Anche in Francia i politici non sanno usare la Rete

Anche in Francia i politici non sanno usare la Rete

Tra un mese i francesi torneranno alle urne per scegliere il 24° presidente della repubblica in un clima di sempre maggiore diffidenza rispetto ai politici e al loro comportamento in campagna elettorale. Gli editoriali di Le Monde si domandano se la sfiducia del pubblico condurrà ad un’astensione più significativa del risultato del voto, interrogandosi sul valore del sistema elettorale nell’interpretazione del concetto di democrazia. Il problema attorno al quale si esercitano le osservazioni critiche dei commentatori è la connotazione emotiva assunta dalla campagna, dominata dalla paura e dalla violenza.

In questo quadro poco confortante, una delle testate francesi più prestigiose sulle tematiche digitali, Journal du Net, ha pubblicato il 21 marzo un sondaggio realizzato da Lightspeed Research con l’obiettivo di verificare la rilevanza assegnata dai francesi alla Rete come fonte di informazione per la decisione di voto. La parte del leone è svolta dalla televisione, che rappresenta il punto di accesso alle notizie per il 72% delle donne e per il 63% degli uomini. Per il pubblico femminile si tratta di una quota doppia rispetto a chi compie una ricognizione sugli articoli giornalistici, redatti per la carta o per il web: solo il 37% delle donne e il 42% degli uomini si affida alla stampa e alle testate on-line per un approfondimento delle news. La consultazione dei forum, di Facebook e di Twitter si aggira tra il 2% e il 3% per ciascuna fonte, mentre il sito web dei partiti e dei candidati appare interessante per il 7% degli intervistati. Questa indicazione è un po’ più pessimistica di quella rilevata dal Pew Research nell’indagine sul rapporto tra social media e consumo delle news in Rete, secondo la quale Facebook e Twitter sarebbero i veicoli della lettura degli articoli soltanto per il 9% dei casi.

Lo scarso interesse dei francesi per la ricerca di informazioni on-line e la loro condivisione sembra dare ragione alle accuse mosse da Fleur Pellerin contro la politica digitale del presidente in carica: anche l’Economist ha degradato la Francia dalla 15° alla 20° posizione nel mondo per il dinamismo dell’innovazione tecnologica. D’altra parte il rapporto di Sarkozy con Internet è sempre apparso piuttosto tormentato. Il primo grande momento di conflitto tra il presidente e il pubblico di Internet si è consumato nel 2009 con l’istituzione della Hadopi, una commissione per l’applicazione della legge sulla protezione della proprietà intellettuale su Internet. Il testo normativo prevede una sequenza di avvisi rivolti al titolare dell’IP dal quale siano stati scaricati illegalmente file protetti da copyright. La prima comunicazione avviene via e-mail; la seconda tramite raccomandata. Alla terza il giudice procede d’ufficio ad una sanzione economica o alla disconnessione forzata dell’utente. Questa curiosa contromisura contro la pirateria informatica peraltro non si preoccupa di cercare l’autore del download, ma si limita a colpire il titolare del contratto di abbonamento, sospendendo la sua connessione alla Rete senza l’accertamento dibattimentale della responsabilità. Sarà anche per questo che, a pochi mesi dall’entrata in vigore della legge, uno studio condotto dall’università di Rennes ha mostrato che l’effetto della norma è stato quello di incrementare il numero di pirati informatici in suolo francese.

Il secondo momento di conflitto si è prodotto nel momento in cui Sarkozy ha presentato la propria candidatura alla rielezione. Il 20 febbraio l’edizione francese di ZDNet denuncia l’operazione di censura attraverso la quale il presidente ha preteso la chiusura di una serie di account di Twitter con contenuti parodistici nei suoi confronti, come @_NicolasSarkozy, @mafranceforte, @fortefrance, @Sarkozycestfini e @DehorsSarkozy. Nonostante lo scarso livello di influenza che i social media avrebbero sull’accesso all’informazione da parte dei cittadini, Sarkozy sembra prendere molto sul serio anche gli scherzi in 140 battute. Il problema è che il motto “La France Forte” scelto dal presidente per sintetizzare i valori della sua campagna si presta a innumerevoli calembour sarcastici, come è possibile verificare sul sito Ma France Forte, che mette a disposizione un generatore di varianti comiche del manifesto pubblicitario originario. L’operazione è sostenuta dal movimento dei Giovani Socialisti, e ha raccolto quasi 20mila file, nonché una quantità di accessi pari a circa un terzo di quelli del sito “legittimo” La France Forte nel mese di febbraio, per una durata di ciascuna visita che secondo Google si prolunga per il doppio di quella media sull’espressione ufficiale dei supporter di Sarkozy.

Se la prova di forza volta a chiudere la bocca ai burloni del web non è riuscita, l’obiettivo può tornare ad essere quello di controllare cosa la gente legge in Rete, e ove possibile, sottoporla a giudizio per quello che ha l’abitudine di guardare. Il 22 marzo, dopo le stragi di Montauban e Tolosa, e dopo l’uccisione del loro responsabile da parte della polizia, Sarkozy ha proposto l’approvazione di una legge che punisca coloro che “consultano abitualmente siti internet che fanno l’apologia del terrorismo o che invitano all’odio e alla violenza”. La difficoltà di definire in termini procedurali espressioni come “abitualmente” o “fare l’apologia del terrorismo” svela l’intento propagandistico della proposta; al di là delle difficoltà tecniche che sarebbero implicate dal compito delle indagini, si evidenzia comunque l’interesse del presidente-candidato Sarkozy a sottoporre tutti gli internauti ad un controllo costante delle loro operazioni di navigazione. Nella polemica che ha convinto il governo a rinviare l’elaborazione e la discussione di questa legge a dopo le elezioni presidenziali e del parlamento, si è aggiunta l’irritazione per la tendenza di Sarkozy alla moltiplicazione delle “leggi emotive”, in forza delle quali ad ogni dramma deve seguire un nuovo disegno di legge penale.

Il problema per i francesi è che gli altri candidati non sembrano essere in grado di proporre modelli alternativi comprensibili. Le testate che si occupano del mondo digitale sono molto interessate a spiegare ai loro lettori quali potrebbero essere le iniziative degli avversari di Sarkozy nei confronti del tema Hadopi. Le dichiarazioni di Hollande (il candidato socialista che secondo i sondaggi si confronterà con il presidente in carica durante il ballottaggio) sembrano essere state suggerite dal gatto di Schroedinger: in caso di sua vittoria non è previsto né il proseguimento delle attività di Hadopi, né una tassazione forfettaria che sostenga il finanziamento degli autori, né un “Hadopi bis” che integri le proposte. Le difficoltà di Hollande a chiarire il suo pensiero, che esclude tutte le alternative possibili dello spazio logico, sembrano essere causate dal tentativo di accontentare tutti, e in particolare di accondiscendere alla lobby degli autori e degli editori rappresentata in area socialista da Jack Lang.

Più in generale, tutti i candidati sembrano essere in difficoltà nel riuscire a intrattenere una conversazione con il pubblico, sebbene tutti abbiano incluso i social media come canali del dibattito elettorale. Un’indagine eseguita da Owni sui messaggi postati su Twitter mostra che le due parole più usate da tutti i candidati sono “politique” e “journaliste”; a grande distanza seguono “étudiant” e “paris”. Il discorso dei politici continua rivolgersi a categorie privilegiate di ascoltatori, che coincidono con i giornalisti nella costruzione del lettore-modello dei candidati – e con i professionisti della comunicazione secondo la ricognizione condotta da Owni sui profili reali dei followers.

Contrariamente alla media italiana, il pubblico web francese mostra medie sociodemografiche “alte”: più del 50% degli utenti che frequentano i siti di Hollande e di Sarkozy hanno una cultura universitaria, il loro reddito è superiore a 36 mila euro all’anno, la loro età è maggiore di 35 anni. Sono le stesse medie che Google riscontra nel pubblico di LeMonde, del NouvelObservateur, di ZDNet, e dei principali canali di informazione on-line. Si potrebbe assumere che un pubblico di questo genere disponga delle risorse culturali e della preparazione necessaria per interagire con un maggiore senso critico e una maggiore propositività argomentativa agli stimoli della campagna elettorale, rispetto a quanta gliene sia riconosciuta dai candidati.

Le caratteristiche sociodemografiche degli internauti francesi si avvicinano a quelle che caratterizzano gli utenti dei siti delle presidenziali americane. Questa considerazione potrebbe aver suggerito a Hollande la decisione di assumere il team che ha sviluppato la campagna digitale di Obama trionfatrice nel 2008. A Blue State Digitak è stato affidato il compito di aprire da 5 a 12 milioni di porte, soprattutto quelle dei cittadini che non si sono presentati al voto durante le ultime elezioni, al fine di motivare di nuovo il loro interesse per la politica. Il primo risultato di questo impegno è stato la realizzazione del sito TousHollande.fr, che nel corso di febbraio ha raggiunto poco più di 100mila utenti unici, e che ha l’obiettivo di coinvolgere gli utenti a partecipare alla campagna porta-a-porta, o almeno a divulgare i contenuti pubblicati dal team di Hollande tramite la condivisione sul web e le donazioni economiche.

Sarkozy sembra invece poter contare sull’aiuto operativo di Facebook, che ha dotato la pagina del presidente dello strumento della Timeline prima che fosse disponibile per tutti gli altri. D’altra parte anche questo evento è stato subito oggetto di un’imitazione parodistica, La Vraie Timeline che nel corso del mese di febbraio ha mostrato ad oltre 50mila visitatori unici una descrizione molto critica delle gesta di Sarkozy.

I politici continuano a parlare nel formato del comizio o della conferenza stampa; gli utenti rispondono attraverso il sarcasmo e l’ironia. La campagna elettorale francese on-line è uno scontro di tutti contro tutti – ma in particolare sembra un conflitto tra la classe politica e il pubblico. Il presidente ritiene coerente con l’immagine della Francia Forte l’investimento in una forma monologante di comunicazione, e l’impegno nel tentativo di censurare le voci discordi. Hollande e gli altri candidati non riescono a trovare un modello alternativo da proporre, rimanendo vaghi e inconcludenti di fronte alle domande operative degli utenti della Rete, come nel caso di Hadopi. La reazione degli utenti si limita alla parodia dell’apparato di immagine del potere, senza attingere alla vera trasvalutazione di tutti i valori, che dovrebbe emergere dal carattere carnevalesco della parodia teorizzato da Bachtin.

I problemi evidenziati dal comportamento dei candidati francesi sono il sintomo di un problema generale sia dei modelli politici, sia dell’interpretazione del ruolo della Rete nel mondo occidentale. La presenza on-line e la diffusione di informazioni tramite Internet sembra dover condurre ad un processo automatico di democratizzazione: la responsabilità del procedimento è affidato alla tecnologia. La formazione del dialogo, la produzione dei contenuti, le conseguenze del modo in cui le piattaforme digitali funzionano e modellano la cultura degli utenti, non sono prese in carico né da chi deve sovrintendere alla pianificazione politica, né da chi presidia quella economica. La conciliazione di tutte le parti nell’espressione parodistica contro il detentore attuale del potere non è un progetto politico, come ha finito per mostrare l’esperienza milanese: la presa di coscienza di ciò che non si vuole più non indica a nessuno quale debba essere la nuova immagine del mondo. Con il rischio che, ancora una volta – e ancora di più dopo la tragedia di Tolosa – siano la paura e l’emozione a decidere.
 

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