Unicredit, Cassamarca verso il no all’aumento di capitale

Unicredit, Cassamarca verso il no all’aumento di capitale

Verona dentro, Treviso fuori. Secondo le indiscrezioni che emergono dall’assemblea dei soci di Unicredit in corso a Roma, la Fondazione Cassamarca, che detiene lo 0,7% di Piazza Cordusio difficilmente  parteciperà all’aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro deliberato dalla banca guidata da Federico Ghizzoni. La situazione finanziaria dell’ente presieduto da Dino De Poli, infatti, è piuttosto complessa. Lo stesso De Poli, a settembre scorso, aveva espresso forti perplessità: «Tenendo presente che noi abbiamo già aderito a due aumenti e che per un terzo ci sarebbe una qualche difficoltà perché dovremmo adoperare i soldi delle nostre attività». Nel bilancio 2010, nonostante il «ricco pareggio» evidenziato da De Poli – ovvero un utile ante accantonamenti di 11 milioni di euro – pesano le svalutazioni nette di strumenti finanziari non immobilizzati, 1,4 milioni di euro, e immobilizzazioni finanziarie per 6,7 milioni di euro. Al 31 dicembre 2010 la partecipazione in Unicredit valeva 517,5 milioni di euro, «per un numero di azioni pari a 138.475.889» si legge sul bilancio, che parla inoltre di «valore ufficiale al 31/12/2010 […] pari a Euro 1,5702». Alle 12.40 di oggi il titolo quota meno della metà rispetto al prezzo del 2010: 71 centesimi di euro (+1,93%). Tuttavia Cassamarca non dice che il valore di carico di quel pacchetto sarebbe di 4,20 euro. 

Con ogni probabilità, quindi, Cassamarca si chiamerà fuori dal patto d’onore (e di sangue) richiesto ai soci dal presidente Dieter Rampl, che in apertura dell’assemblea ha spiegato: «Ogni aumento di capitale è come un patto di onore, un patto di fiducia tra chi lo richiede e gli azionisti che ne sopportano l’onere». Un impegno che si fa più gravoso, 7,5 miliardi di euro su 13,8 di capitalizzazione – alla luce del taglio dei dividendi per il 2012 annunciato dall’a.d. Ghizzoni durante la presentazione dell’ultima trimestrale, in cui è stata fatta un’enorme pulizia al bilancio di Unicredit, che ha comportato svalutazioni per 10,6 miliardi di euro. Tranne la Fondazione Crt (al 3,6%), seppure con una coda di polemiche sulla governance, gli altri grandi azionisti della banca non hanno ancora alzato il velo sulle loro reali intenzioni in merito alla sottoscrizione totale dell’aumento di capitale. A partire dalla capofila Cariverona, che detiene il 4,9% delle quote della banca oltre ad avere una grande influenza negli equilibri interni a Unicredit. Al momento in cui scriviamo, comunque, è ancora presto per capire quale sarà il prezzo proposto agli azionisti.

Intanto ieri Ghizzoni è stato protagonista di una polemica a distanza con Nicolas Sarkozy. A margine di un convegno, infatti, il top manager piacentino ha sottolineato che la liquidità extra fornita al sistema bancario dalla Bce debba essere utilizzata per supplire alle esigenze di liquidità dell’economia reale, invece che essere impiegata nell’acquisto di titoli di Stato. Una posizione, come ha notato la Cnbc americana, in contraddizione con quanto espresso dal presidente francese durante l’ultimo euro summit di Bruxelles, venerdì scorso.
 

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