Basta criticare la Merkel, i tedeschi con l’euro ci hanno solo perso

Basta criticare la Merkel, i tedeschi con l’euro ci hanno solo perso

Appartengo a quella sempre più sparuta minoranza che ritiene un gravissimo errore sia attribuire la responsabilità della crisi del debito sovrano europeo alla creazione dell’Euro, sia incolpare la politica economica tedesca per le situazioni di difficoltà in cui svariati paesi europei, quelli mediterranei in particolare, si son venuti a trovare negli ultimi anni. L’imbarazzante tarantolata collettiva in corso sulla stampa nazionale (alla quale questo giornale non ha purtroppo ritenuto opportuno sottrarsi) sembra voler esorcizzare il male, attribuendolo alla strega teutonica e ad una serie di patetiche balle storiche, invece di riconoscerne le cause endogene documentate da fatti e statistiche.

Mano a mano che la situazione economica si deteriorava e la serietà delle misure necessarie ad affrontarla diventava palese, all’eterna e monomaniacale campagna inglese contro l’Euro (non dovesse mai Frankfurt poter concorrere con la City of London) si sono aggiunti il lamento greco, l’invettiva italiana, la maledizione spagnola e lo scherno francese. È da un secolo che tutto il male, in Europa, viene da Berlino: perché mai dovrebbe questa essere un’eccezione? Non so se sia un’eccezione (anche perché dubito che la precedente sia una regola) ma so che i fatti suggeriscono che le responsabilità andrebbero distribuite con maggiore cautela.

L’Euro ha tanti genitori ma quelli originali non sono di certo tedeschi, quanto piuttosto francesi ed italiani. Dall’introduzione dell’Euro, per se, la Germania ci guadagnò ben poco mentre ci guadagnarono, dalla metà degli anni ’90 sino al 2007, gli altri paesi i quali, grazie all’ancora tedesca, videro abbassarsi rapidamente i tassi d’interesse reali sul loro debito. Per un paese come l’Italia questo “regalino tedesco” è stato equivalente a 4 o 5 punti di PIL all’anno per circa dodici anni: fa circa metà (esatto: METÀ) del nostro debito pubblico in essere! Se l’abbiamo sprecato aumentando la spesa primaria dobbiamo ringraziare solo noi stessi.

Sino al 2005 circa la Germania fa peggio della media e solo leggermente, ma proprio leggermente, meglio dell’Italia che è il fanalino di coda della zona Euro praticamente da vent’anni. È solo dopo che la coalizione Schroeder-Merkel addotta, sette anni fa circa, una serie di drastiche riforme strutturali che l’economia tedesca ricomincia a crescere, la disoccupazione a calare e l’export a tirare. Non c’entra dunque nulla l’Euro (che c’era di fatto da una decade) anche perché tutti insistono che sia sopravalutato ed una sua svalutazione altro non farebbe che rendere ancor più competitive Audi e BMW! C’entra il fatto che le riforme le han fatte invece di creare commissioni sulla spesa pubblica da cui nascono commissioni per la spending review che producono un commissario che chiede consigli su come tagliare la spesa pubblica … Ma non distraiamoci, continuiamo. Sino a circa la stessa data la bilancia commerciale fra, tanto per dire, Italia e Germania è in equilibrio o in attivo. Sì, proprio così: vendavamo di più noi a loro che loro a noi. Incredibile la differenza che qualche riforma strutturale può fare rispetto alle chiacchere patriottiche, vero? Andiamo avanti: cosa è successo dopo che i tedeschi hanno fatto i loro doveri? Beh, è successo che gli altri han continuato a non farli, questo è successo. È colpa di Angela Merkel se TreniItalia è l’orrore che è mentre DeutscheBahn no? Davvero han deciso i tedeschi di mettere Rodrigo Rato, un politicante incompetente, a gestire Bankia?

Ah, i fatti, i maledetti fatti. Molto meglio retorica come questa per vendere un po’ di mediterranea pseudo-cultura a fronte della fredda austerità teutonica. Cosa c’entra Weimar con la situazione greca se non perché, essendo quello di Weimar un fallimento tedesco, esso permette facili quanto inutili analogie? La Grecia non ha avuto l’appoggio della UE? Avete presente la quantità di soldi che gli elleni hanno ricevuto e come li hanno spesi? Che senso ha dire parole in libertà su temi che non si conoscono? In questo momento la Bundesbank è esposta per circa 700 miliardi di Euro con il resto del sistema creditizio europeo e sta finanziando da sola l’intero continente.

Da trent’anni il governo tedesco fa la parte dell’asino, al ritmo di quasi un punto percentuale del proprio PIL all’anno, nel finanziare i fondi strutturali ed agricoli europei (quelli di cui la Grecia ed il nostro Meridione han fatto scempio) mentre fa la parte del mulo, al ritmo di altri 300 miliardi di Euro, nel finanziare i vari fondi di stabilità creati dopo il 2009. L’austerità teutonica sara vuota, come sostiene un buontempone mediterraneo, ma riempie il salvadanaio che paga gli sprechi siciliani, le ruberie romane, le follie ateniesi e le sieste sevillane. In questo consisterebbero la leadership europea e la “supremazia della politica”? Un po’ come spiegare ad uno sugar-daddy che nel pagare a prestazione la meretrice sta l’essenza del grande seduttore …

Siamo all’orgia della malafede, ma siamo in ottima compagnia. L’ultima geniale idea di cui si discute sia al FMI che a Parigi è la seguente: i tedeschi dovrebbero, per decreto governativo, aumentarsi gli stipendi (ed i prezzi) di un 6% circa. In questa maniera aumenterebbe la domanda e tutti potremmo produrre di più, loro inclusi … Ah, vero: perché la domanda aumenti occorre aumentare solo i salari e non i prezzi, giusto. Ah, vero di nuovo: così facendo aumentano i costi delle aziende tedesche che inizieranno a fare perdite. Beh, meglio: qualche azienda tedesca chiuderà e qualche centinaia di migliaia di lavoratori tedeschi perderà il proprio lavoro ma, secondo i teorici di questa bestiale versione del modello superfisso, le perdite di competitività ed occupazione tedesca causeranno analoghi guadagni greci, spagnoli o italiani. Se non bastasse il 6% quest’anno chiederemo loro un altro 8% l’anno dopo: prima o poi anche la loro economia andrà in malora ed allora le nostre risorgeranno! Si chiama leadership continentale, altro che la vuota austerità secondo cui chi non lavora non mangia. L’ha detto Paul Krugman, che ha il Nobel, quindi dev’essere vero. Che anche Paul Krugman abbia fatto il classico?
 

*Department of Economics – Washington University in Saint Louis

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter