6.586. Uno ogni undici. Di questi, 75 casi sono stati registrati durante la gravidanza. Colpisce il numero bassissimo di condanne: solo due. E l’alta percentuale di archiviazioni: il 40 per cento dei procedimenti relativi a lesioni colpose riferibili ad attività medico-chirurgica. Tante le differenze geografiche. Stando ai risultati della commissione «le procure in cui la media nazionale (dei procedimenti penali, ndr) viene superata sono tutte al Sud». Record negativo per Campania e Calabria.