Nei giorni di festa gli outlet diventano la meta di tanti. Anche perché sono organizzati in modo da offrire risposte commerciali alle esigenze complessive (orari compresi) dei consumatori del nostro tempo. È la forma più sofisticata e diffusa nella quale si compenetra il capitalismo moderno di produzione e di generalizzato consumo. Ma è una modernità matura che ritorna paradossalmente al più antico, in quanto soddisfa la spinta universale e perenne dell’essere umano nel suo desiderio di incontro, di scambio e di possesso. Come accadeva nel Medioevo.
Infatti ormai gli storici dell’economia retrodatano l’inizio del capitalismo ai “secoli bui” quando si affermano, in contrapposizione all’immobile società feudale, le condizioni dell’accumulo dei beni e del loro commercio. Questo avveniva intorno alle città e alle fiere organizzate nei giorni di festa. La festa dedicata al Santo Patrono, che, oltre alla solenne cerimonia religiosa nella cattedrale, sviluppava nei dintorni il mercato, i punti di vendita, le fiere del bestiame, le mescite e perfino i tollerati bordelli. E una città cresceva nel prestigio e nella ricchezza se aveva un Santo popolare e prestigioso o una cattedrale particolarmente imponente, vanto di una comunità e attrattiva per un vasto territorio.
Le città in tutta Europa si sono affermate così. E Milano è stata riverita e rispettata soprattutto perché “aveva i Re Magi”. Il corteo storico in costume che attraversa il centro nel giorno dell’Epifania da Porta Ticinese a Piazza Duomo ne è l’ultimo, turistico ricordo.
Tutto nasce nell’anno 344, quando in una delle capitali dell’Impero Romano (dove Costantino aveva emesso quell’Editto di cui si celebrerà il 1700° anniversario nel 2013 e che riconosceva la piena libertà alla religione cristiana fino ad allora duramente perseguitata), giunge un convoglio proveniente da Costantinopoli guidato dal vescovo Eustorgio che porta una pesantissima arca di pietra che contiene le reliquie dei tre Re Magi.
Narrano le leggende che durante il lungo viaggio nelle foreste balcaniche un branco di lupi avesse sbranato le coppie di buoi che trascinavano il carro con il sarcofago: ma il santo vescovo milanese li aveva ammansiti al punto da legarli al tiro da soma. Quando l’arca trascinata dai lupi giunse a Milano si impantanò negli acquitrini di Porta Ticinese e lì si fermò per sempre. E proprio in quel luogo sorse la splendida basilica (di Sant’Eustorgio appunto) che conserva tutt’ora in una cappella laterale l’enorme sarcofago di pietra e inalbera sul campanile non una croce, ma la stella cometa.
Da allora per Milano, ulteriormente rilanciata da lì a qualche anno dall’impronta universale del vescovo Ambrogio, i Re Magi costituiscono un legame e un onore speciale. Da Sant’Eustorgio avviene per tradizione l’ingresso solenne di ogni nuovo arcivescovo (anche se da Martini in poi non si aspetta più il 6gennaio) e intorno alla basilica nell’Epifania è festa di mercatini , di bancarelle e di traffici di tutta l’area del quartiere Ticinese.
Anche se i Re Magi non ci sono più da tanto tempo: li ha ciulati Federico Barbarossa, quando distrusse la città nel 1162 e affidò le preziose reliquie al cancelliere dell’Impero, Rainaldo di Vessel, nominato dall’antipapa fedele con l’Imperatore scomunicato vescovo di Colonia. E nel Duomo di Colonia sono tutt’ora venerati in una teca d’oro e cristallo. La diocesi ambrosiana non è mai riuscita a farsi restituire i Re Magi, tranne minuscoli frammenti ottenuti a fatica dal cardinal Ferrari nel 1904.
Eppure, magari perché non ci sono, i Magi conservano per Milano un fascino e una nostalgia che non si dimentica: in fondo è “colpa loro” se la città diventò tutta intera il primo, ante litteram, out-let della Storia.