Post SilvioIl governo Monti serve se cambia il paese, non se punta a durare

Il governo Monti serve se cambia il paese, non se punta a durare

Il meccanismo va consolidandosi, e non è affatto virtuoso. La dinamica legislative e governativa è più o meno quella riportata di seguito.
Mario Monti dichiara altissime ambizioni riformiste. Propone una legge, un decreto, una norma che sembra in grado di concretizzarle. I temi possono essere tanti, gli interessi toccati diversi: banche, assicurazioni, lavoro, consumatori, energia. Poi, come previsto da costituzione e regolamenti, il tutto va in pasto al parlamento che, mano a mano che si avvicina la prossima scadenza elettorale, sente più forte le pressioni delle lobby (e questo è normale) e dei vari interessi rappresentati in modo italianamente opaco (e questo invece non è normale), e stravolge il testo di legge.

Del resto, visto che di cambiare la legge elettorale non se ne parla, contano di più pochi grandi finanziatori che ti possono piazzare in alto nelle liste del porcellum, che non il parere degli elettori-cittadini-consumatori: e anche questo, sarà bene ricordarselo, non è normale. Così il parlamento, prende in mano la norma in questione e ne riduce la portata, ne cambia l’architrave, ne smonta la struttura portante e la restituisce al governo. Che ne fa un decreto, si becca un altro fiume di emendamenti (che arrivano anche dalla sua maggioranza bipartisan) e per schivarli mette la fiducia. Il decreto passa e diventa legge e i problemi dai quali si era partiti, all’inizio della parabola, restano però tutti sostanzialmente intatti. Nessuno dice beh, naturalmente, perché “Monti sta salvando l’Italia”, perché “sono i partiti che frenano e quelli che il governo sta facendo sono già miracoli”. Se poi venissi voglia di protestare, di dire che le riforme di cui abbiamo bisogno sono tutta un’altra cosa, magari perfino di chiedere a Monti di mettere i partiti alle strette e di tirare dritto, ecco che interviene un nuovo ricco round di interviste governative che puntano a chiudere il cerchio di un unanimismo mediatico che – ancora una volta – non è normale.
La storia, l’avrete capito, è esattamente quella delle liberalizzazioni spuntate – meglio sarebbe dire fittizie – verso le quali ci avviamo. E rischia di essere la stessa per il mercato del lavoro, per nuove norme sulla concorrenza, e per un razionale taglio di spesa pubblica e tasse (di cui si parla per la verità pochissimo). Mario Monti promise la scossa e minacciò addirittura i “salotti buoni”, disse che non avrebbe guardato in faccia a nessuno. Il passaggio in commissione ha annacquato tutto, rendendo le misure sulle banche irrazionali e deboli per i risparmiatori; quelle sui taxi inesistenti; quelle sulle farmacie inutili; quelle sugli studi legali impercettibili, e così via.

Ma il governo si trincera dietro l’azione dei partiti, e mette la fiducia su un decreto che non serve a niente, giustificandola con un nuovo fiume di emendamenti arrivati dal parlamento. Poi Mario Monti rilascia un’intervista a Bloomberg in cui lascia intendere che una sua ricandidatura da parte dei partiti e la sua azione fortemente riformista sono incompatibili. Come a dire: se faccio l’interesse dell’Italia, i partiti non mi vorranno perchè agirò contro i “loro interessi”. Probabilmente è vero. A noi viene solo un dubbio: sta facendo davvero di tutto per l’interesse dell’Italia o si sta piegando, nel vuoto spinto della politica italiana, agli interessi di un sistema partiticoratico e di interessi consolidati che consente al suo governo di “vivacchiare”? Un governo tecnico che sopravvive grazie al confronto impietoso col circo che governava prima non serve a niente e a nessuno. Recuperata la credibilità internazionale, serve una scossa al paese. Serve che quel che si è annunciato si faccia o almeno lo si proponga con forza, senza diluirlo a tal punto da perderlo per strada. Cosa può succedere, dopo tutto, se Monti e il suo governo non si fermano di fronte ai diktat dei partiti? Alla peggio, saranno i partiti a doversi prendere la responsabilità di mandarlo a casa, imboccando la strada di una probabile disfatta elettorale, date le loro condizioni attuali. E anche Monti ha un’arma di ricatto non da poco: il consenso di cui gode fa paura a tutti, e vale la pensa di sfruttarlo a fondo. Per cambiare il paese adeguandolo ai tempi che corrono, aprendo un dibattito vero tra interessi contrapposti e non invece compensandoli sempre tutti, all’italiana, come succede da troppo tempo nel nostro parlamento chiuso al merito e deciso nelle segreterie dei partiti. Il futuro dell’Italia e del governo Monti è oggi. Sarebbe un tragico tragico errore aspettare domani, e pensare a chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica, o alle ambizioni dei ministri tecnici che con la politica ci stanno prendendo gusto. Di riforme, idee, coraggio e di una leadership che si prenda dei rischi il paese ha bisogno subito.  

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