Un movimento fondato sul pragmatismo, libero da classificazioni ideologiche e capace di rompere gli schemi interpretativi tradizionali. Analisti e responsabili di autorevoli istituti di ricerca demoscopica riassumono con queste parole l’immagine e la fisionomia del movimento animato e guidato da Beppe Grillo, e individuano nei suoi tratti distintivi la ragione profonda del suo successo e della sua ascesa nell’opinione pubblica. Ma se gli studiosi interpellati da Linkiesta sottolineano l’originalità di una formazione destinata a disorientare partiti legati a parametri culturali novecenteschi, emerge una profonda divaricazione sulla reale dimensione del consenso popolare nei suoi confronti.
A mettere in luce per la prima volta l’incremento clamoroso di adesione e di simpatie per le Cinque Stelle era stato il 13 aprile l’Istituto Swg di Trieste fondato e diretto dal sociologo Roberto Weber. La cui rilevazione aveva collocato il partito di Grillo al 7,2 per cento delle preferenze proiettandolo al terzo posto nel panorama politico nazionale. Per comprendere le cause dell’affermazione di una realtà rapidamente liquidata come un fenomeno di sterile populismo, Weber richiama l’attenzione su «un’interessante mescolanza di molteplici fattori».
Prima di tutto è doveroso tenere presente l’altissima propensione degli italiani a votare e a partecipare nelle forme più varie e contraddittorie alla vita politica, il loro gusto ad appassionarsi al conflitto tra fazioni e partiti. Un’inclinazione ben più elevata di quella esistente in altre democrazie occidentali avanzate. Poi è necessario considerare il rifiuto crescente dell’offerta politica complessiva da parte dell’opinione pubblica, l’avversione radicata verso l’assetto partitico dominante e tradizionale, sia nel versante di centrodestra, in cui si va esaurendo definitivamente la parabola ventennale di Silvio Berlusconi e l’esperienza del Carroccio appare in crisi irreversibile, che nel fronte di centrosinistra, serbatoio di voti rilevante per il movimento Cinque Stelle.
A tali fenomeni bisogna aggiungere le polemiche contro i privilegi della casta e contro istituzioni ormai autoreferenziali, un sentimento anti-statalista e anti-fiscale sempre più diffuso, e l’ostilità nei confronti di questa Unione Europea e della sua gestione dell’economia. Completando il quadro con il fortissimo senso di precarietà che accompagna grosse fasce sociali colpite dalla crisi, e con l’attenzione al valore dei beni pubblici e delle esigenze del territorio, possiamo individuare gli orientamenti qualificanti del bacino di consenso della creatura di Beppe Grillo.
Se tutto questo deve essere considerato qualunquismo, osserva lo studioso, è innegabile che simili pulsioni e rivendicazioni siano presenti anche nelle altre forze politiche. «Le quali però continuano a ostentare verso la formazione guidata dal comico ligure una supponenza e un’alterigia che si traducono facilmente in demonizzazione dei suoi aderenti e simpatizzanti. Persistendo in tale errore sarà difficile provare a recuperare i voti in libera uscita verso Grillo».
È dunque ipotizzabile, rimarca Weber, che il movimento Cinque Stelle si riveli corrosivo e altamente dannoso verso l’intero arco politico, e soprattutto verso forze come Sinistra e Libertà e Italia dei Valori, il cui elettorato è più mobile e meno fedele rispetto a quello dei gruppi più consistenti. A ciò si deve aggiungere che «la personalizzazione indubbia che caratterizza un soggetto incarnato da un grande commediante non presenta una natura proprietaria e carismatica come nei casi di Bossi e Berlusconi, o in quelli di Nichi Vendola, con il suo carisma ispirato del tutto obsoleto, e di Antonio Di Pietro, con il suo spirito tribunizio intollerante verso il dissenso interno».
Le prospettive e l’approdo delle Cinque Stelle – evidenzia il direttore di Swg – dipenderanno completamente dalle scelte degli altri partiti, dalle riforme che vorranno e potranno realizzare. Un dato è certo: «In una logica di crisi generale e in una realtà politica frammentata, Grillo e i suoi militanti conquisteranno una rappresentanza parlamentare significativa nel voto del 2013, e saranno sicuri protagonisti della scena pubblica futura».
La riflessione di Roberto Weber trovano piena consonanza nell’analisi di Renato Mannheimer, sociologo e presidente dell’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione, il quale attribuisce al Movimento Cinque Stelle il 7,5 per cento delle intenzioni di voto. Una cifra che a suo giudizio potrebbe crescere o diminuire in maniera imprevedibile: «A rivelarsi decisivo anche per l’avvenire della formazione guidata dall’attore ligure saranno le scelte che verranno compiute dall’area dei cittadini indecisi, pari alla metà del corpo elettorale».
Anche Mannheimer individua nella soglia del 10 per cento dei suffragi le potenzialità del partito di Grillo, «la cui forza risiede nella capacità di attrarre adesioni e consenso dappertutto, a sinistra e nelle sue fasce più protestatarie, e nei tanti simpatizzanti del Pdl delusi dal fallimento della promessa berlusconiana di radicale rinnovamento anti-partitico e di rottura profonda con il ceto dirigente della prima Repubblica». Il segreto del successo delle Cinque Stelle, conclude lo studioso, è tutto nell’impopolarità di partiti che prima sono stati costretti a cedere la direzione del governo a Monti e poi si sono rivelati inadeguati nel promuovere autentiche politiche riformatrici.
Per Antonio Noto, presidente di Ipr Marketing, «la persistente reticenza della politica tradizionale a rispondere a un’insoddisfazione ormai endemica e connaturata all’opinione pubblica costituisce la causa principale dell’affermazione del partito di Grillo». E da questo punto di vista, rimarca lo studioso, la scarsa visibilità offerta dai mezzi di informazione e la distorsione compiuta dalle forze politiche è stata funzionale all’auto-accreditamento dei grillini come gruppo “carbonaro”, autenticamente alternativo e culturalmente sovversivo. «La sfida principale per il comico ligure sarà rappresentata proprio dalla capacità di adattarsi all’istituzionalizzazione del movimento, all’assorbimento nelle logiche romane».
Una scommessa altamente rischiosa, considerando il bacino elettorale del Movimento Cinque Stelle e la sua capacità di raccogliere voti e consenso nella vasta galassia degli indecisi e dei disillusi dalla politica, oltre che nelle realtà più contigue all’area della protesta, in primo luogo l’Idv, che subisce le limitazioni della sua inevitabile deriva parlamentare.
Per Grillo e i suoi simpatizzanti l’orizzonte apre molti scenari possibili, e nulla appare già scritto. Attualmente, osserva Noto, «le nostre rilevazioni assegnano al partito tra il 5 e il 7 per cento delle intenzioni di voto». Segno evidente che «il tasso di crescita dei grillini dipende molto dal contesto politico contingente e dai suoi mutamenti. In una fase di pesante scontento verso le forze in campo i margini di crescita del movimento aumentano. Sarà quindi interessante registrare come la risposta delle forze politiche alla rabbia montante dei cittadini inciderà sulla forza della proposta delle Cinque Stelle».La cui potenzialità elettorale, evidenzia il ricercatore, si aggira attorno al 13 per cento: «Un dato consolidato però in un momento fortemente favorevole, di crisi nerissima del sistema dei partiti e di massima libertà di azione del movimento, al di fuori delle logiche costrittive della politica istituzionalizzata». La partita vera per i grillini, avverte Noto, si aprirà all’indomani dello spoglio elettorale.
A ridimensionare la portata del consenso a favore della formazione animata dall’ex comico ligure è il sociologo Alessandro Amadori, fondatore e direttore di Coesis Research, che pur riconoscendo un indiscutibile e continuo aumento di preferenze per il partito di Grillo, valuta attorno al 5 per cento la sua dimensione effettiva. Una stima che costituisce un buon punto di partenza in vista delle imminenti elezioni amministrative, nelle quali «il Movimento Cinque Stelle giocherà un ruolo di protagonista, arrivando a registrare veri exploit in specifiche realtà urbane».
Ma il successo nella tornata locale potrebbe proiettarsi nel medio e lungo periodo su un orizzonte nazionale. Amadori individua in una soglia superiore al 10 per cento dei suffragi le potenzialità elettorali dei grillini, come accaduto per i Verdi in Germania o per la Lega Nord. È nell’analogia con i Grünen e con il Carroccio nella sua fase di massima espansione che lo studioso coglie i connotati di spicco e la cause del successo del movimento.
Al di là dell’ostracismo e dell’atteggiamento supponente riservato dai principali mezzi di informazione nei confronti delle Cinque Stelle, osserva Amadori, il segreto della crescita costante della rete creata dal comico ligure è nella sua capacità di intercettare antichi bisogni e desideri, risalenti alla fase conclusiva dalla prima Repubblica e rimasti per troppo tempo inappagati. A partire dall’esigenza di concretezza, di pragmatismo operativo attento esclusivamente alle problematiche quotidiane e comuni: una distribuzione equa e ragionevole delle risorse, la ricerca di un equilibrio ecologico basato sull’impiego delle energie rinnovabili e sull’innovazione tecnologica.
Al pari della Lega delle origini, rimarca il direttore di Coesis Research, il gruppo animato dall’iniziativa di Grillo rappresenta la forza più ostile al peso e all’influenza delle ideologie nel panorama partitico. Ed è su questo terreno che a suo giudizio le formazioni politiche tradizionali hanno commesso l’errore più grave, espressione di miopia e di limite culturale: leggere e valutare la natura e l’azione del movimento Cinque Stelle con le lenti deformanti dell’ideologia. «Generalmente i suoi aderenti e militanti vengono percepiti come seguaci mossi da uno spirito fideistico e emozionale verso l’attore. In realtà si tratta di persone colte, aperte al mondo e ricche di conoscenze: esattamente l’opposto di massimalisti velleitari o agitatori di centri sociali. Leggendo il loro programma si avverte l’impressione di esaminare gli studi di fattibilità di un’autorevole società di marketing e di analisi».
Ragione per cui il partito di Grillo sfugge alle classificazioni tradizionali di geografia politico-parlamentare e riesce a conquistare consenso in forma del tutto trasversale agli schieramenti. Se è vero che la grande maggioranza delle simpatie nei suoi confronti provengono dalla vasta area del non voto e dell’incertezza, per il resto i flussi di consenso derivano per il 60 per cento dal versante progressista e per il 40 per cento da quello conservatore e moderato. Anche per questo motivo Amadori ritiene possibile che “gli esponenti delle Cinque Stelle saranno in grado di proseguire la loro iniziativa oltre le scelte dello stesso Grillo”.
Prospettiva che viene esclusa in modo radicale e perentorio da Nicola Piepoli: «Beppe Grillo è solo l’anarchico di turno, che politicamente non ha futuro. La sua formazione, che non è di sinistra né di destra, è destinata a esaurirsi in tempi brevi».