«Più che di Yulia, la Merkel si preoccupa delle elezioni e del gas»

«Più che di Yulia, la Merkel si preoccupa delle elezioni e del gas»

“Siamo pronti a boicottare i campionati europei di calcio se Yulia Tymoshenko non verrà liberata e se non le saranno assicurate le cure e l’assistenza medica adeguate alle sue condizioni di salute”. Angela Merkel sembra avere riscoperto il valore della battaglia per lo Stato di diritto e della democrazia politica e appare fermamente intenzionata a sollevare la bandiera dei diritti umani e civili per determinare un profondo cambiamento politico in Ucraina. Abbandonati il cinismo e l’indifferenza che per mesi hanno contraddistinto l’atteggiamento dell’Unione Europea verso l’involuzione autoritaria nella repubblica ex sovietica, la Cancelliera tedesca si erge a principale sostenitrice della pasionaria della “rivoluzione arancione” condannata a sette anni di reclusione per abuso di potere e malversazione e sotto processo per evasione fiscale.

Un’iniziativa autorevole e clamorosa. Almeno in apparenza. Già, perché il boicottaggio annunciato da Merkel non si tradurrà nel rifiuto della rappresentativa tedesca di partecipare alla competizione sportiva, unica forma coerente e incisiva di dissenso e protesta. L’indignazione sarà rappresentata dall’assenza sulle tribune degli esponenti del governo di Berlino. La cui scelta si inserisce peraltro nel complesso mosaico politico ucraino, in cui non è in corso una lotta limpida fra buoni e cattivi ma un conflitto di potere tra gruppi oligarchici pronti a cambiare alleato e schieramento per le proprie convenienze. Per questa ragione la rivoluzione liberale del 2004 è stata sconfitta e il destino della giovane repubblica è più che mai legato alle strategie del governo russo a alla sua egemonia energetica. A mettere in luce la debolezza politica della proposta tedesca è il giornalista Evgeny Utkin, corrispondente in Italia di Expert Magazine, primo settimanale politico-economico russo ed esperto di relazioni geo-strategiche fra Berlino e Mosca.

Riscontra una contraddizione tra l’ipotesi avanzata da Angela Merkel e il rapporto privilegiato del governo tedesco con la Russia di Vladimir Putin, contro la cui egemonia prese corpo la “rivoluzione arancione” filo-occidentale?
Sinceramente non la vedo. Il legame della Cancelliera con Mosca è ben diverso da quello costruito e coltivato dal suo predecessore Gerhard Schroeder, personalmente coinvolto negli affari del colosso russo Gazprom e nello sviluppo del gasdotto North Stream: una rete che ha ben poco di politico, visto che la sua traiettoria diretta e lineare è ampiamente giustificabile sul piano geografico e commerciale. L’attuale capo del governo tedesco ha un rapporto pragmatico con la Russia. E la sua decisione di immaginare un boicottaggio soft dei campionati europei di calcio presenta ragioni prevalentemente interne ed elettorali. Merkel vuole accreditare l’immagine di una donna in lotta per la causa della democrazia politica e per i diritti fondamentali di un’altra donna vittima di una persecuzione politico-giudiziaria. Il riflesso emotivo e il vantaggio in termini di consenso sarebbe rilevante in vista del voto del 2013. Tuttavia non riesco a paragonare la decisione annunciata dalla Cancelliera, provocata dai maltrattamenti denunciati da Tymoshenko più che da una richiesta puntuale della sua liberazione, all’ostracismo occidentale dei Giochi olimpici di Mosca 1980. Lo scenario in cui potrebbe prendere forma la proposta Merkel è più complesso e meno manicheo.

Allude alle lotte di potere in corso a Kiev e ai rapporti con la Russia?
Sì. È sufficiente ripercorrere la storia politica e personale dell’eroina della “rivoluzione arancione”. Brillante esponente del Partito comunista in gioventù, fiera avversaria del dittatore Leonid Kuchma negli anni successivi al crollo dell’impero sovietico, proprietaria di aziende attive nella distribuzione del gas e donna più ricca dell’Ucraina, Yulia Tymoshenko è passata disinvoltamente dall’alleanza filo-occidentale e liberale con l’ex presidente Viktor Yushenko, in chiave apertamente anti-russa, all’accordo con l’attuale capo dello Stato Viktor Yanukovich. Personaggio percepito in occidente come l’uomo più legato a Mosca ma in realtà portavoce e rappresentante delle aree industrializzate delle regioni orientali del paese. Una figura complessa e difficilmente catalogabile, oggi alla ricerca di buoni rapporti con la Russia e con l’Unione Europea, prigioniero delle contraddizioni che tale strategia ambivalente comporta. Forse chi corre i maggiori rischi dalla battaglia in corso attorno all’ex premier è proprio Yanukovich.

Perché?
L’attuale presidente è finito in un groviglio paralizzante. Tymoshenko da un lato è una prigioniera politica, e con lei viene colpito e intimidito il blocco occidentale e democratico che incarna. Dall’altro è una prigioniera economica, condannata a causa dei contratti controversi stipulati con Mosca per la fornitura di gas russo in Ucraina. Accordi che in base a due verdetti processuali furono imposti dall’allora primo ministro alla compagnia energetica di Stato a un costo privilegiato per la Russia e altamente penalizzante per Kiev. Al punto che nel corso della vicenda giudiziaria sono state avanzate accuse di corruzione e appropriazione indebita, e Tymoshenko è stata condannata a risarcire l’azienda pubblica del gas. È qui che risiede il paradosso ucraino. Mentre oggi il governo Yanukovich preme per dimezzare il prezzo dei contratti firmati con Mosca, un’eventuale liberazione della pasionaria arancione legittimerebbe il loro valore originario. La prova più eloquente di questa apparente contraddizione è tutta nell’atteggiamento delle autorità russe, che invocano da tempo “un gesto di clemenza e di umanità” verso Tymoshenko. Esattamente come i paesi del Vecchio Continente, sia pure per ragioni diverse. Tuttavia è innegabile che la Cancelliera tedesca si muove in un’inconsapevole sintonia con Vladimir Putin, convergendo con gli interessi economici e commerciali della Russia, che naturalmente resta indifferente alla causa dello Stato di diritto in Ucraina. La quale sul piano strategico e finanziario è sempre più danneggiata dalla rete di gasdotti russi che da Nord a Sud vanno ad aggirare i suoi confini e il suo territorio.

L’egemonia di Mosca in campo energetico è dunque destinata a perpetuarsi?
La Russia ha la fortuna di possedere enormi risorse naturali in grado di essere trasformate in fonti di riscaldamento. Grazie a sorgenti di calore come il gas, il suo governo riuscirà a detenere nei prossimi anni un ruolo di assoluto rilievo e di predominio economico in Europa. Tuttavia la crisi in atto e la spinta all’investimento nelle energie rinnovabili e nelle frontiere più avanzate del nucleare, oltre alla maggiore presenza statunitense nel mercato continentale del gas, potranno attenuare tale strapotere. Vi è quindi la possibilità che nazioni come l’Ucraina, la Polonia, la Repubblica Ceca, accrescano nel tempo la propria autonomia ed emancipazione dall’influenza geo-strategica di Mosca. Resto però convinto che il rapporto speciale che unisce Germania e Russia, rispettivi partner commerciali strategici, verrà sempre più rafforzato.

Quale sbocco immagina per l’affaire Tymoshenko?
Il risultato delle pressioni internazionali in corso, a partire dall’annuncio di boicottaggio soft degli Europei di calcio da parte di Berlino, potrebbe essere un compromesso: la liberazione dell’ex premier e il suo trasferimento in una clinica tedesca all’interno del paese, in cambio della sua definitiva uscita di scena dalla vita politica nazionale.
 

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