Dopo la protesta di autotrasportatori e dei pescatori, in piazza contro norme comunitarie, difficoltà di accesso al credito e, soprattutto, contro la riforma della disciplina Iva che rischiava di esasperare il problema del caro carburanti, nelle prossime settimane potrebbe essere un’altra importante categoria del mare a fermarsi e a creare disagi ad un’utenza ancora più ampia.
A lanciare l’allarme sulle conseguenze che la stessa norma in materia di Iva rischia di comportare per tutte le compagnie marittime che si occupano di traffico cabotiero, cioè a corto raggio (sotto le 12 miglia), è Acap, l’Associazione Cabotaggio Armatori Partenopei, che raggruppa tutti gli operatori privati attivi nel Golfo di Napoli (Medmar, le varie declinazioni del gruppo Lauro, NLG e SNAV). La norma al centro dell’attenzione è la Legge n.217/2011 recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”, entrata in vigore il 17 gennaio scorso. L’articolo nell’occhio del ciclone è il numero 8, volto a sanare gli aspetti della legislazione italiana non ritenuti conformi alla Direttiva n.2006/112/CE (Direttiva Iva) dalla Commissione Europea (che al riguardo ha già deferito l’Italia alla Corte di Giustizia Europea).
L’oggetto è il “regime di non imponibilità Iva” nell’ambito del trasporto navale e il problema starebbe nel recepimento della normativa europea da parte del nostro legislatore, come spiega Luigi Parente, amministratore delegato di Moby nonché presidente della Commissione Navigazione a corto raggio di Confitarma: «C’è un grosso problema di interpretazione, tanto che come associazione di categoria siamo in attesa di un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Però, ad una prima lettura, parrebbe che le forniture di bordo (e in particolare gli acquisti di carburante) diventerebbero con la nuova legge assoggettabili ad Iva per coloro che si occupano di navigazione a corto raggio, sotto le 12 miglia. Che effettuando operazioni attive esenti Iva non potrebbero più detrarla, sì da trovarsi costretti a tentare il recupero del maggior costo rivalendosi sul consumatore finale attraverso l’aumento delle tariffe dei titoli di viaggio».
Gli effetti sarebbero enormi: «Il provvedimento in Italia toccherebbe decine di operatori e migliaia di utenti, basti pensare al Golfo di Napoli, alle Eolie o all’Arcipelago Toscano. I costi aggiuntivi sarebbero di milioni di euro e in buona parte si riverserebbero sui prezzi, che potrebbero subire incrementi fino al 21 per cento. Senza considerare che le compagnie che hanno contratti di servizio pubblico, a tariffe bloccate, non potrebbero neppure parzialmente spalmare i costi aggiuntivi, andando incontro ad inevitabili disastri economici» prosegue Parente.
Per questo Acap ha inviato il 3 febbraio una lettera all’Agenzia delle Entrate (e in conoscenza alla Presidenza del Consiglio, al Presidente e all’Assessore Trasporti della Regione Campania, al Prefetto di Napoli e ai sindacati) esponendo «l’abnorme e urgente problematica» e illustrando la reazione a un mancato intervento risolutivo (già adottato dall’Agenzia il 24 gennaio, peraltro, per ciò che concerne la pesca costiera, col mantenimento dello status quo): «Le compagnie interessate, per non assumere costi (Iva) non coperti dalle capacità finanziarie patrimoniali e di bilancio ed evitare il fallimento, saranno costrette a sospendere la propria attività, garantendo dal 10 febbraio al 15 marzo i soli servizi essenziali e a cessare completamente l’esercizio dei servizi dal 15 marzo».
La data di inizio della serrata è nel frattempo slittata, per la mediazione della Regione Campania, al 21 febbraio ma l’iniziativa, intanto, è stata condivisa, per il momento a titolo privato, anche da Parente: «Come Moby è evidente che il problema ci tocca seriamente, essendo anche operatori di cabotaggio, e quindi ci uniremo alla “serrata” (ma non vi parteciperà la controllata Toremar, titolare di un rigido contratto di servizio con la Regione Toscana, cui comunque chiederemo un appoggio). Penso inoltre che Confitarma dovrebbe spalleggiare i suoi iscritti toccati dalla questione, facendosi portavoce nelle sedi opportune della loro protesta».
Il nodo legislativo peraltro non sarebbe così ingarbugliato, scaturendo da un problema di interpretazione/traduzione della normativa europea: «La Legge Comunitaria ha ritoccato l’esistente DPR del 1972 sull’Iva (art 8-bis) inserendo una “e” laddove la Direttiva 2006/112/CE (art.148) ha un “o”, sicché, mentre il diritto comunitario prevede l’esenzione per le “navi adibite alla navigazione in alto mare e al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell’esercizio di attività commerciali”, ricomprendendo quindi sia gli operatori di alto mare che quelli di cabotaggio, purché si tratti di attività commerciali, quella italiana, dopo la modifica, parla di “navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all’esercizio di attività commerciali”, escludendo quindi, con il doppio requisito, il cabotaggio» conclude il manager.
Considerati i danni economici e d’immagine legati al recente blocco dell’autotrasporto, la permanenza dello stato d’agitazione di questa ed altre categorie e il fatto che nel caso dei traghetti la protesta sembra scaturire non da un interesse corporativo, ma da un’effettiva ‘distrazione’ del Legislatore, un intervento rapido di quest’ultimo eviterebbe un nuovo e pesante sciopero nel trasporto pubblico, che da Napoli potrebbe diffondersi a macchia d’olio in tutto il paese. Curiosamente proprio nei giorni scorsi il presidente di Acap Emanuele D’Abundo è finito nel mirino della Guardia di Finanza per un’indagine su un’evasione fiscale in materia di Iva, anche se la sua società ha emesso una nota spiegando che il contenzioso sarebbe già stato risolto.
Intanto la Legge Comunitaria, all’articolo 18, si è occupata anche dell’adeguamento dell’ordinamento italiano alle nuove disposizioni e norme di sicurezza europee per le navi passeggeri. Un ritardo che aveva causato l’apertura di una procedura di infrazione a carico del nostro paese, giunta allo stadio precedente il deferimento alla Corte di Giustizia che ci sarebbe costato con tutta probabilità una salata multa. La Legge Comunitaria non è intervenuta direttamente, delegando il Governo ad adottare entro il 17 aprile «uno o più decreti legislativi» necessari all’adeguamento alle direttive comunitarie del caso. La Commissione Europea sembra tuttavia aver accettato tale soluzione, non avendo per il momento avviato il deferimento malgrado la pervenuta scadenza del termine di due mesi concesso a novembre per metterci in regola.