Pong, il videogioco ha 40 anni e li porta benissimo

Pong, il videogioco ha 40 anni e li porta benissimo

Pochi lo sanno, ma uno dei business più ricchi del pianeta è stato concepito a una fermata dell’autobus a New York.
È l’autunno del 1966, e l’ingegnere Ralph H. Baer (un ebreo tedesco fuggito, adolescente, dalla Germania di Hitler) sta aspettando un collega, quando ha un’illuminazione: creare un gioco televisivo. Cioè visualizzabile sullo schermo di una tv, allora l’elettrodomestico di gran lunga più popolare: già 60 milioni di case americane lo ostentano, quasi sempre in salotto.
Poche settimane dopo nasce un chase game, Fox and Hounds. Un videogioco rudimentale, che qualsiasi teenager moderno disdegnerebbe. Eppure Fox and Hounds piace molto al datore di lavoro di Baer, l’azienda di tecnologia militare Sanders Associates. E così, grazie al sostegno del complesso militare-industriale americano (il copyright è del presidente Dwight Eisenhower) l’industria del videogame può muovere i suoi primi passi.

Fox and Hounds non è il primo videogioco della storia. Nel 1947 due ingegneri americani si erano ispirati agli schermi radar della Seconda guerra mondiale per creare un giochino elettronico estremamente semplice. E costoso. E quindi non commercializzabile.
Cinque anni dopo era stato il turno degli inglesi, con OXO. Una sorta di tris semplicissimo, ma capace di entusiasmare i ricercatori di Cambridge. Purtroppo per giocare a OXO serviva il supercomputer EDSAC, e siccome EDSAC lo aveva solo l’Università di Cambridge, la diffusione di OXO era stata pari a zero.
Nel 1958 il fisico americano William Higinbotham aveva realizzato Tennis for two, che come display usava un oscilloscopio. Pochi anni dopo, al MIT, alcuni programmatori avevano creato, un po’ per gioco un po’ per interesse scientifico, Spacewar!, videogame che girava su un costosissimo PDP-1. Naturalmente pure Spacewar! non era destinato a una grandissima diffusione.
Grazie a Ralph Baer e al suo Fox and Hounds, invece, i videogiochi iniziano quel percorso che li avrebbe trasformati in un passatempo globale, amato da milioni di persone, e con un giro di affari superiore a quello di Hollywood.
Nel 1967 Baer costruisce la Brown Box, la prima proto-console della storia: ci si può giocare il ping-pong, il volley, il golf, il tiro al bersaglio e dei quiz. È la società Magnavox a decidere di commercializzarla, con il nome classicheggiante di Odyssey.

Nel maggio del 1972, a un’esposizione nella città californiana di Burlingame (quando si dice nomen omen), la Odyssey cattura l’attenzione di un certo Nolan Bushnell. Giovane ingegnere dello Utah, Bushnell è il tipico scienziato-imprenditore dell’epoca. L’anno prima ha prodotto, con un’azienda di Mountain View chiamata Nutting Associates, Computer Space. Non è stato un successo, ma Bushnell non è tipo da tirarsi indietro. Intuisce subito le potenzialità del videogioco del ping-pong. Insieme ad Alan Alcorn realizza Pong, videogioco dalla grafica essenziale, così semplice da giocare che pure un bambino può appassionarsi.
E in effetti Pong è il primo videogioco arcade (cioè a gettoni) di successo. I bar e le sale-giochi che lo possiedono si riempiono di ragazzini. È una moda che dilaga, dando inizio all’industria dei videogiochi arcade. E lanciando la società di Bushnell, la Atari. Che in breve diventa leader nel settore, e uno dei motori dell’industria videoludica mondiale. Il logo dell’azienda compare, dieci anni dopo, persino nel film cult Blade Runner. 

A Pong seguono un gran numero di splendidi videogiochi arcade, tra cui spiccano i famosissimi Space Invaders e Pac-Man, entrambi nipponici. Anche Donkey Kong, celebre personaggio dei videogiochi Nintendo, fa la sua prima apparizione proprio in quegli anni, in un titolo arcade in cui compare perfino una delle figure iconiche dell’universo videoludico: il baffuto Mario.
Oggi, quarant’anni dopo Pong, i videogiochi hanno completamente cambiato pelle. Il loro scopo rimane quello di divertire l’utenza, certo. Tuttavia sembra impossibile che un titolo come Virtua Tennis 4 possa avere un qualche legame di parentela con il vecchio titolo Atari. Così come suona incredibile che Call of Duty: Modern Warfare 3 abbia le sue radici nell’idea di un ingegnere che aspettava un collega alla fermata dell’autobus. 

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