Forse ne avete sentito parlare, o forse no. Nelle settimane scorse, proprio mentre noi ingrassavamo per Natale, temendo che le prossime feste saranno ben più magre, in Israele la minoranza ebraica ultraortodossa faceva un gran casino. Un vecchio ultraortodosso, in una brutta cittadina che si chiama Bet Shemesh, spinse e insultò una ragazzina di 8 anni: ebrea, ma figlia di ebrei secolari, laici. Vestita in modo indecente, è una di quelle che si mette i pantaloni. Insomma, una cosa davvero scandalosa, da lavare nella protesta pubblica, magari perfino nella violenza di un estremista dell’ultraortodossia ebraica. Per capire meglio cosa significhi questo episodio, per inquadrarlo esattamente nella portata e nel contesto, può essere utile un esercizio: trasportiamolo in Italia. È un’esercizio complicato, perché bisogna “trasportare” condizioni di contesto radicalmente diverse: ma non sprovviste di affinità, e di reciproche proiezioni.
E allora, portiamo questa storia in Italia. È la storia di un vecchio tradizionalista cattolico, in un quartiere dormitorio di una grande città del Nord Italia. In una cittadina nata dal niente, ma sulla base di una remota simbologia religiosa, dove vivono 70mila persone. Italiani, stranieri, lavoratori, piccola borghesia impiegatizia. Una ragazzina passa nel quartiere dei “bachettoni” con la minigonna. Un anziano tradizionalista cattolico la vede, tornando dalla messa, e comincia a insultarla. La spinge, le dice brutte parole, le urla che “verrà un giorno in cui il Signore si stancherà della fornicazione”.
Il troppo è troppo e subito sulle testate giornalistiche vecchie e nuove, in tv e per i bar della cittadina e di mezza Italia scoppia il finimondo. L’episodio è l’ultimo di una serie ininterrotta: e il problema non è solo della cittadina. Il problema, in realtà, è strutturale, è parte intrinseca dell’Italia come la conosciamo e viviamo nel 2012. Nel 1948, infatti, quando c’era da portare fuori l’Italia dalla guerra e dal fascismo per farla sedere al tavolo dei buoni, il clero tradizionalista fu indispensabile. Giocò un ruolo decisivo nella caduta di Mussolini e, senza quella minoranza agguerrita e compatta pari a fine Fascismo al 5% della popolazione adulta, fare la Costituzione sarebbe stato per tutti gli altri più difficile.
Lo sanno sia De Gasperi sia Togliatti: per loro e tutti gli altri farsene una ragione è necessità politica inevitabile. Così, la Costituzione, oltre a garantire un concordato speciale tra Chiesa e Stato, garantisce anche a questa minoranza una serie di privilegi davvero fuori dal Comune. E li inserisce in Costituzione. Così, i Tradizionalisti possono non lavorare, non frequentare la scuola pubblica o parificata, non pagare le tasse su niente: vivere insomma come vogliono nei loro quartieri. Il tutto, integralmente a spese degli altri, della popolazione italiana o immigrata che lavora. Nelle loro comunità i Tradizionalisti pregano e leggono il Vangelo e i commenti allo stesso tutto il giorno. Tutti i giorni. Come ieri e come domani, e così sono arrivati lungo i secoli a tramandarsi una Via di fedeltà alla tradizione da non abbandonare mai, per nessuna ragione al mondo. Chiaramente, nell’alveo della tradizione che risale a inviti come “Andate e moltiplicatevi”, fare figli è una priorità. E i Tradizionalisti si moltiplicano in fretta, fanno davvero tanti figli. Cinque volte tanto la media degli altri italiani, quasi quattro volte di più degli immigrati. Italiani e immigrati lavorano, se possono, i Tradizionalisti mangiano.
Non che mangino molto, per carità, visti i quartieri pulciosi in cui abitano e i negozi da Unione Sovietica che li popolano, ma comunque mangiano a spese di tutti. Il loro contributo di qualunque tipo al presente fatto di sfide globali è nullo. Gli estremismi culturali esterni, che rischiano di essere presto egemoni da ogni punto di vista, a loro non interessano. Il rinnovo dell’industria, delle istituzioni, della classe politica, il problema storico di un paese a tre velocità, i privilegi delle varie caste, la povertà che si mangia il fu ceto medio: tutto questo e tutto il resto non è affar loro. Loro pregano, e pregando aspettano che torni Gesù Cristo, come aveva promesso. I tempi sono maturi. Lui tornerà, meglio farsi trovare pronti visto che “non sapete né il giorno né l’ora”, come diceva Lui.
Il patto, tollerato all’inizio per necessaria Realpolitik, è diventato col passare degli anni più e più scellerato. Loro si moltiplicavano rapidamente, e nel 2011 son diventati il 10% della popolazione adulta. E mentre son diventati più numerosi, e quindi più costosi, hanno acquisito pian piano potere di veto in alcune fasi della vita pubblica. Soprattutto, hanno alzato sempre di più la cortina di separazione tra sé e il mondo. Nessuno dei loro figli va più in una scuola pubblica o cattolica parificata: e quindi nessuno mai, più, lascia la comunità dei Tradizionalisti crescendo. Atti aggressivi, secondo alcuni sondaggi, sono giustificati nei confronti del “laicismo relativista imperante” per il 20% di loro. Circa 100mila italiani, nell’Italia di oggi, ritengono dunque che strattonare una bambina vestita con la minigonna non sia illegittimo, ed anzi si dicono “pronti a farlo quando serve”. Osservano così la propria morale, che per i Tradizionalisti conta molto più di qualunque legge dello stato. Come si vede, una penetrazione culturale in questi mondi, in queste menti, è improbabile e richiederebbe risorse inimmaginabili. Si può agire però con la forza. Basta – il partito politico della “Nuova Destra” lo dice ormai da anni – tagliare i viveri.
“Non lavorano, non fanno il servizio militare, non pagano le tasse ma si ciucciano le nostre per far crescere ,” ha detto una volta il leader di Nd “perchè mai dovrebbero farci pietà?”. Il programma è semplice: se tagliamo i fondi i Tradizionalisti si estingueranno nel giro di poche generazioni. Oppure, qualche ricca comunità di Tradizionalisti che stanno in giro per il mondo, potranno decidere di aiutare i loro fratelli e Maestri italiani. O potrà decidere di farlo perfino Santa Madre Chiesa in persona. “Comunque sia, mai più un euro delle nostre tasse per i Tradizionalisti”.
Solo che poi quando si vota i Tradizionalisti si ricordano di colpo che sono cittadini. E vanno a votare, piuttosto compatti, per pesare in un sistema proporzionale. E nella confusione istituzionale, tra qualche pressione della Chiesa di cui i Tradizionalisti son pur sempre una costola mai scomunicata. E quando le proposte di legge sul taglio di viveri arrivano davvero in Parlamento, l’opinione pubblica, che sembrava esasperata da questi lembi di XIX secolo, si trova sempre un po’ più divisa di come pensava. Un parente o un ricordo di matrice Tradizionalista, in casa, ce l’hanno molti italiani. Le parole di una nonna, di un vecchio parroco, di una suora burbera ma di cuore tornano fuori. E così i Tradizionalisti italiani restano lì, a ciucciarsi le tasse di tutti aggredendo culturalmente o fisicamente di tanto in tanto qualcuno. In Italia si vive ciascuno come gli va, e sicuramente tutti un po’ come si può, ma i miliardi spesa pubblica spesi per tenere viva una Tradizione sempre più remota a tratti pesano. Soprattutto quando la strozzatura del debito pubblico impone a tutti di imparare cosa vuol dire spread, e di tirare la cinghia.
È, ovviamente, una storia piena di analogie imperfette, quella che abbiamo usato per provare a capire cosa sia la “questione ultraortodossa” in Israele. Per provare a comprendere cosa singifichi che un giovane-vecchio barbuto spinge una bimba perché porta i pantaloni, abbiamo dovuto immaginare un’altra storia, un diverso rapporto tra cattolicesimo e identità italiana. Ma abbiamo svolto questo esercizio assai imperfetto, perché serve a capire, nel 2012 della piena globalizzazione e di una crisi di modello di sviluppo globale, cosa sia una minoranza. E quanto male possa fare, a tutti, se non ha voglia o strumenti per capire che il mondo si è fatto troppo complesso per fare confusione tra privilegi e diritti, e tra tradizione e diritto.
Ebrei ultraortodossi in preghiera (Afp)
Discussione fra laici e ebrei ultraortossi (Afp)
Intervento della polizia ad una protesta di ebrei ultraortodossi (Afp)
Un cartello ad una manifestazione che chiede la separazione fra uomini e donne (Afp)