Un milione di posti di lavoro? No, di tessere (gonfiate) Pdl

Un milione di posti di lavoro? No, di tessere (gonfiate) Pdl

«Stavolta qualcuno ha voluto strafare. C’è gente che ha portato venticinquemila tessere, più delle preferenze che prende alle elezioni. Quando controlleremo le liste degli iscritti ci troveremo dentro anche i morti». Il Pdl romano si prepara al congresso provinciale e il senatore Domenico Gramazio accusa i colleghi di partito. Nonostante la data dell’appuntamento non sia stata ancora decisa – il segretario Angelino Alfano dovrebbe convocare l’assemblea per la metà di febbraio – a tenere banco è la polemica sui tesseramenti gonfiati. Nella Capitale, ma non solo. A Vicenza la procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta su un episodio analogo. Tra le oltre 16mila tessere sottoscritte in autunno ce ne sarebbero alcune intestate a cittadini all’oscuro di tutto. In alcuni casi si tratta di dirigenti locali della Lega e dell’Udc. Stessa storia a Savona, in Liguria. Il Secolo XIX ha raccontato la vicenda del consigliere comunale del Pd Reginaldo Vignola, finito con sorpresa tra gli oltre 2.700 tesserati pidiellini della provincia.

Lo scorso novembre la campagna di tesseramento del Popolo della libertà si era chiusa con un risultato eccezionale. Oltre un milione di iscritti. «Questa è la miglior dimostrazione che il nostro non è un partito di plastica», avevano esultato i dirigenti berlusconiani. Numeri effettivamente alti, considerando che il tesseramento del 2010 non aveva superato le 300mila unità. Oggi su quell’inatteso successo monta la polemica. Anche, soprattutto, all’interno del partito. «Magari ci fossero i signori delle tessere. Qui sono rimasti solo i banditi», racconta indignato un esponente di primo piano del Pdl lombardo. Vista dal Nord, la vicenda del tesseramento resta un mistero. Tra i berlusconiani milanesi gira un interrogativo. Va bene i casi di Savona e Vicenza, ma come è possibile che a fronte di un milione di tessere, quasi cinquecentomila siano state raccolte solo nel Lazio e in Campania? «Roba da prima Repubblica – alza la voce il pidiellino – Non voglio nemmeno immaginare cosa c’è dietro».

Quali sono le cifre ufficiali? «Al momento non ci sono ancora dati precisi» racconta il deputato Francesco Biava, uno dei due responsabili del tesseramento Pdl. «Ci stiamo ancora lavorando. A livello nazionale siamo vicini a un milione e centomila tessere». Verificare l’identità di tutti i tesserati è un lavoro lungo e difficile. «Per motivi di privacy non è possibile visionare le liste – spiega ancora Biava – Ma gli elenchi non sono segreti. Sono a disposizione degli iscritti, come in qualunque associazione. Il controllo, in ogni caso, spetta ai presidenti provinciali». E dire che per evitare raggiri e furberie, nel quartier generale del Pdl avevano studiato un meccanismo piuttosto complesso. «Per iscriversi – spiega Biava – era necessario presentare un modulo firmato, un documento di identità e la ricevuta del pagamento effettuato». Già, perché per tesserarsi e poter partecipare ai congressi locali era necessario pagare una quota. Minimo dieci euro per acquisire lo status di aderente (che dà diritto al voto attivo ma non passivo). Cinquanta euro per gli associati. Mille per chi riveste ruoli istituzionali, dai parlamentari ai consiglieri regionali. 

«E il problema è stato proprio questo» racconta ancora il deputato lombardo, uno dei tanti pidiellini a criticare il sistema adottato. «Stabilire una quota di dieci euro a tessera ha favorito l’acquisto massiccio da parte dei capibastone». Con conseguenze spesso imbarazzanti. C’è chi parla di centinaia di tessere arrivate a Roma già impacchettate, chi racconta di costosissime campagne elettorali. «Qualcuno ha già organizzato gite con pullman e pranzo pagato in occasione dei congressi provinciali». Truffa o malcostume? «Effettivamente – riconosce Biava – abbiamo ricevuto una serie di domande di iscrizione prive dei documenti di identità. Al momento però le consideriamo in sospeso. Sono poche, anche se non abbiamo stime precise». Anche il dirigente pidiellino ammette: «È probabile che qualcuno abbia giocato per sballare un po’ i numeri». L’obiettivo? Sovrastimare il proprio potere elettorale prima dei congressi, per cercare un accordo politico con gli avversari prima delle votazioni. 

E poi c’è il timore delle infiltrazioni. «In alcune realtà – racconta un deputato – c’è chi parla di tesseramenti di dubbia provenienza. Specie al Nord». Il riferimento è alla criminalità organizzata. Ipotesi tutta da dimostrare. Anche se è chiaro che da un appuntamento politico di questo tipo la criminalità organizzata potrebbe ottenere indubbi vantaggi. Il motivo è semplice. Durante i congressi che si celebreranno questo inverno saranno eletti i coordinatori provinciali del Pdl. E cioè i dirigenti che parteciperanno alla selezione dei prossimi candidati sindaci. Contatti vitali per tutte quelle organizzazioni malavitose che hanno interessi economici in settori legati al territorio. Come il mondo dell’edilizia. Biava nega ogni possibilità. «Salvo pochissime eccezioni – racconta – lo statuto prevede che ogni tesserato possa votare solo nella provincia in cui risiede. Da questo punto di vista non c’è alcun rischio di infiltrazioni».

Intanto nel partito si riapre la lotta – mai del tutto sopita – tra ex An e berlusconiani. E i più preoccupati sono proprio i parlamentari un tempo di Forza Italia. Temono lo storico attivismo dei colleghi, abituati a fare politica “porta a porta” e a raccogliere consensi sul territorio. Un caso esemplare è quello di Ferrara, una delle poche realtà dove il congresso provinciale si è già svolto. E dove l’ex forzista Giorgio Dragotto, coordinatore vicario del Pdl, ha lasciato il partito dopo un fallimentare tesseramento (così raccontano i maligni a Roma). «Adesso a Ferrara il partito è in mano agli ex An» si lamenta un berlusconiano di vecchia fede. Che ammette con fatalismo: «Temo che ormai il Pdl sia destinato alla frammentazione».

A Roma – capitale delle tessere con oltre 120mila sottoscrizioni – lo scontro è aperto. Il testa a testa è tra il coordinatore del partito, l’ex forzista Gianni Sammarco e l’ex An Fabio Rampelli. Entrambi avrebbero raccolto circa 25mila tessere. Ma i contendenti sono numerosi. Il sottosegretario alla Funzione pubblica dell’ultimo governo Berlusconi Andrea Augello potrebbe contare su 20mila tessere, il sindaco Gianni Alemanno su 18mila. «Io ne ho portate solo 6mila e cinquecento – attacca il senatore Gramazio – Ma sono tutte persone che conosco, che al congresso verranno a votare. C’è chi ha speso tanti soldi ma alla fine rischia di trovarsi senza truppe». Non solo. «Insieme a diversi consiglieri ho ricevuto alcune telefonate di persone che si sono trovate iscritte al partito senza averne mai fatto parte. Sto facendo delle ricerche. Qualcuno forse pensava di poter gonfiare i propri numeri per fare accordi a tavolino prima dei congressi, ma si è sbagliato». 

Ma come è stato possibile tesserare ignari cittadini? «Semplice – continua Gramazio – Al partito sono state consegnate le tessere insieme alle ricevute dei pagamenti, dicendo che le fotocopie dei documenti sarebbero state spedite in un secondo momento». In alcuni casi non è stato neppure obbligatorio produrre il certificato di identità. Chi ha partecipato al tesseramento di Alleanza Nazionale o Forza Italia del 2008 – l’ultimo disponibile – era esentato dalla presentazione dei documenti. Il consigliere regionale Chiara Colosimo, vicina a Rampelli, respinge le accuse. «Il nostro tesseramento è andato molto bene perché ci siamo impegnati parecchio, tutto qui. Abbiamo organizzato eventi, incontri, dibattiti. Peccato che qualcuno abbia iniziato a fare tesseramenti solo nell’ultimo mese».  

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter