Mario Monti preferisce fare il professore. Preferisce spiegare, spiegarsi, e far capire il contesto in cui deve agire da Primo Ministro. A domanda risponde da professore. O a domanda non risponde, da politico. Spiega anche questo, Monti: “In passato i governi hanno avuto un troppo alto senso del dover comunicare. Preferisco prendermi qualche minuto”. Va bene. Giusto non assecondare i ritmi vorticosi della comunicazione che obbliga al “breve termine”, seguendo quelli un po’ isterici della “finanza”, che Monti non ha peraltro mancato di criticare. Giusto anche rivendicare il diritto di essere evasivi, in una trasmissione televisiva, mostrandosi poi molto preparati e mediamente rassicuranti sul destino dell’economia mondiale e nazionale, sul debito pubblico e il futuro dell’euro.
Il Monti comunicatore e professore, insomma, continua a piacere e complessivamente, al di là di sarcasmi e ironie, sembra ancora godere di un benefit che non è merito suo, ma nemmeno sua colpa, cioè il recente passato. Anche nelle battute di Luciana Litizzetto, che compare come al solito a fine trasmissione, si interpreta bene un sentimento comune: Monti sarà tante cose, ma sicuramente è anche una persona seria, preparata, coscienziosa rispetto al destino dell’Italia. Parla di cose che sa, facendole capire a tutti. A far bella figura dopo il finale farsesco di un passato tutto italiano ci vuole anche poco. Sottovaluta, o fa finta di sottovalutare, il malcontento che i suoi interventi di politica fiscale hanno suscitato, perché sa di avere davanti un compito complesso che non ha bisogno di altre rotture immediate. Così, sull’articolo 18, sul suo futuro di politico, perfino su un altro eventuale aumento dell’Iva o sul bisogno di una nuova manovra glissa, svicola, rilancia e si irrigidisce un po’.
Ci sta tutto, non ci scandalizza. Ora però è il momento di agire, di fare. Di scoprire le carte con parti sociali e paese e di dire davvero che Italia si ha in mente e come si intende realizzarla. La coperta è più corta che mai, ed è inutile pensare di tirarla di qua o di là senza che se ne accorga chi resta scoperto. Il mercato del lavoro è un’espressione vaga; la parola “privilegio” non piace a nessuno perchè tutti negano di averne; i “giovani” meritano sempre comprensione e risorse. Ma tutto questo ha una concretezza, potenzialmente una dolorosità e insieme un’opportunità di sviluppo che l’economista Monti conosce bene. E il politico Monti deve dichiarare e poi perseguire, nel perimetro di una politica e di una “coalizione” che dovrà, semmai, prendersi la responsabilità di discutere e rigettare anche fino alla rottura.
Così va la vita, e così va la politica. Di governi più o meno votati alla comunicazione l’Italia ne ha avuti tanti di recente. Nessuno ha lasciato il segno di un cambiamento profondo, o di grandi riforme che riconoscevano gli errori del passato statalista, evocato stasera proprio da Monti. Insomma, Monti faccia, proponga, spinga su una visione che ritiene giusta confrontandosi col “paese reale“, che esiste al di là della trita definizione giornalistica. Nel servire così davvero l’Italia, servirà anche il nostro sistema politico, e lo obbligherà a ridisegnarsi in base a interessi, storie e sensibilità rappresentate. Anche di questo c’è bisogno: perché un giorno la parola tornerà a noi, i cittadini elettori. Lo sappiamo tutti e Monti per primo. Tanto vale non perdere tempo, visto che al massimo resta un anno, e non certo dei più facili. Poi sarà solo campagna elettorale.