Gli operai Usa ora votano per il “capitalista” Romney

Gli operai Usa ora votano per il "capitalista" Romney

CHARLESTON (CAROLINA DEL SUD) – Da governatore del Massachusetts era un repubblicano moderato, sostenitore di posizioni filo-abortiste e ideatore di una riforma sanitaria a cui poi si è ispirato il presidente Barack Obama, democratico. Oggi Mitt Romney, lanciato verso l’investitura a sfidante repubblicano di Obama nelle elezioni presidenziali di novembre, si ripropone nella veste di affidabile conservatore, e finora gli è andata piuttosto bene. Le due affermazioni, in Iowa (di misura) e New Hampshire (con un ampio margine) non sono cosa da poco: un candidato repubblicano non riusciva nell’impresa dal 1976.

Adesso la prova del nove della sua operazione di maquillage sarà nella Carolina del Sud, un terreno per Romney più ostico del New Hampshire perché è uno Stato contraddistinto da un conservatorismo coriaceo. Qui i candidati più di destra – l’ex presidente della camera dei rappresentanti Newt Gingrich, l’ex sentore per lo Stato della Pennsylvania Rick Santorum e il governatore del Texas Rick Perry – lo attaccano duramente su almeno tre fronti.

Primo aspetto sono le sue credenziali di creatore di occupazione. Fino a questo punto Romney si è presentato agli elettori come l’imprenditore prestato alla politica (non un politico di professione come Gingrich, Santorum, Perry e Ron Paul) l’amministratore delegato che sa creare posti di lavoro perché lo ha fatto nel settore privato, per esempio quando era gestore e proprietario del fondo di investimenti Bain Capital. Il messaggio è stato salutato positivamente dal mondo dell’impresa e da Wall Street, che in larga misura lo sostengono. Ma ora, alla vigilia della decisiva sfida della South Carolina, dove con un tasso di disoccupazione al 9,9% il tema della creazione di impiego è particolarmente sentito, Romney viene accusato di essere un “job-killer”, di non aver fatto altro che licenziare, quando era a Bain Capital dal 1984 al 1999. Con un aggravante: essersi arricchito alle spalle dei poveracci lasciati a casa (il Wall Street Journal parla di 190-250 milioni di dollari). Romney si difende spiegando che pur avendo dovuto tagliare personale, alla fine il saldo netto dei posti di lavoro generati e’ stato pari alle 100 mila unità.

Il secondo argomento su cui puntano candidati come Gingrich, Santorum e Perry sono le posizioni filoabortiste, o perlomeno non contrarie all’aborto, tenute in passato da Romney. L’ex governatore del Massachusetts ha già chiarito di aver cambiato idea al riguardo, così come fece a suo tempo Ronald Reagan, ma certamente il fronte conservatore tenterà di erodere il suo consenso giocando anche questa carta.

Terzo fronte su cui Romney dovrà difendersi è la sua fede mormona.«La sua religione costituisce un punto interrogativo per la comunità evangelica» ci ha detto Franklin Graham, figlio del famoso predicatore battista della Carolina del Sud Billy Graham. «Per la maggior parte dei cristiani il mormonismo presenta aspetti controversi».

Eppure, benché in una settimana tutto possa ancora cambiare, allo stato attuale nessuno dei candidati conservatori pare impensierire seriamente Romney, avanti nei sondaggi di 7 punti su Gingrich e di 11 su Santorum. La destra religiosa non ha scelto un candidato unitario: Gingrich, Santorum e Perry potrebbero finire per frammentare il voto evangelico spianando la strada per una nuova affermazione di Romney, sia pure risicata. Tra questi Gingrich appare quello più tonico: furente per gli spot negativi diffusi da un comitato di sostegno elettorale vicino a Romney e forte di un lauto finanziamento del magnate dei casinò Sheldon Adelson è pronto ad attaccare Romney a 360 gradi. Santorum punta sui temi religiosi e tenta di bissare l’exploit dell’Iowa. Perry naviga nei bassifondi dei sondaggi ed è letteralmente all’ultima spiaggia.

Il dottor Ron Paul, giunto terzo in Iowa e secondo in New Hampshire, non giocherà in casa nella conservatrice South Carolina. Finora Paul ha avuto un ottimo riscontro: è molto popolare tra i giovani delusi da Obama e in vasti settori della classe media, inferociti, per esempio, per il salvataggio delle banche a spese dei contribuenti. Ma le sue posizioni estreme lo rendono pressoché ineleggibile. Il settantaseienne deputato texano coniuga la protesta di destra a quella di sinistra. È sia portabandiera di alcune delle più ricorrenti sollecitazioni del movimento Occupy Wall Street (abolizione della Banca centrale americana e no a tutte le guerre) sia di istanze degli ultraconservatori dei Tea Party (riduzione all’osso dello stato sociale, no a qualsiasi ruolo dello Stato nella vita del cittadino). Alla fine il suo bacino di voti potrebbe rivelarsi l’ago della bilancia nella sfida tra Obama e il repubblicano che verrà scelto come suo avversario.

Jon Huntsman, il moderato ex governatore dello Utah ed ex ambasciatore in Cina, terzo in New Hampshire, in South Carolina è un pesce fuor d’acqua e dichiara lui stesso di avere poche illusioni.

Insomma, le molteplici debolezze dei suoi rivali lasciano ben sperare Romney il quale può contare su endorsement importanti come quello di John McCain e del governatore della Carolina del Sud, Nikki Haley, finanziamenti copiosi (24 milioni di dollari solo nell’ultimo trimestre) e una macchina organizzativa oliata. Romney appare ben piazzato anche nelle primarie successive alla South Carolina, quelle in Florida, Arizona, Michigan e Nevada. Quattro anni fa finì secondo in Florida e Arizona dietro a John McCain (poi vincitore della nomination) e prevalse in Michigan e Nevada.

Più che guardarsi le spalle dagli avversari in corsa forse Romney teme quelli che potrebbero arrivare. Il 58% degli elettori repubblicani vorrebbe un candidato diverso da quelli in campo al momento, secondo un recente sondaggio della televisione Cbs. Il che sottolinea come nonostante il trionfo del New Hampshire e le probabili affermazioni future, Romney non ha ancora conquistato i cuori dei repubblicani.

Di questi tempi Obama guarda alla sfida repubblicana con qualche motivo per essere ottimista. I dati dell’economia, terreno sul quale si giocheranno le elezioni, sono incoraggianti. Proprio qualche giorno fa il tasso di disoccupazione e’ lievemente sceso all’8.5%, una percentuale sempre molto alta, ma migliore di qualche mese fa. Detto questo, negli ambienti democratici l’ascesa di Romney viene vista con qualche timore: il suo profilo di “conservatore-ma-anche-moderato” e uomo fortemente pro-business, gli consente di attrarre voti nel bacino dei centristi.

In vista di un eventuale duello con Obama, cruciale sarà per Romney, come sta già facendo qui in South Carolina, difendere il suo operato alla  Bain, fugando le ombre legate ai licenziamenti facili di cui è accusato da Gingrich. Romney dovrà calibrare il suo messaggio per un elettorato repubblicano profondamente mutato negli ultimi anni. Se un tempo il Grand Old Party era sostenuto principalmente da colletti bianchi – professionisti, impiegati e manager – oggi tra i repubblicani vi sono sempre più colletti blu, persone che svolgono lavori manuali e tecnici. Gli americani che si definiscono colletti blu sono oggi addirittura più propensi a votare per il partito repubblicano piuttosto che per quello democratico. E alla domanda ‘chi ha causato la crisi economica’ i repubblicani rispondono “Wall Street” esattamente come gli elettori democratici, stando a un recente sondaggio Wall Street Journal/Nbc News.

È in questo contesto, di un partito repubblicano sempre più populista e frequentato da elettori centristi, che un suo esponente di lungo corso, Newt Gingrich, può permettersi di accusare Romney di essere niente meno che un avido “capitalista”. Il camaleontico Romney contrattacca pacatamente, ma forte dell’inadeguatezza dei suoi avversari non sembra curarsene troppo.

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