Nel Sud più profondo, tra mare cristallino e distese di coltivazioni in serra, c’è il mercato ortofrutticolo di Vittoria, in provincia di Ragusa. È uno dei più grandi dell’intero Meridione, con 246mila metri quadrati di superficie, e 74 box che vengono dati in concessione a dei commissionari. Stamattina un’imponente operazione della Guardia di Finanza di Ragusa ha scardinato un sistema di irregolarità che andavano avanti da decenni nella gestione del mercato. Il lavoro di due anni delle Fiamme Gialle ha portato all’operazione “Right Price”, con 74 denunciati, tra cui i commissionari ortofrutticoli, otto funzionari del Comune di Vittoria e 2 notai.
Tutto ruota attorno alla figura del commissionario, che esiste solo a Vittoria. Fondamentalmente dovrebbe essere, secondo il regolamento comunale approvato nel lontano 1971, un semplice intermediario tra il produttore che porta la merce al Mercato nei vari box e il commerciante-acquirente, trattenendo per sé una provvigione del 10% sul prezzo. Negli anni, però, il sistema mercato è imploso su se stesso facendo emergere, come spiega un’informativa della Guardia di Finanza, «un sottobosco di violazioni regolamentari, intimidazioni, pressioni e prepotenze che determinano un clima di illegalità dentro e fuori il mercato».
Illegalità che si sarebbero palesate, violando apertamente il regolamento comunale, nel ruolo dei concessionari, molti dei quali avrebbero svolto la cosiddetta “doppia attività”. Al tempo stesso intermediari ma anche acquirenti della merce del produttore, detenendo così il grosso potere di stabilire il prezzo di vendita e ricavarne di conseguenza la percentuale desiderata. Il vertice più basso della piramide resta quindi il produttore, specie quando il commissionario, come emerso dalle indagini, svolge una “tripla attività” cioè quando è al tempo stesso produttore, intermediario e acquirente della merce, tenendo saldamente le redini di tutta la filiera produttiva e costringendo il piccolo contadino o l’azienda agricola a vendere sottocosto la propria merce.
Il risultato è che a Vittoria i commissionari sono diventati dei padri padroni dell’agricoltura locale. Sono tantissime le campagne abbandonate o messe in vendita dai produttori che, piuttosto che svalutare il loro prodotto senza guadagnare nulla, preferiscono cedere i loro pochi ettari di terreno. E spesso gli acquirenti sono proprio quei commissionari che impongono i prezzi della merce, dando vita a un sistema condizionato pesantemente dalla loro ingerenza. Il sistema è malato anche sul fronte della concorrenza tra i mediatori che, in pratica, non esiste. Infatti, secondo il datato regolamento comunale dovrebbe essere proprio il Comune a gestire le assegnazioni dei 74 box presenti nella struttura del Mercato garantendo la legalità, ma in pratica pochi commissionari sono diventati padroni di svariati box, creando così un cartello inossidabile che monopolizza i prezzi di vendita dei prodotti ortofrutticoli. Negli anni si è creata una vera e propria compravendita delle licenze per la concessione dei box, ambiti dai commissionari più potenti, spesso con la compiacenza degli impiegati dell’amministrazione comunale o con il ricorso alla violenza e alle minacce.
È di circa due anni fa una denuncia da parte di due commissionari, di pressioni e minacce per la vendita di un box da parte di Salvatore D’Agosta, figlio del boss Francesco. Il torbido si annida anche tra le tante società fantasma create ad arte per le compravendite delle concessioni dei box, spesso accordate senza nemmeno chiedere la certificazioni antimafia, e che passate sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti hanno prodotto un’evasione fiscale di oltre 18 milioni di euro.
Delle 74 persone interessate dalle indagini, 65 sono state denunciate per manovre speculative su merci (rialzo fraudolento dei prezzi), 63 per truffa, 41 per il reato di turbata libertà degli incanti, 8 per abuso d’ufficio, 3 per peculato, 2 per favoreggiamento reale, 1 per falso in scrittura privata, 1 per bancarotta fraudolenta. Spesso, per evitare di comprare merce locale a prezzi più alti, i commissionari ricorrevano al mercato estero, specie quello nordafricano per acquistare primizie e pomodorini a prezzi vantaggiosi immettendoli sul mercato nazionale e spacciandoli per siciliani. E l’indagine degli uomini guidati dal colonnello Francesco Fallica ha permesso anche di scoprire che tre operatori avevano messo in commercio oltre 27 tonnellate di pomodorini tunisini, dopo vari passaggi tra aziende fantasma gestite da loro stessi, ma specificando falsamente la loro provenienza vittoriese.
Il “calderone Mercato” porterà ancora delle sorprese. Come anticipato dal dossier della Fondazione Cesar, in collaborazione con la Cia, a Vittoria ci sono fenomeni mafiogeni da non sottovalutare: dall’imposizione delle ditte di trasporto alla scelta obbligata delle cassette di legno per confezionare la frutta, acquistabili solo da pochi produttori. Non è un caso che proprio la settimana scorsa, per mano del racket, un incendio doloso si sia sviluppato nel magazzino di una delle più grandi segherie della città.