“La Corte doveva osare, il Parlamento non farà nulla”

“La Corte doveva osare, il Parlamento non farà nulla”

Doppia bocciatura per i quesiti referendari, Professore: se l’aspettava?
In attesa di poter leggere le motivazioni della pronuncia, di certo si chiedeva alla Corte, sostanzialmente, di superare l’assai restrittiva giurisprudenza sul tema. Fatto in sé mai semplice, soprattutto in materia elettorale. Avevo ben chiaro da luglio dell’anno scorso, che la sfida fosse tutta in salita. Tuttavia, volere o volare, in attesa dell’intervento del Parlamento, non vi erano alternative che promuovere un referendum abrogativo contro questa pessima legge elettorale. Se vuole, un po’ spes contra spem.

Immagino quindi sia grande la delusione
Certo, ma questa battaglia di civiltà meritava il nostro impegno civile, anche perché uno studioso, un costituzionalista, non può non sentire un moto interiore di profonda irritazione rispetto a questa legge elettorale.

Non è che i giudici hanno avuto poco coraggio da un punto di vista squisitamente giuridico?
Può darsi, sebbene non saprei in senso stretto senza lettura delle motivazioni. Di certo, si può dire che, per una Corte costituzionale che non è dotata né di dissenting opinion né di concurring opinion come altre Corti straniere, cambiare radicalmente la propria giurisprudenza richiede una spinta ed un forza non banale. Soprattutto se il contesto – la Corte stessa è parte di un contesto politico-istituzionale – non ha granché interesse a contribuire a creare un “clima” favorevole alla maturazione di un cambiamento in tal senso.

Quindi possono aver pesato anche considerazioni di tipo “politico”, vista la delicata transizione che stiamo vivendo?
Non certamente nella Camera di Consiglio della Corte, dove contano solo le ragioni del diritto. Fuori dalla Corte, mi pare, invece, che non si sia percepito fino in fondo il senso di questo referendum, nonostante l’imponente numero delle firme raccolte, a testimonianza invece dell’ampio valore sociale e civico della nostra iniziativa.

La palla torna dunque nelle mani del Parlamento, considerando che Monti ha chiarito come della cosa non se ne voglia occupare: con quali prospettive a suo avviso?
Senza un vincolo esterno a premere per una decisione sul tema, oggettivamente, è tutto più difficile. Così come senza la lettera della Bce dubito che avremmo fatto le riforme economiche che ci stanno riportando, grazie al Governo Monti, in carreggiata. Insomma, l’effetto politico della sentenza della Corte è evidentemente un invito ulteriore alla responsabilità, a partire da quelle forze politiche che hanno sostenuto la raccolta delle firme in Parlamento. Mi auguro che il Parlamento sappia cogliere questa grande opportunità.

Quanto è forte il rischio che l’accordo tra i principali partiti sia al ribasso e si archivi definitivamente la stagione del bipolarismo all’italiana e dunque non privo di imperfezioni?
I rischi in questi casi ci sono sempre. Tuttavia, mi pare che le condizioni per un bipolarismo maturo ormai incominciano ad emergere con forza. Tanto il Pd tanto il Pdl sono due partiti del bipolarismo. Se cedono a formule neocentriste, saranno i primi a pagare l’errore di quella scelta.

Lei che legge elettorale si augura che il Parlamento “partorisca” per restituire agli elettori il diritto di scegliere i propri rappresentanti?
Il mio favore va per una legge elettorale che consenta agli elettori di potersi scegliere gli eletti, che viva di trasparenza, selettività e responsabilità. E una legge elettorale di esito maggioritario ha intrinsecamente queste caratteristiche. Mi auguro che il Parlamento, a partire dai due maggiori partiti, sappia cogliere la sfida che 1.200.000 mila firme hanno espresso.

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