In un periodo della sua vita anche Mitt Romney, come tanti suoi correligionari, ha indossato una camicia bianca immacolata, ha annodato al collo una cravatta, si è attaccato al petto una targhetta con il proprio nome ed è andato per le strade del mondo a fare il missionario della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Era il 1966, Romney aveva solo 19 anni, e accadde in Francia. Nel maggio di quell’anno arrivò a Le Havre, poi fece il missionario a Nantes, dove una volta fu picchiato mentre cercava di difendere due sue amiche missionarie importunate da un’orda di rugbysti locali. Quindi si spostò a Bordeaux dove, fedele al suo credo che impone la sobrietà, Romney non poté assaggiare i rinomati vini locali. Infine approdò a Parigi, e lì concluse i suoi 30 mesi di missione.
In seguito Romney ha avuto incarichi di responsabilità all’interno della Chiesa, ma il suo essere mormone non ha troppo caratterizzato la sua carriera politica. In genere i mormoni hanno sempre tenuto un profilo basso in politica e la loro influenza è stata molto ridotta, soprattutto rispetto al peso e all’invadenza degli evangelici. In genere la Chiesa dei mormoni non interferisce nelle vicende politiche, forse memore di quando, fra il 1857 e il 1858 il presidente James Buchanan mandò l’esercito a sedare una ribellione di mormoni nello stato dello Utah. Solo nel 2008 i mormoni fecero sentire la loro voce per appoggiare pubblicamente la Proposition 8, un movimento nato in California contro il matrimonio fra omosessuali. Ma la realtà è che nello schieramento dei candidati repubblicani alla nomination, oggi Mitt Romney appare il più moderato e meno estremista. Così come Jon Huntsman, l’altro candidato repubblicano mormone, arrivato terzo nelle primarie del New Hampshire.
L’ascesa di Mitt Romney come il più credibile aspirante alla nomination fra i repubblicani coincide con una massiccia campagna di propaganda da parte della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, che negli Stati Uniti rappresenta la quarta confessione religiosa per numero di praticanti. Partita l’ottobre scorso, la campagna proseguirà fino a marzo e ha come slogan “I am a Mormon”, sono un mormone. Attraverso spot televisivi, messaggi via internet, siti dedicati, video su YouTube, cartelloni pubblicitari sui muri e sulle fiancate degli autobus, la campagna vuole far meglio conoscere sia la Chiesa sia i suoi fedeli.
«I nostri missionari sono noti per bussare alle porte e condividere il vangelo di Gesù Cristo, ora i mormoni, tramite il sito Mormon.org, bussano alle porte attraverso internet e la gente può chiederci informazioni sulla nostra fede», dice Elder Davis Evans, direttore esecutivo del dipartimento missionario della Chiesa. «Molti americani non hanno familiarità con la nostra religione e a volte possono esserci dei fraintendimenti, perciò il miglior modo di conoscere i mormoni è incontrarli personalmente e la nostra campagna vuole favorire questi incontri», aggiunge Evans. Molte le domande poste ai mormoni. Tra le più frequenti: siete cristiani? La preghiera quanto conta per voi? Perché non bevete tè, caffé e alcolici? Credete alla Bibbia?
L’annuncio “I am a Mormon” lo ha fatto anche Brandon Flowers, popolare cantante e tastierista del gruppo rock dal nome poco evangelico di The Killers. Il trentenne di Las Vegas non ha certo l’aria del missionario, ma è un bel ragazzo con il volto pulito e uno di quei sorrisi che manda in estasi le teen-agers. In un video di quattro minuti Flowers si racconta, mostra immagini dei suoi concerti e della sala di incisione, si presenta con indosso una colorata camicia a quadri, accanto alla moglie in compagnia dei due figli piccoli. Uno spot da Family day, che si chiude con la dichiarazione: “Il mio nome è Brandon Flowers, sono un padre, un marito e sono un mormone”.
Una immagine un po’ differente dei mormoni, pur senza fare riferimenti espliciti alla religione, l’ha offerta invece una serie televisiva di successo: “Big Love”. Trasmessa dal marzo 2006 al marzo del 2011 sul network via cavo HBO (poi ripresa anche in Italia), la serie mostra le vicende di Bill Henrickson, un imprenditore poligamo, con tre mogli e sette figli. Le autorità della Chiesa che ha il suo quartier generale a Salt Lake City hanno sempre guardato con sospetto a “Big Love” perché la poligamia viene generalmente attribuita ai mormoni, anche se di fatto è praticata da una modesta minoranza di fondamentalisti. Non sono mancate polemiche su alcuni episodi della serie in cui si alludeva in modo più esplicito ai legami fra il protagonista e i mormoni e in un comunicato ufficiale la Chiesa mormone ha bollato “Big Love” come un “inutile entertainment”.
Intanto anche in Italia i mormoni si preparano ad avere maggiore visibilità. Il 23 ottobre scorso è cominciata la costruzione del tempio mormone di Roma, che sarà anche il primo in Italia. La struttura sorgerà alle porte della capitale, a Settebagni, ed oltre al tempio prevede un edificio polifunzionale (centro culturale e sala per conferenze), un centro visitatori, un centro genealogico e un ostello. Il primo tempio italiano sarà il dodicesimo in Europa e si aggiunge ai 135 templi già aperti nel mondo. In Italia i fedeli della Chiesa mormone sono 24 mila, un numero marginale rispetto ai 450 mila in Europa e agli oltre 14 milioni sparsi in tutto il mondo.