25 dicembre 1991, ore 19.45. La bandiera rossa viene ammainata
25 dicembre 1991, Gorbaciov dà le dimissioni in tv. L’Urss cessa di esistere
Arrivederci, bandiera rossa
poesia di Evgenij Aleksandrovič Evtušenko
Arrivederci, bandiera rossa –
dal Cremlino scivolata giù
non come ti innalzasti,
agile,
lacera,
fiera,
sotto il nostro esecrare
sul fumante Reichstag,
sebbene pure allora,
intorno all’asta, truffa si attuasse.
Arrivederci, bandiera rossa…
eri metà sorella, metà nemica.
Eri in trincea speranza
unanime d’Europa,
ma tu di rosso schermo
recingevi il Gulag
E sciagurati tanti
in tuta da carcerati.
Arrivederci, bandiera rossa.
Riposa tu,
distenditi.
E noi ricorderemo quelli
che dalle tombe
più non si leveranno.
Gl’ingannati hai condotto
al massacro,
alla strage.
Ricorderanno anche te –
ingannata tu stessa.
Arrivederci, bandiera rossa.
Non ci portasti bene.
Grondavi sangue
e te
noi col sangue togliamo
Ecco perché adesso
lacrime non ci sono da tergere,
così brutalmente sferzasti,
con le nappe scarlatte, le pupille.
Arrivederci, bandiera rossa…
il primo passo verso la libertà
lo compimmo d’impulso
sulla nostra bandiera
e su noi stessi,
nella lotta inaspriti.
Che non si calpesti di nuovo
«l’occhialuto» Živago.
Arrivederci, bandiera rossa…
Da te disserra il pugno,
che ti serra di nuovo,
ancora minacciando fratricidio,
quando all’asta
si afferra la marmaglia
o la gente affamata,
confusa dalla retorica.
Arrivederci, bandiera rossa…
Tu fluttui nei sogni,
rimasta una striscia
nel russo tricolore.
Nelle mani dell’azzurrità
e del biancore
forse il colore rosso
del sangue sarà liberato.
Arrivederci, bandiera rossa…
Guarda, nostro tricolore,
che i bari di bandiere
non barino con te!
Possibile anche per te
Sia lo stesso giudizio:
pallottole proprie e altrui
ne hanno la seta divorato?
Arrivederci, bandiera rossa…
Sin dalla nostra infanzia
noi giocavamo ai «rossi»
e i «bianchi» battevamo forte.
Noi, nati nel Paese
che più non c’è,
ma in quella Atlantide
noi eravamo,
e noi amavamo.
Arrivederci, bandiera rossa…
Ora, nel gran bazar d’Ismajlovo,
ti smerciano per pochi dollari,
alla meglio.
Io non ho preso il Palazzo d’inverno.
Non ho assaltato il Reichstag.
Non sono un «kommunjak».
Ma guardo la mia bandiera e piango.