SIENA – «Qui hanno tutti paura, nessuno vuole parlare!». Comincia così il viaggio de Linkiesta nella Città del Palio, ancora scossa dal blitz della Guardia di Finanza nella sede della Banca Monte dei Paschi. A parlare è un piccolo azionista montepaschino, che ovviamente non intende pronunciarsi né sull’accaduto, né sul futuro dell’istituto senese. La città ancora stenta a credere all’ondata di perquisizioni che ha impiegato 147 finanzieri lungo l’Italia, alla ricerca di documenti e file riguardanti l’acquisizione di Banca Antonveneta. Eppure qui a Siena non si parla d’altro che del Monte, e delle 4 persone che sarebbero indagate, ma di cui ancora nessuno conosce i nomi.
Lungo le strettoie del borgo medievale le voci sono tante e le certezze molte meno, anche se ciò che manca è soprattutto la voglia di parlare. Il termometro dell’attenzione della gente è però ben registrato dalle vendite dei giornali. «Martedì e mercoledì i giornali locali (Corriere di Siena e La Nazione, ndr) sono andati letteralmente in fumo, anche se già da ieri le vendite sono tornate nella media degli ultimi due, tre mesi», ci racconta una delle edicole del centro che però non lesina loro delle critiche: «Non sono stati neanche così furbi, dal momento che ci hanno spedito lo stesso numero di copie di sempre. Forse vendere il giornale non é il primo dei loro pensieri, visto anche come scrivono alcune notizie importanti».
Eppure la notizia e gli sviluppi del caso-Mps occupano da giorni le prime pagine dei giornali, segno che la gente vuole sapere, nonostante non voglia raccontare. Dopo qualche diniego però, un artigiano ci fa strada nella sua bottega: «Io sono solo un ciabattino, sto in Chianti e mi interesso poco di quello che succede in questo piccolo paese. La sera chiudo e me ne torno in campagna», racconta un calzolaio in prossimità di Porta Camollia, appostato dietro delle splendide pelli di coccodrillo, distese sul banco e pronte per essere lavorate.
«La politica? Non voglio neanche sentire certi discorsi. Certo che la politica dovrebbe stare fuori dal sistema economico e da una banca. Per questo voterò Grillo, e il mio sarà un voto di protesta contro questo sistema dei partiti, che non ha funzionato», si sfoga l’artigiano che è originario di Roma. «Il sistema-Siena? Ha creato benessere negli anni, ma solo per pochi. Non é stato affatto un benessere diffuso, come afferma ancora qualche illustre politologo anche qui in città».
L’insofferenza della gente verso il potere politico di ogni colore appare evidente, e fa il paio con il disincanto con cui è stato accolto il blitz delle Fiamme Gialle in Rocca Salimbeni: «Non c’era bisogno di Report o della Finanza, basta guardare fuori dalla porta del mio negozio per capire come hanno ridotto Siena. É tutto un sudiciume, negli ultimi anni ho perso il conto delle serrande che si sono abbassate nella mia strada», ci racconta una signora di mezza età, titolare di una gioielleria-antiquariato, che però preferisce l’anonimato.
«La politica? Qui l’opposizione non esiste e il sistema-Siena, in questi anni, ha creato certamente del benessere, ma solo se lo intendiamo come distribuzione di seggiole. Com’é possibile che la mattina incontro 10 camion che raccolgono l’immondizia nella mia strada? A cosa servono? La media é di quasi un dipendente a sacchetto, e una persona onesta che abbia un minimo di intelligenza, queste cose non può tollerarle», racconta la signora che in conclusione non risparmia una battuta neanche ai suoi concittadini: «Provi ad andare a chiedere un prestito da 100mila euro in Banca, e veda come le rispondono. È di questo che si lamenta la gente adesso, perché in 10 anni hanno distrutto tutto. Ma chi ha votato le maggioranze degli ultimi anni?».
Impossibile scindere le due realtà: a Siena potere politico e potere economico vanno di pari passo. Del resto è lo stesso Statuto della Fondazione Monte dei Paschi a riservare parte delle nomine alla politica locale. «La politica però è ormai entrata in ogni cosa, vengono scelte persone senza alcuna competenza specifica e sa per quale motivo? Perché dicano sempre e solo “si” a colui che li ha estratti dal mazzo, e a cui saranno riconoscenti per tutta la vita!» si lamenta Mario, pensionato e contradaiolo di lungo corso.
Il denominatore comune di tutte le testimonianze raccolte nei dintorni di Piazza del Campo è uno solo: la mancanza di sorpresa per l’accaduto, il disincanto e l’aspettativa diffusa a tutti i livelli che qualcosa stesse per succedere. E anche se non riusciamo a parlare direttamente con nessun banchiere, almeno otteniamo un’intervista da chi i bancari li rappresenta.
«L’intervento delle fiamme gialle non è stato una sorpresa» esordisce al telefono Bruno Fonghini, rappresentante sindacale Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), sigla che riunisce sotto il suo logo un terzo dei bancari italiani iscritti ad un sindacato. «Che il sistema-Siena abbia creato benessere è fuor di dubbio, ma ha fatto sì anche che i senesi vivessero al di sopra delle loro possibilità, permettendosi ad esempio un costosissimo Palio due volte l’anno ed una costosa quanto inutile squadra di calcio che, insieme ai cestisti, si mangia milioni».
Il giudizio del sindacalista è netto anche sul rapporto tra politica ed economia, e allo stesso tempo ricalca uno dei ragionamenti ascoltati in precedenza: «Ovviamente non è giusto che la politica entri nella gestione delle banche, però le responsabilità nella gestione di Mps non sono solo dei suoi vertici, ma anche della cittadinanza senese, che negli anni ha continuato a dare il voto di preferenza a maggioranze politiche tutte della stessa estrazione». Come noto infatti, gli enti locali partecipano fortemente alle nomine della Fondazione Mps. Ben 13 dei 16 membri della Deputazione della Fondazione Mps sono nominati dal Comune di Siena (8) e dalla Provincia (5), come indicato dallo Statuto. Sulla scorta delle polemiche successive al blitz della Finanza, il sindaco Franco Ceccuzzi e il Presidente della Provincia Simone Bezzini hanno aperto «a una discussione su uno statuto che ormai ha 17 anni».
Una revisione dello Statuto è proprio ciò che auspica di riflesso anche Raffaele Ascheri, autore di Mussari Giuseppe: una biografia (non autorizzata): «Per principio, meglio che la politica stia fuori dalla Banca – dice a Linkiesta lo scrittore senese – ma potrei anche accettare l’intromissione della politica nella gestione di una banca, a patto che questa sia sinonimo di intelligenza, oculatezza e meritocrazia».
«Le responsabilità dei vertici, a mio parere, stanno tutte in quella cifra spesa per Antonveneta, così alta rispetto a quella sborsata solo qualche mese prima dal Banco Santander. Purtroppo con il Monte indebitato, la situazione non potrà che peggiorare anche per i cittadini, poiché sarà più difficile che ci siano erogazioni della Fondazione», continua Ascheri che poi si lancia in un esempio concreto: «Quest’anno i campi-scuola estivi non verranno sovvenzionati dal Comune, e anche le famiglie meno abbienti dovranno pagarli di tasca loro». In sintesi, il benessere di Fondazione e Banca Mps ha sempre significato anche il benessere di Siena.
«Rispetto alle potenzialità che c’erano grazie alla Fondazione, Siena avrebbe dovuto avere le strade lastricate d’oro, ma non mi pare che ciò sia successo. Croce diceva che ci vogliono 50 anni per giudicare la storia che viviamo adesso Sine ira et studio (senza prendere parte, ndr) come scriveva Tacito, e penso che la storia giudicherà anche il sistema-Siena», conclude l’autore della biografia su Mussari. Difficile dargli torto, presto o tardi anche la città delle contrade, del Palio e del Monte passerà al vaglio della storia, dopo essere stata al centro delle cronache giudiziarie dei nostri giorni.