“Alla Fornero piaccono i licenziamenti, è insensibile alle sofferenze”. Una Susanna Camusso al limite dell’attacco personale, forse oltre il limite del buon gusto, spara a zero oggi sulla ministra del welfare Fornero. La stessa Fornero che, ormai da settimane, viene attaccato dal ministro Patroni Griffi perchè pone – razionalmente – il punto dell’assurda diseguaglianza di trattamento tra lavoratori pubblici e privati rispetto alle norme sul licenziamento.
Due indizi non fanno una prova, ma se fossi un “sincero liberale” dotato di molti soldi, di capacità di influenza, e di pasisone civile non avrei dubbi: per rifare un centrodestra appena decente, in questo paese sprovvisto dell’abc dell’alternanza, punterei tutto su di lei. Inutile perdere tempo coi cocci di un pdl che elegge Schifani ad autorità morale. Inutile aspettare che un nuovo centrodestra nasca dall’espansione improbabile di Casini e del suo faticoso 8 per cento. Inutile attendere uomini nuovi che non erano nuovi neanche vent’anni fa.
Elsa Fornero ha fatto l’unica cosa che davvero resterà di questo governo, cioè la riforma delle pensioni. Ha mostrato carisma politico e la giusta capacità di dividere: vedi Cgil e Patroni Griffi. Sa parlare con tutti, compresi gli operai della Fiom (che si mostrano comunque più capaci di dialogo della Camusso) e i ragazzini saccenti che non si alzano dalla sedia per salutare un ministro della Repubblica. È una donna, una donna normale che si è fatta strada con il cervello e un sistema di relazioni rispettabile, dopo un parlamento popolato di amazzoni e veline.
Insomma, cosa aspettano i liberali italiani, i montezemoli sempre “sul punto di”, quel che resta dei brandelli del progetto liberale di massa di Berlusconi, gli Antonio Martino, i Beppe Pisanu? Una leader se vogliono ce l’hanno. Si chiama Elsa Fornero. E a giudicare dalla caciara lanciata da Susanna Camusso, qualcuno – dall’altra parte della barricata – lo ha anche capito.