Sindaco, partiamo dalla manovra Monti e dai suoi riflessi sugli enti locali
Guardi, si tratta di una manovra davvero molto dura e comporta l’ennesimo taglio ai trasferimenti ai comuni, che dunque dovranno recuperare altrove le risorse necessarie per salvaguardare quantità e qualità dei servizi erogati.
Dunque nulla di nuovo all’orizzonte per i comuni con il nuovo Governo Monti, dopo le 4 manovre di Tremonti
Quella del governo Monti è stata, nel 2011, la quinta manovra di tagli agli enti locali, che rimangono l’unico comparto della Pubblica Amministrazione che ha ridotto la sua spesa complessiva da 70 a 67 miliardi di euro.
Mentre altri non hanno fatto lo stesso
Io uso sempre una metafora delle formiche e delle cicale: i comuni hanno fatto molto le formiche in questi anni, assumendosi una responsabilità nell’ottica di risanare la finanza pubblica, mentre altri, come le amministrazioni centrali, hanno continuato a fare le cicale.
D’accordo Sindaco, ma la manovra non contiene proprio alcun elemento positivo?
Un aspetto positivo risiede nel fatto che il Governo Monti ha finalmente avviato la spending review delle spese centrali, una riforma vera della spesa delle amministrazioni centrali, a cui viene dunque applicato lo stesso rigore usato fino ad oggi solo con gli enti locali.
E sull’Imu (la “nuova Ici”) che idea si è fatto?
Rappresenta, come i comuni chiedevano da tempo, lo spostamento della tassazione dalle persone e dal lavoro alle cose, perché – comunque la si voglia chiamare – è una patrimoniale a tutti gli effetti. Certo non ci fa piacere che di fatto lo Stato si tenga l’intero gettito dell’imposta municipale.
Lei sull’Imu cosa avrebbe fatto al posto di Monti?
Avrei preferito che si avesse avuto il coraggio di attribuire ai comuni tutta l’imposta, superando la logica dei trasferimenti, che è vecchia, basata sulla spesa storica, per andare verso un modello di autentica autonomia in cui ognuno mette le tasse e fornisce i relativi servizi contando su risorse proprie e dove naturalmente l’equità e la coesione nazionale vengono garantite da un fondo perequativo.
A proposito di fondi, sull’utilizzo di quelli europei potrebbero aprirsi scenari interessanti anche per i Comuni
Da questo punto di vista è molto apprezzabile l’iniziativa assunta dai Ministri Barca e Profumo, tesa a sfruttare finalmente appieno i fondi di coesione territoriale, che il nostro Paese ha utilizzati nel primo quinquennio al 7-10%, percentuale più bassa dell’Unione Europa. Il Governo ha infatti previsto un miliardo all’anno per sbloccare l’utilizzo di detti fondi, con l’obiettivo di realizzare progetti che vedano anche il coinvolgimento delle città ed i cui confinanziamenti regionali saranno esclusi da patto di stabilità.
Di quest’ultimo i comuni chiedono invano da tempo l’allentamento: a che punto è la trattativa con il nuovo Governo?
Nella legge di stabilità c’è una frase che recita: «il governo si impegna a ridefinire le regole del patto di stabilità». Nutriamo molte speranze che in concreto quell’impegno possa tradursi in una revisione, in tempi molto rapidi, del patto: come voi avete segnalato e come denunciamo da tempo, la Corte dei Conti ha fatto notare quanto il patto sia perverso, perché blocca la spesa produttiva e lascia libera quella improduttiva, con il risultato che su base triennale la contrazione sugli investimenti, senza correttivi, sarà del 40%. Ciò significa paralizzare il Paese, come sta avvenendo, impedendo ai comuni che hanno basso livello di indebitamento, solidità finanziaria e patrimonializzazione, di ricominciare ad investire, nonché di dare ossigeno alle imprese in attesa di essere pagate.
E rispetto ai comuni meno virtuosi, che utilizzano male le risorse pubbliche, qual è la sua posizione, anche considerando il silenzio che su questo l’Anci ha osservato in questi anni?
Lei ha ragione, qui bisogna dire una parola chiara: le inefficienze non possono essere tollerate mai, ma men che meno in periodi così gravi come quello che stiamo vivendo. Chi non utilizza le risorse comunitarie, chi ricorrere alla finanza allegra, che riguarda non solo il Sud, ma anche il Nord del Paese, ad esempio sponsorizzando squadre di calciatori professionisti, approntando piani di investimento senza avere le coperture necessarie, credo non vada assolutamente protetto – e in nessun modo Anci lo farà – da una verifica puntuale dei propri conti: questo è il momento in cui il Paese, a tutti i livelli, deve tendere a maggiori livelli di efficienza e ad una gestione eticamente alta delle risorse pubbliche.
Quindi crede che in tanti Comuni ci sia ancora spazio per tagliare spese superflue, intervenire sulle piante organiche, eliminare inutili e costose ridondanze?
Credo di sì, c’è ancora molto da fare, in particolare per ridurre la burocrazia. I Comuni sono pronti da tempo a fare la propria parte, ma c’è da tenere presente che rappresentano uno degli anelli della filiera burocratica. Le faccio un esempio: una delle cose più burocratiche e meno efficaci riguarda l’intersecarsi delle leggi urbanistiche regionali con la legge urbanistica nazionale, che da almeno dieci anni abbisogna di una riforma. Cosicché in Germania per spostare una parete del tuo appartamento basta presentare due fogli; in Italia, invece che avere fiducia e poi andare a verificare, come fanno i tedeschi, mettiamo una serie di “cancelli” di enormi complicazioni, per cui il faldone della pratica di un cittadino tedesco è 4 pagine, mentre quello della stessa pratica di un cittadino italiano consta di 240 pagine.
Per passare da 240 a 4 pagine forse serve un chiaro disegno politico: Quando tornerà il tempo della politica al governo del Paese?
Per come intendo io la politica, che è occuparsi dei problemi concreti e provare a dargli soluzione, francamente credo che la politica sia al governo del Paese. Mi pare che il Governo Monti abbia un’agenda molto concreta e seria di temi e problemi che intende affrontare. Se però intendiamo la politica come progetto complessivo di riforma del Paese, che viene presentato agli elettori e validato dagli stessi, credo che in questo anno che ci separa dalle elezioni, le forze politiche potranno provare a costruire questo progetto organico.
Il Partito Democratico è pronto a prospettare un’idea di governo?
Io ho detto a Bersani che il Pd, a mio avviso, sta facendo le cose giuste e che in questa fase deve continuare ad avere coraggio. Il senso di responsabilità e la serietà alla fine pagheranno e quindi sono convinto che il Pd, al prossimo appuntamento elettorale, si presenterà con le carte in regola per dire che un altro Paese è possibile: un Paese serio, onesto, competitivo e solidale, che investe sulle qualità della gente comune ed onesta.
E gli strappi di Renzi pagheranno?
Lo strappo di Renzi, quando è gestito in maniera rispettosa ed intelligente – come credo che lui abbia la capacità di fare – secondo me sta dentro un progetto di rinnovamento del Paese. È fuori discussione che noi abbiamo bisogno di creare una mobilità sociale non solo in campo economico, ma anche in ambito politico: la mobilità sociale è un fatto di giustizia e opportunità per i giovani e , forse anche perché ho molti figli, sono convinto che ai giovani vadano date molte opportunità. In quest’ottica, al di là delle connotazioni polemiche, il problema che pone Renzi è stato ed è un problema vero.